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Il Paradiso degli Orchi
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Dunklenact

Chemin de fer

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Dalla finestra semiaperta entrava la primavera di Argenteuil. Era una primavera di baci, di papaveri allegri, prati fioriti e margherite delicate, che esalavano tutt'intorno il profumo dell'estasi e della felicità.

Non ricordo bene il nome di quel luogo, benché il borgo che ho citato sembrasse presente nella brezza mattutina.

Oltre le tende vermiglie, nella stanza adorna di quadri variopinti, c'era il letto a baldacchino, nel quale dormiva una bella demoiselle dalle trecce lunghe, castane, dal volto sublime, quantunque velato da lentiggini, dalle labbra semiaperte, come per sognare.

All'improvviso, il fischio di un treno la riscosse. La locomotiva a vapore e la sua corte passavano oltre i pioppi grandi, che già da tempo avevano le foglie. Alcuni passeri si levarono in volo, spaventati o sorpresi da quel gigante di metallo nero.

- Svegliati, Lillette - disse una voce melata, di giovane donna.

Quelle parole si sparsero nella stanza come un profumo di Parigi, un valzer leggero e languido, suonato da una piccola orchestra di violini e fisarmoniche.

Era Marion, la compagna di letto dell'addormentata, già vestita e con l'ombrellino da passeggio sottobraccio.

- È una bella giornata di sole, la passeggiata e i papaveri ci aspettano - mormorò la ragazza.

Poi, s'appressò al letto di Lillette, che già aveva alzato le sue palpebre e s'era messa a sedere sui cuscini. Le due si baciarono ardentemente sulla bocca e sulle guance, perché erano amanti.

Erano ricche e vivevano di rendita in quella piccola casa di campagna, vicino alla ferrovia, le chemin de fer. Avevano ereditato il loro patrimonio da una nonna e l'una s'era innamorata dell'altra, benché dicessero di essere soltanto amiche.

Dormivano nello stesso letto e le loro notti erano piene di sonno, di sogni, nonché di amore saffico, fatto del corpo nudo dell'una che stava su quello dell'altra, di gambe che vellicavano la femminilità, di capezzoli stuzzicati con la lingua, di lamenti soffocati e profumati di donna.

I treni a vapore passavano quasi a tutte le ore ed oramai vi avevano fatto l'abitudine.

La casa vicino alla ferrovia aveva il tetto rosso, i muri grigi, apriva due finestre per ogni piano verso l'Ovest, nonché in direzione degli altri punti cardinali, ma non ne aveva a Settentrione. Allora, era circondata da campi di grano, da prati ingombri di papaveri e margherite e da boschetti. Qua e là, in lontananza, si discerneva qualche mulino, qualche casa diroccata e fatiscente, nonché la ferrovia ed il villaggio. Il paesaggio era per lo più collinare.

Sui colli dipingevano i pittori. Arrivavano sovente alla fine del mattino o sul mezzogiorno, con i loro cavalletti sottobraccio, le tele ed i pennelli, nonché quant'altro occorreva per dipingere. Dipingevano le impressioni, i sogni e le vaghezze della campagna, che si potevano cogliere soltanto all'aria aperta.

Di tanto in tanto, lungo la strada di sassi che conduceva alla masseria, passava un carro, tirato da asini o da un solo cavallo. A cassetta c'era un vecchio, che dicevano fosse nato nel Settecento. Qualcuno dei pittori aveva ritratto tutto questo.

Lillette e Marion davano ospitalità agli artisti più giovani e cortesi. Li facevano accomodare in casa, offrivano loro le stesse prelibatezze che si potevano trovare nei caffè di Parigi, dove si recavano talvolta, durante i loro viaggi estivi. A volte, tra le chiacchiere, nasceva qualche amore, destinato ad essere consumato tra le mura di quella dimora sperduta, vicino alla ferrovia, dove passavano i treni.

Marion era venusta, amava spogliarsi davanti alla compagna, nonché sotto gli sguardi innamorati di qualche pittore di passaggio. Ella stringeva al suo petto senza veli la testa del suo uomo, prima di concedergli il resto del suo corpo e di farsi possedere nella camera che condivideva con la sua cara amica del cuore.

Le piaceva stare sopra, farsi mordicchiare e tormentare, voleva che i suoi rapporti durassero assai a lungo e fossero pieni di profumo e d'illusioni, come se mille farfalle variopinte volassero intorno a quegli amplessi fatti di seni turgidi che danzavano ed organi sessuali infuocati.

- Su, Lillette, vieni, corriamo! - diceva Marion alla sua amata, in mezzo ai prati, aprendo l'ombrellino per ripararsi dal sole della primavera.

E correvano, così, follemente, l'una appresso all'altra, nei campi inondati di luci, di colori e di olezzi che incantavano i sensi.

Gli artisti delle colline le immortalavano sulle loro tele, mentre le rondini volavano sull'erba e in lontananza si discernevano i castelli dalle torri e dai tetti celesti. Ma erano troppo lontani e vaghi perché gli sguardi divertiti delle due giovani potessero coglierli.

Vicino scorreva la Loira e, in estate, Lillette e Marion vi facevano delle gite in barca. C'era un barcaiolo loro amico, che le salutava sempre, vedendole passare.

- Hai mai amoreggiato nei campi? - chiese una volta la più grande delle due alla compagna. - Fa sognare.

Allora, entrambe vollero provare a farlo, sotto le carezze del vento di primavera e lontano dagli sguardi curiosi dei contadini di campagna.

Lo fecero dapprima da sole, poi, tra le braccia di due giovani pittori, venuti per studiare all'Accademia di ***. Si spogliarono nude fra i papaveri, per poi adagiarsi su una panchina di legno, schiena contro schiena, onde ricevere la virilità profumata degli artisti.







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