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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Luigi Rocca

La morale dell'orco

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Caro signore, non deve credere a tutto quello che sente raccontare in giro. Lei è un uomo di legge e sa che la maggior parte delle volte non c'è niente di vero e quando vogliono proprio darci un po' di verità, ce la infiocchettano in un modo che quasi non riusciamo neanche più a riconoscerla. E non dico quel trucco da teatranti in cui il bistro si vede così tanto da rendersi ridicolo. No, sono più raffinati questi signori. Ha presente quando una sposa arriva all'altare? Lei ha un bel guardare sotto i veli per ritrovare i lineamenti della fanciulla che conosceva così bene: l'hanno truccata, pettinata e rivestita proprio perché per quel giorno lei non sembrasse lei. Tutta un'altra persona. Ecco come fanno. Mi creda: l'unica verità rimasta è che non bisogna più credere a quello che ci raccontano. Belle storie, certo; talvolta persino appassionanti. Ma di vero non c'è rimasto più nulla. Il mondo va avanti, dicono, e bisogna guardare al futuro. Ma quale futuro, dico io? Alla gente non manca certo la voglia di novità o di gettarsi a capofitto in nuove avventure: di tutto questo ne hanno fin toppo. Quello che manca è piuttosto il coraggio di fermarsi, di guardare indietro. Manca il coraggio del passato, ecco. Mancano quelle che un tempo erano le nostre buone abitudini: vogliono ridurci a grassi animali domestici che aspettano la cena davanti ad un camino. I nostri cani sono già stati privati della loro capacità di riproduzione, noi ci arriveremo fra poco. Ci hanno già tolto tutto, non ci rimane che perdere noi stessi. Quello che ci aspetta è un futuro senza futuro. I valori, lei dice? Ma quali valori. I valori erano quelli dei nostri padri, dei nostri nonni: il bosco, la casa di legno, i bambini... Sì, caro signore, i bambini. Il suo stupore mi offende. I bambini hanno sempre costituito un vero valore per me. Chieda a mia moglie, le chieda la tenerezza che ho sempre provato verso le mie figlie, tutte, una per una. Ed anche per i figli degli altri, sa? Vede che anche lei crede alle storie, a quello che la gente racconta, così, senza sapere. Ma ragioni, ragioni. La mia casa è stata sempre piena di bambini di tutte le età. E venivano da soli, non li andavo certo a cercare io. Mi ci vede andare a caccia di bambini? Ho ben altro da fare, io. Mia moglie li accoglieva, preparava la merenda per tutti. E loro erano felici, giocavano con le mie figlie e mi chiamavano zio. Zio, può chiederlo a tutti se vuole. Questo nessuno ha mai potuto nasconderlo. Ed io, se in tasca avevo dei dolci, glieli davo e poi me li prendevo sulle ginocchia, li facevo saltare. Mi piaceva vederli ridere. Si è più buoni quando si ride. Zio, zio, zio. Sembravano uccellini, mi creda, e la mia casa un nido dove si sono appena schiuse le uova. E' per questo che le dico che la verità, quando la raccontano, la raccontano sempre mascherata. Io li amavo tutti, quei bambini. Ma sono un uomo d'altri tempi, ho altri valori, io. E i valori, le ho già detto, sono quelli dei nostri padri, dei nostri nonni. Non sono ancora riusciti a ridurmi ad un grasso animale domestico. E' tutta qui la mia differenza. Forse mi invidiano, per questo, ed il loro odio nasce proprio da qui. Se lo avessi capito subito, forse avrei agito diversamente, non mi sarei lasciato travolgere da queste storie. Anche mia moglie, povera donna, che pure mi conosce bene e non si è mai mossa di casa, lei che in fondo ha la sola colpa di essermi stata vicino in questi anni, anche mia moglie è giunta a dubitare di me, a credere che io abbia sbagliato. Glielo hanno fatto credere. Non c'è da illudersi, caro signore: per quanto siano spiacevoli, bisogna imparare a guardare i fatti negli occhi, come se fossero persone. Nascondersi la poca verità che sappiamo non serve a niente e a nessuno. Mia moglie, dicevo. I bambini, ecco sì, i bambini. La polizia ha trovato quello che ha trovato, certo, e io non ho mai fatto niente per nasconderlo. Sono un uomo tutto d'un pezzo e di quello che ho fatto non me ne vergogno per niente. Sapevo quello che facevo. Consapevole, dice la sua legge. Certo. L'ho imparato da mio padre che a sua volta l'ha imparato dal suo e così via. Erano altri tempi, è vero, tempi difficili, con la fame che non sempre era la migliora consigliera, come negarlo. Bisognava pur nutrirsi per poter sopravvivere. Oggi invece tutto è cambiato, ma non sono cambiati i valori, dico io, l'istinto di non lasciarsi addomesticare del tutto. Per questo lo avrei insegnato a mio figlio, se ne avessi avuto uno, un maschio, intendo, non quelle povere fanciulle destinate alla sorte di tutte le donne. Un rito? Una necessità? Lei tace, caro signore, ma so che quando questa notte ripenserà alle mie parole non potrà che darmi ragione. Un rito e una necessità, comunque, entrambe le risposte sono valide. Un rito e una necessità. Qualcosa che si fa per tenere vivo un ricordo. Nessuno scopo personale: i bambini sono solo un pretesto, un'occasione. Questo è quello che vorrei farle capire, quello che vorrei che tutta la gente capisse per far smettere quelle dicerie che mi inseguono da tempo. Poi in fondo, che facciano pure, si scomodino ad inventare particolari stuzzicanti per rendere più appetitose le loro storie. Credono in questo modo di renderle più edificanti. Entrano in casa della gente e fanno la faccia schifata se trovano qualcosa di inaspettato. Ipocriti. Pare che basti un po' di sangue per farli inorridire. E sapesse i nomi che hanno voluto inventare, per non dire che si trattava semplicemente di ricordi, ricordi, come penso che ne possano avere tutti, anche lei, anche loro. E poi, se provassi a cercare io, nelle loro case, lei pensa proprio che non troverei niente di interessante? Ma cosa importa, tutto questo: la verità, caro signore, è che gettare fango addosso alle persone perbene è quello che sanno fare meglio, senza provare nemmeno a capire, senza sforzarsi. Ed io adesso sono il bersaglio ideale. Sono scomodo, io, perché non mi hanno ancora addomesticato e conservo ancora i miei valori, mentre loro... Ci pensi, caro signore, ci pensi bene e la prossima volta che mi onorerà di una sua visita vedrà che non potrà fare a meno di darmi ragione. Confido nella sua integrità. Se poi non sarà così e si ostinerà a dar retta alla ridda di voci che mi assediano, vorrà dire che sono riusciti ad addomesticare anche un uomo come lei, uno che dovrebbe essere della mia stessa pasta, a quanto vedo, e allora comincerò a pensare che non c'è proprio niente da fare per salvare questo povero mondo senza futuro.





Luigi Rocca



Scrittore non più tanto giovane (parole sue!) sinora ha avuto la possibilità di pubblicare soltanto un breve testo sulla rivista Il Racconto dell'editore Crocetti. E si intitolava Storia naturale.







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