RECENSIONI
Steve Mosby
50/50 killer
Superpocket, Pag. 383 Euro 5,90
Di questi tempi una formula del genere potrebbe andarci bene: considerato lo strapotere di Berlusconi in ogni settore del nostro vivere quotidiano, 'limitarlo' ad una percentuale del 50% sarebbe già un successone. Il problema è che se l'altro 50% è rappresentato da Veltroni qua le cose si mettono veramente male per questo straccio di paese.
Boutade iniziale tanto per prendere tempo, perché con la politica il qui presente poliziesco di Steve Mosby, scrittore inglese da poco tempo assurto ai fasti internazionali del noir, non c'entra un piffero.
La trama del romanzo è più complessa e per capirla ci facciamo guidare da una 'segnalazione' a pag. 324: Ecco la ragione della scelta. La tortura aveva lo scopo di obbligare uno dei due componenti della coppia ad abbandonare l'altro. Poi il partner rimasto veniva torturato psicologicamente e fisicamente, così da morire nella piena consapevolezza che era stato l'altro a condannarlo a subire quel tormento. Reardon isolava quello che avrebbe infine ucciso e strappava l'amore dalla sua coscienza. Distruggeva ogni illusione d'amore che quello pensava di possedere, quindi gliela strappava via.
Penso abbiate capito: la trama è di un serial killer che rapisce le coppie (pare solo etero, stavolta ai gay è andata alla grande! O forse l'assassino è come Alessandra Mussolini: non gli entra in testa che esistono pure loro!), ma dopo averle tenute prigioniere lascia che sia uno dei due a decidere a fuggire condannando automaticamente l'altro/a: come a dire che se uno se la da, non c'è amore. E' questa l'equazione del 'mostro'.
Curiosamente l'intreccio di 50/50 killer assomiglia ad un altro noir che abbiamo considerato tempo fa ed esattamente Per esclusione (Marsilio editore) della coppia nostrana Andrea Novelli e Giampaolo Zarini. In quel caso il seriale delinquente rapiva due fratellini e poi a seconda di come si muovevano i genitori ne uccideva uno e liberava l'altro (anche noi italiani, dobbiamo dire, in certe situazioni non ci facciamo mancare nulla. Oddio, in questi ultimi tempi ci manca un po' di democrazia, ma è solo un dettaglio e nulla più!).
Insomma, se è vero quello che diciamo da tempo che il leitmotiv del 'serial killer' mostra un po' l'affanno è pure vero che se l'autore è recidivo in qualche modo deve uscire dall'inguacchio e inventarsene di nuove. La riuscita qua è parziale: nel senso che la prima metà del libro non offre particolari scosse, e la vicenda procede chiotta e a volte stanca (e per un noir... ça va sans dire), poi si riscatta nel finale con una trovata, non me ne voglia Mosby, che sembra presa di punto in bianco da Il silenzio degli innocenti.
Quel che non convince, al di là della trama, è la costruzione psicologica dei personaggi e soprattutto del mostro: non nella sua precisa e chirurgica volontà di aderire ad un modello comportamentale, quanto capire cosa ci sia dietro. O forse siamo noi orchi che alla psicanalisi preferiamo la letteratura. Non sempre le due cose vanno a braccetto.
di Eleonora del Poggio
Boutade iniziale tanto per prendere tempo, perché con la politica il qui presente poliziesco di Steve Mosby, scrittore inglese da poco tempo assurto ai fasti internazionali del noir, non c'entra un piffero.
La trama del romanzo è più complessa e per capirla ci facciamo guidare da una 'segnalazione' a pag. 324: Ecco la ragione della scelta. La tortura aveva lo scopo di obbligare uno dei due componenti della coppia ad abbandonare l'altro. Poi il partner rimasto veniva torturato psicologicamente e fisicamente, così da morire nella piena consapevolezza che era stato l'altro a condannarlo a subire quel tormento. Reardon isolava quello che avrebbe infine ucciso e strappava l'amore dalla sua coscienza. Distruggeva ogni illusione d'amore che quello pensava di possedere, quindi gliela strappava via.
Penso abbiate capito: la trama è di un serial killer che rapisce le coppie (pare solo etero, stavolta ai gay è andata alla grande! O forse l'assassino è come Alessandra Mussolini: non gli entra in testa che esistono pure loro!), ma dopo averle tenute prigioniere lascia che sia uno dei due a decidere a fuggire condannando automaticamente l'altro/a: come a dire che se uno se la da, non c'è amore. E' questa l'equazione del 'mostro'.
Curiosamente l'intreccio di 50/50 killer assomiglia ad un altro noir che abbiamo considerato tempo fa ed esattamente Per esclusione (Marsilio editore) della coppia nostrana Andrea Novelli e Giampaolo Zarini. In quel caso il seriale delinquente rapiva due fratellini e poi a seconda di come si muovevano i genitori ne uccideva uno e liberava l'altro (anche noi italiani, dobbiamo dire, in certe situazioni non ci facciamo mancare nulla. Oddio, in questi ultimi tempi ci manca un po' di democrazia, ma è solo un dettaglio e nulla più!).
Insomma, se è vero quello che diciamo da tempo che il leitmotiv del 'serial killer' mostra un po' l'affanno è pure vero che se l'autore è recidivo in qualche modo deve uscire dall'inguacchio e inventarsene di nuove. La riuscita qua è parziale: nel senso che la prima metà del libro non offre particolari scosse, e la vicenda procede chiotta e a volte stanca (e per un noir... ça va sans dire), poi si riscatta nel finale con una trovata, non me ne voglia Mosby, che sembra presa di punto in bianco da Il silenzio degli innocenti.
Quel che non convince, al di là della trama, è la costruzione psicologica dei personaggi e soprattutto del mostro: non nella sua precisa e chirurgica volontà di aderire ad un modello comportamentale, quanto capire cosa ci sia dietro. O forse siamo noi orchi che alla psicanalisi preferiamo la letteratura. Non sempre le due cose vanno a braccetto.
di Eleonora del Poggio
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