CLASSICI
Alfredo Ronci
Un eroe dei nostri tempi: “Storia della mia morte” di Lauro De Bosis.
Nato nel 1901, figlio del celebre Adolfo fondatore della rivista Il Convito, Lauro De Bosis apparteneva a quella gioventù moderata che dapprincipio aveva mostrato una certa simpatia per il movimento fascista, sentito come una sorta di prolungamento del Risorgimento, e come scrive Gaetano Salvemini, “un risveglio del sentimento nazionale offeso”. Ma l’illusione durò poco, e in breve Lauro ne divenne un fiero avversario.
Il libro in questione, che comprende le ultime, conclusive, dichiarazioni di De Bosis, è reso ancor più pregnante ed incisivo dal ricordo di uno degli uomini che più di altri gli rimase vicino e in qualche modo lo portò a quello che fu un vero e proprio suicidio politico: Gaetano Salvemini appunto. In più ci sono le accorate dichiarazione di Sibilla Aleramo (quella che all’inizio della sua testimonianza dichiara: Chi dei tre morì prima? Quello che aveva il sorriso più infantile, e un biondo capo ricciuto, Piero Gobetti, ed era il più ribelle, il più combattivo, ed ebbe in sorte d’esser il più perseguitato. Poi Lauro, Lauro De Bosis, poi Leo Ferrero).
Verso le otto di sera del 3 ottobre 1931, un piccolo aeroplano sorvolò il cielo di Roma lasciando cadere centinaia di migliaia di manifesti che invitavano gli italiani, e in particolare il Re, Vittorio Emanuele, a ribellarsi contro la dittatura fascista. De Bosis, che era alla guida di quel piccolo aereo, ma non era un provetto pilota, anzi, prima di effettuare questa pericolosa sortita nei cieli della capitale, scrisse poche cartelle, appunto Storia della mia morte, quasi a suggellare un tentativo proibito, ma anche a testimoniare un preciso legame ai principi della libertà.
Diceva De Bosis: La mia morte (benché seccante per me, che ho tante cose da portare a termine) non potrà che giovare al successo del volo. Siccome i pericoli son tutti nel ritorno, essa non potrà sopraggiungere prima che io abbia recapitato le mie quattrocentomila lettere: queste non ne saranno che meglio raccomandate.
De Bosis aveva visto purtroppo bene: il suo aereo, dopo il lancio dei manifesti, non fu più ritrovato, così come il corpo di Lauro.
Intendiamoci, quelle poche cartelle che lo scrittore lasciò (lo definisco così, in realtà era un tuttofare e soprattutto, col senno del poi, un antifascista più che convinto) non erano soltanto una traccia su quello che sarebbe potuto succedere in caso di morte, ma soprattutto un atto di accusa nei confronti del fascismo e soprattutto nei confronti di Mussolini.
Parla per esempio del delitto Matteotti: … Si è detto che l’assassinio di Matteotti fu un errore dal punto di vista del fascismo, quel delitto fu un colpo di genio. Si dice che il fascismo fa male a ricorrere alla tortura per estorcere confessioni ai suoi prigionieri: ma se il fascismo vuol vivere, non può fare altrimenti.
Tocca momenti di assoluta compassione quando ricorda suoi due amici, esattamente Mario Vinciguerra e Renzo Rendi, che nel periodo in cui lui era all’estero per intraprendere un’azione intellettuale contro il fascismo, avevano spedito centinaia di migliaia di lettere che inneggiavano alla libertà contro le dittature, e che furono, dopo un’azione pressoché militare della polizia di regime, arrestati e in carcere anche torturati. Dice in proposito: Uno dei due, Mario Vinciguerra, scrittore fra i migliori che abbia l’Italia, critico d’arte e di letteratura, sebbene di salute malferma, fu lasciato un’intera notte (una notte di dicembre) completamente nudo sulla terrazza della Questura centrale di Roma. Dopodiché fu malmenato e buttato a tal segno da rimanere sordo da un orecchio.
Redige persino un decalogo di cose che il semplice cittadino avrebbe dovuto fare per non alimentare l’isterismo a favore del fascismo. Tra le quali… Non assistere a nessuna cerimonia fascista…Boicotta o intralcia con l’ostruzionismo tutte le iniziative fasciste… persino un categorico… Non fumare. Il fumo rende al fascismo oltre 3 miliardi l’anno, tanto di che pagare tutti i suoi sbirri… e per finire… Diffondi ogni notizia vera che puoi ghermire. La verità è sempre antifascista.
In una lettera alla madre, con cui aveva sempre mantenuto forti rapporti, scrive: Meglio cadere tentando il volo su Roma che seguitare a vivere altri trent’anni da bravo borghese, pacifico e utilitarista.
Lo abbiamo detto, l’aereo di Lauro De Bosis non fu mai ritrovato, probabilmente, per mancanza di benzina, precipitò in mare. Resta un gesto enorme, fatto da un personaggio che aveva creduto alle istanze innovatrici di Mussolini, ma che, come scrisse Salvemini nella prefazione a questo libro… prese posizione contro il fascismo solo nel 1925, dopo che Mussolini era andato troppo avanti, demolendo ogni reliquia delle libertà costituzionali italiane.
