INTERVISTE
Carlo Toffalori
Nella quarta di copertina del suo libro si legge un'affermazione di Borges: "Poe non voleva che il genere poliziesco fosse un genere realistico: voleva che fosse un genere intellettuale, fantastico se volete, ma un genere fantastico dell'intelligenza e non soltanto dell'immaginazione." Insomma gli scrittori della 'golden age' del giallo erano della serie: oh madonna quanto siamo intelligenti , ma quanto siamo alieni dalle tragedie del mondo?
In un qualche senso sì, l'indagine del giallo della golden age è spesso vista come una specie di gioco intellettuale, lontano dalla realtà della vita di tutti i giorni. Del resto, fu questa la critica maggiore che Raymond Chandler rivolse al genere del poliziesco classico.
Riporta, a pag. 51 del libro, una citazione di Archie Goodwin, l'aitante-aiutante di Nero Wolfe: "Esistono due tipi di statistiche: quelle che si consultano e quelle che si fabbricano per nostro uso e consumo". A me ricorda molto qualcosa, a lei no?
Immagino di capire a chi si riferisce. Temo però che la pratica di interpretare le statistiche a proprio uso e consumo, o addirittura di fabbricarle col medesimo criterio sia ormai largamente diffusa. Forse oggi mancano ideali veri, e ci si affida ai numeri per sorreggere gli ideali fittizi che si fabbricano al loro posto.
Lo dice anche nel libro, con altre parole: che il noir, al contrario del giallo, scherza poco con la matematica perché in fondo, la morale degli scrittori noir è che, in una società come questa, c'è poco da scherzare. Lei nutre per il genere la stessa passione che ha per il poliziesco classico?
Ci sono autori noir che leggo volentieri: Malet, ad esempio, o Patricia Highsmith, o ancora Cornell Woolrich. Non sono però un esperto del genere. Ho l'idea che talora anche il noir fuoriesca dalla realtà e produca qualche forzatura, proprio come fa in altri modi il giallo classico. Comunque credo che la matematica possa aver diritto di cittadinanza nel noir. In fin dei conti, la matematica stessa è per certi versi un noir.
Parlando di Ellery Queen (ci pare d'aver colto che non è certo tra i suoi autori preferiti) ha affermato che le opere migliori sono quelle meno legate al "matematicismo" vero o presunto delle trame. Ma la differenza tra matematica e matematicismo è la stessa tra laicità e laicismo, di cui tanto si discute e pure a sproposito?
Quel che ho chiamato "matematicismo" a proposito di Ellery Queen consiste in questo: in teoria, Ellery Queen è dichiaratamente il prototipo dell'investigatore matematico, di colui che tratta i misteri criminali come se fossero puri enigmi logici e mentali, e gli esseri umani che vi sono coinvolti come simboli; nella pratica, però, la matematica che compare nelle indagini di Ellery Queen è misera e deludente. Non so se il laicismo sta alla laicità allo stesso modo, forse la situazione è un po' diversa.
A proposito di Chesterton e del discorso legato al rapporto tra religione e scienza dice: "sceglie dunque frequentemente come bersaglio la presunzione di chi si appoggia con troppa fiducia a preconcette «verità» umane; si diverte a ribaltare e sconvolgere queste pretese sicurezze". Professore lo confessi: ma Chesterton era bacchettone come Galli Della Loggia che in un recente convegno ha dichiarato che la tecnologia realmente mette in mano ad una scienza senza morale ogni possibilità di manipolazione delle leggi naturali?
Chesterton era spirito paradossale, e difficilmente chi ama i paradossi riesce ad essere "bacchettone".
Ma Holmes, secondo lei, era misogino o omosessuale?
Arthur Conan Doyle non spiega mai esplicitamente i motivi della "misoginia" di Holmes, ne accenna soltanto senza mai chiarirla. Lasciamo all'ambiguità del mistero il suo fascino, perché tentare di svelarla con interpretazioni comunque forzate?
A Watson che confessava che Holmes ignorava la teoria di Copernico nonché la struttura del sistema solare, il più celebre investigatore del mondo rispondeva: "Lei dice che noi giriamo intorno al Sole. Se girassimo intorno alla luna non cambierebbe nulla per me e per il mio lavoro".
