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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Ambrogio Cilibrizzi

Andati per suonare, finirono suonati (proverbio drammatico)

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Nel paesino di Bolènzo nel Barbaràzzo (Repubblica del Nord, 1726 abitanti, industrie orafe. Chiesa del XV sec. con le famose due Pale di San Dane' del Piave, opere del Maestro delle Due Pale) si consumò un delitto orribile. Il giovane Dro uccise, dopo averlo sodomizzato, il bimbo Vho. Arrestato dai carabinieri della locale stazione, Dro si trovava in cella quando, verso le otto di quella sera estivale, gli abitanti del paesino si riunirono dinanzi al presidio, animosi manifestando la decisa intenzione di linciare il ragazzo imprigionato. Li guidava Fré, madre dell'ucciso - che, sostenuta dalla folla, minacciò i due carabinieri della stazione, e il loro comandante, maresciallo Sbò, di ucciderli se non avessero consegnato alla folla l'assassino. Gravi grida di assenso si levarono dalla calca: nessuno di loro avrebbe accettato che un giudice forestiero, magari nato in una qualche parte del paese ove la giustizia non era ugualmente sentita come in quei pressi, si fosse impicciato di un caso così grave, e così per natura connaturato alle decise disposizioni dell'umano sentire - difatti, chiunque sentiva il Vho ucciso come proprio figlio, ed era pronto, nel nome degli affetti più cari e veraci, a farsi giustizia da sé.

Già i due carabinieri eran risoluti a vender cara la pelle alla folla rumorante e inferocita - i più vicini rinforzi avrebbero impiegato almeno ventiquattr'ore per giungere, dato che la carrozzabile per il paese era interdetta al traffico per un ingorgo di sedici chilometri sull'autostrada dei Celti. Ma il loro capo non mostrava particolare inquietudine. Chiese solo ai militi di sistemare un banco scolastico - surrogato d'una scrivania da tempo richiesta per l'ufficio - presso l'entrata, e di piazzarvi sopra una penna e un gran registro visite, che avrebbe dovuto servire per immortalare i visitatori illustri della stazione, e che non era mai stato usato. Oltre a quel materiale, il maresciallo chiese ed ottenne in prestito dalla locale sezione del partito oppositivo (segretario: suo cugino Bhé) un potente megafono. Pronto che fu con tutti questi accorgimenti, si rivolse alla folla inferocita: "Cari concittadini!", disse: "Capisco la vostra legittima rabbia, e il vostro giusto risentimento. E ho deciso perciò di accontentarvi. Solo che disposizioni superiori m'impongono di trascrivere i vostri nomi su questo registro, prima di concedervi il comprensibile sfogo. Così vuole la legge, purtroppo. Ma sono certo che nessuno di voi, per questo piccolo accidente burocratico, si sottrarrà al suo dovere morale. Prego!".

E andò a sedersi. Com'è naturale, la folla non smobilitò, anzi, in essa vi furono ondate di teste che assentivano, risacche di voci convinte, esortazioni a muoversi compatti. L'esempio lo diede, dopo qualche minuto di proteste verso le quali Sbò si mostrò irremovibile, la Fré - che, firmato il registro per la prima, il maresciallo accompagnò di persona alla cella del mostruoso Dro. Davanti al blindosbarra, serramento della galera dell'orco, il sottufficiale ne consegnò le chiavi alla donna fremente di lecito desiderio di vendetta. Ella, vedendo il graduato allontanarsi dopo averle ceduto le chiavi, tuttavia lo interpellò: "La mi scusi, il maresciallo! Ma ella non mi resta qui, ad osservare almeno?"

"E che bisogno ne ha, signora?", replicò quello: "Adesso man mano le faccio passare tutti i nostri buoni concittadini. Giusto il tempo di iscriverli al registro, pigliando i numeri delle loro carte d'identità, e verrano a darle manforte! Una pura formalità!". E aggiunse: "Ma lei ha le chiavi, no? Può ben cominciare, nel frattempo, a trarre vendetta su chi così vilmente le uccise il figliolo!"

"E certo!", asserì lei, intanto che il maresciallo tornava all'aperto. Dove l'aspettava una gran sorpresa: la piazzetta, prima gremita, era ora deserta. Rimase di princisbecco, il buon sottufficiale. Ma per regolarità, al sottoposto chiese: "Quante firme vi sono sul registro?"

"Nessuna, maresciallo!", scattò a dire l'appuntato, mostrando la candida pagina del volumone - rotta solo dalla firma della donna.

In quella, madre Fré - colpita dal sùbito silenzio esterno - uscì dalla stazione. Diede un'occhiata allo slargo vuoto, e, senza una parola, a capo chino, strascinando la pesante mazza che aveva con sé, fece per tornarsene a casa. Il carabiniere più giovane, viste in terra le chiavi della cella da lei gettate con stizza, si precipitò, zelante, a raccoglierlo.





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