L’edizione da noi considerata è:
Lauro De Bosis
Storia della mia morte
Passigli editore
Il libro in questione, che comprende le ultime, conclusive, dichiarazioni di De Bosis, è reso ancor più pregnante ed incisivo dal ricordo di uno degli uomini che più di altri gli rimase vicino e in qualche modo lo portò a quello che fu un vero e proprio suicidio politico: Gaetano Salvemini appunto. In più ci sono le accorate dichiarazione di Sibilla Aleramo (quella che all’inizio della sua testimonianza dichiara: Chi dei tre morì prima? Quello che aveva il sorriso più infantile, e un biondo capo ricciuto, Piero Gobetti, ed era il più ribelle, il più combattivo, ed ebbe in sorte d’esser il più perseguitato. Poi Lauro, Lauro De Bosis, poi Leo Ferrero).
Verso le otto di sera del 3 ottobre 1931, un piccolo aeroplano sorvolò il cielo di Roma lasciando cadere centinaia di migliaia di manifesti che invitavano gli italiani, e in particolare il Re, Vittorio Emanuele, a ribellarsi contro la dittatura fascista. De Bosis, che era alla guida di quel piccolo aereo, ma non era un provetto pilota, anzi, prima di effettuare questa pericolosa sortita nei cieli della capitale, scrisse poche cartelle, appunto Storia della mia morte, quasi a suggellare un tentativo proibito, ma anche a testimoniare un preciso legame ai principi della libertà.
Diceva De Bosis: La mia morte (benché seccante per me, che ho tante cose da portare a termine) non potrà che giovare al successo del volo. Siccome i pericoli son tutti nel ritorno, essa non potrà sopraggiungere prima che io abbia recapitato le mie quattrocentomila lettere: queste non ne saranno che meglio raccomandate.
De Bosis aveva visto purtroppo bene: il suo aereo, dopo il lancio dei manifesti, non fu più ritrovato, così come il corpo di Lauro.
Intendiamoci, quelle poche cartelle che lo scrittore lasciò (lo definisco così, in realtà era un tuttofare e soprattutto, col senno del poi, un antifascista più che convinto) non erano soltanto una traccia su quello che sarebbe potuto succedere in caso di morte, ma soprattutto un atto di accusa nei confronti del fascismo e soprattutto nei confronti di Mussolini.
Parla per esempio del delitto Matteotti: … Si è detto che l’assassinio di Matteotti fu un errore dal punto di vista del fascismo, quel delitto fu un colpo di genio. Si dice che il fascismo fa male a ricorrere alla tortura per estorcere confessioni ai suoi prigionieri: ma se il fascismo vuol vivere, non può fare altrimenti.
Tocca momenti di assoluta compassione quando ricorda suoi due amici, esattamente Mario Vinciguerra e Renzo Rendi, che nel periodo in cui lui era all’estero per intraprendere un’azione intellettuale contro il fascismo, avevano spedito centinaia di migliaia di lettere che inneggiavano alla libertà contro le dittature, e che furono, dopo un’azione pressoché militare della polizia di regime, arrestati e in carcere anche torturati. Dice in proposito: Uno dei due, Mario Vinciguerra, scrittore fra i migliori che abbia l’Italia, critico d’arte e di letteratura, sebbene di salute malferma, fu lasciato un’intera notte (una notte di dicembre) completamente nudo sulla terrazza della Questura centrale di Roma. Dopodiché fu malmenato e buttato a tal segno da rimanere sordo da un orecchio.
Redige persino un decalogo di cose che il semplice cittadino avrebbe dovuto fare per non alimentare l’isterismo a favore del fascismo. Tra le quali… Non assistere a nessuna cerimonia fascista…Boicotta o intralcia con l’ostruzionismo tutte le iniziative fasciste… persino un categorico… Non fumare. Il fumo rende al fascismo oltre 3 miliardi l’anno, tanto di che pagare tutti i suoi sbirri… e per finire… Diffondi ogni notizia vera che puoi ghermire. La verità è sempre antifascista.
In una lettera alla madre, con cui aveva sempre mantenuto forti rapporti, scrive: Meglio cadere tentando il volo su Roma che seguitare a vivere altri trent’anni da bravo borghese, pacifico e utilitarista.
Lo abbiamo detto, l’aereo di Lauro De Bosis non fu mai ritrovato, probabilmente, per mancanza di benzina, precipitò in mare. Resta un gesto enorme, fatto da un personaggio che aveva creduto alle istanze innovatrici di Mussolini, ma che, come scrisse Salvemini nella prefazione a questo libro… prese posizione contro il fascismo solo nel 1925, dopo che Mussolini era andato troppo avanti, demolendo ogni reliquia delle libertà costituzionali italiane.
L’edizione da noi considerata è:
Lauro De Bosis
Storia della mia morte
Passigli editore
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