Dato per valido questo assunto, consiglierebbe il suo libro a persone, e mi ci metto in mezzo pure io, che ignorano il teorema di Fermat, l'ipotesi di Goldbach e a mala pena sanno chi è Gödel?
Tutti noi siamo portati a pensarla come Holmes almeno in certi momenti della nostra vita. Ma la curiosità per ciò che ci circonda, per la "virtute e canoscenza" dell'Ulisse di Dante, è pur sempre una delle prerogative positive del nostro essere umano. La si può applicare all'astronomia così come alla matematica, le grandi conquiste della mente umana non possono –o non dovrebbero- rimanerci estranee. Per passare agli esempi specifici che lei cita, forse si può ignorare il teorema di Fermat o l'ipotesi di Goldbach (anche illustri matematici come Gauss ritenevano il mistero di Fermat una questione minore, non degna di troppo interesse); ma forse i teoremi di Gödel meritano maggiore attenzione.
Lei, a quanto so, è uno sherlockiano. Ma com'è questa storia di Arthur Conan Doyle che, imitando la sua creatura letteraria, indagò sul caso di Gorge Edalji accusato di aver fatto strage di animali nelle campagne di una piccola cittadina?
Non credo di essere uno "sherlockiano". Certamente amo le storie e il fascino di Holmes, ma preferisco altri autori di polizieschi. Che uno scrittore di gialli di fantasia si eserciti poi a risolvere storie "criminali" della vita reale non è poi sorprendente. Anche Poe ci si provò prima di Conan Doyle, e senza grandissimi successi, a quel che mi sembra di capire.
Mi permetta una domanda sopra le righe. Hans Magnus Enzensberger ha recentemente affermato: "Incontrare matematici famosi? Mi sentirei come una groupie che sbava dietro ai cantanti". Dal momento che matematico lei lo è, e famoso lo diventerà, che fa? Rischia di essere circondato da un'orda assatanata di "sesso e sangue"?
Non credo di correre questi rischi. Mi è capitato in queste settimane di scrivere alcune dediche, e l'ho sempre fatto con piacere, ma solo per amicizia e cortesia. Non tengo particolarmente a diventare famoso, meno che mai nei termini che mi descrive. Le cose a cui tengo sono altre.
In un qualche senso sì, l'indagine del giallo della golden age è spesso vista come una specie di gioco intellettuale, lontano dalla realtà della vita di tutti i giorni. Del resto, fu questa la critica maggiore che Raymond Chandler rivolse al genere del poliziesco classico.
Riporta, a pag. 51 del libro, una citazione di Archie Goodwin, l'aitante-aiutante di Nero Wolfe: "Esistono due tipi di statistiche: quelle che si consultano e quelle che si fabbricano per nostro uso e consumo". A me ricorda molto qualcosa, a lei no?
Immagino di capire a chi si riferisce. Temo però che la pratica di interpretare le statistiche a proprio uso e consumo, o addirittura di fabbricarle col medesimo criterio sia ormai largamente diffusa. Forse oggi mancano ideali veri, e ci si affida ai numeri per sorreggere gli ideali fittizi che si fabbricano al loro posto.
Lo dice anche nel libro, con altre parole: che il noir, al contrario del giallo, scherza poco con la matematica perché in fondo, la morale degli scrittori noir è che, in una società come questa, c'è poco da scherzare. Lei nutre per il genere la stessa passione che ha per il poliziesco classico?
Ci sono autori noir che leggo volentieri: Malet, ad esempio, o Patricia Highsmith, o ancora Cornell Woolrich. Non sono però un esperto del genere. Ho l'idea che talora anche il noir fuoriesca dalla realtà e produca qualche forzatura, proprio come fa in altri modi il giallo classico. Comunque credo che la matematica possa aver diritto di cittadinanza nel noir. In fin dei conti, la matematica stessa è per certi versi un noir.
Parlando di Ellery Queen (ci pare d'aver colto che non è certo tra i suoi autori preferiti) ha affermato che le opere migliori sono quelle meno legate al "matematicismo" vero o presunto delle trame. Ma la differenza tra matematica e matematicismo è la stessa tra laicità e laicismo, di cui tanto si discute e pure a sproposito?
Quel che ho chiamato "matematicismo" a proposito di Ellery Queen consiste in questo: in teoria, Ellery Queen è dichiaratamente il prototipo dell'investigatore matematico, di colui che tratta i misteri criminali come se fossero puri enigmi logici e mentali, e gli esseri umani che vi sono coinvolti come simboli; nella pratica, però, la matematica che compare nelle indagini di Ellery Queen è misera e deludente. Non so se il laicismo sta alla laicità allo stesso modo, forse la situazione è un po' diversa.
A proposito di Chesterton e del discorso legato al rapporto tra religione e scienza dice: "sceglie dunque frequentemente come bersaglio la presunzione di chi si appoggia con troppa fiducia a preconcette «verità» umane; si diverte a ribaltare e sconvolgere queste pretese sicurezze". Professore lo confessi: ma Chesterton era bacchettone come Galli Della Loggia che in un recente convegno ha dichiarato che la tecnologia realmente mette in mano ad una scienza senza morale ogni possibilità di manipolazione delle leggi naturali?
Chesterton era spirito paradossale, e difficilmente chi ama i paradossi riesce ad essere "bacchettone".
Ma Holmes, secondo lei, era misogino o omosessuale?
Arthur Conan Doyle non spiega mai esplicitamente i motivi della "misoginia" di Holmes, ne accenna soltanto senza mai chiarirla. Lasciamo all'ambiguità del mistero il suo fascino, perché tentare di svelarla con interpretazioni comunque forzate?
A Watson che confessava che Holmes ignorava la teoria di Copernico nonché la struttura del sistema solare, il più celebre investigatore del mondo rispondeva: "Lei dice che noi giriamo intorno al Sole. Se girassimo intorno alla luna non cambierebbe nulla per me e per il mio lavoro".
Dato per valido questo assunto, consiglierebbe il suo libro a persone, e mi ci metto in mezzo pure io, che ignorano il teorema di Fermat, l'ipotesi di Goldbach e a mala pena sanno chi è Gödel?
Tutti noi siamo portati a pensarla come Holmes almeno in certi momenti della nostra vita. Ma la curiosità per ciò che ci circonda, per la "virtute e canoscenza" dell'Ulisse di Dante, è pur sempre una delle prerogative positive del nostro essere umano. La si può applicare all'astronomia così come alla matematica, le grandi conquiste della mente umana non possono –o non dovrebbero- rimanerci estranee. Per passare agli esempi specifici che lei cita, forse si può ignorare il teorema di Fermat o l'ipotesi di Goldbach (anche illustri matematici come Gauss ritenevano il mistero di Fermat una questione minore, non degna di troppo interesse); ma forse i teoremi di Gödel meritano maggiore attenzione.
Lei, a quanto so, è uno sherlockiano. Ma com'è questa storia di Arthur Conan Doyle che, imitando la sua creatura letteraria, indagò sul caso di Gorge Edalji accusato di aver fatto strage di animali nelle campagne di una piccola cittadina?
Non credo di essere uno "sherlockiano". Certamente amo le storie e il fascino di Holmes, ma preferisco altri autori di polizieschi. Che uno scrittore di gialli di fantasia si eserciti poi a risolvere storie "criminali" della vita reale non è poi sorprendente. Anche Poe ci si provò prima di Conan Doyle, e senza grandissimi successi, a quel che mi sembra di capire.
Mi permetta una domanda sopra le righe. Hans Magnus Enzensberger ha recentemente affermato: "Incontrare matematici famosi? Mi sentirei come una groupie che sbava dietro ai cantanti". Dal momento che matematico lei lo è, e famoso lo diventerà, che fa? Rischia di essere circondato da un'orda assatanata di "sesso e sangue"?
Non credo di correre questi rischi. Mi è capitato in queste settimane di scrivere alcune dediche, e l'ho sempre fatto con piacere, ma solo per amicizia e cortesia. Non tengo particolarmente a diventare famoso, meno che mai nei termini che mi descrive. Le cose a cui tengo sono altre.
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