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Il Paradiso degli Orchi
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INTERVISTE

Adriano Prosperi

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Nel primo capitolo lei afferma che interpretare i segni è il compito che accomuna lo storico ai medici e che la natura del segno è di essere manifesto e quella del significato di essere occulto. E' per questo motivo che ha scelto di narrare una vicenda che palesa significati i più disparati e rilevanti: dalla condizione femminile, al problema dell'aborto, al rapporto con la religione?



Questo rapporto tra ricerca storica e ricerca medica è stato intuito fin dall'antichità e solo negli ultimi secoli ha preso il sopravvento l' idea ciceroniana della storia come opera di carattere retorico, affidata alla abilità di scrittore dello storico, anzi come opera d'arte secondo la definizione crociana. Mi sembra importante ricordare che lo storico ha a che fare con la ricostruzione di qualcosa di cui le fonti sono solo tracce indirette, così come il medico deve saper interpretare dei sintomi per arrivare a individuare qualcosa di nascosto nel corpo del paziente.



Il controllo dei comportamenti sessuali, come la gravidanza e il parto, assunsero dalla seconda metà del Cinquecento, una crescente importanza politica. Lei dice che il trionfo della famiglia legittima sottomessa al potere del suo capo procedeva di pari passo con quella della monarchia assoluta. Ma era davvero solo questo o esistevano spazi per l'affettività più liberi rispetto alle gerarchie consolidate?



Io ho indicato un processo storico che tende a imporre il potere politico sull'area del concepimento e del parto, portando la vita femminile sotto la luce dell'autorità maschile, paterna e maritale ma anche e sempre più di ecclesiastici e di autorità laiche. Questo non vuol dire che non esistessero spazi di libertà: il processo di costruzione di comportamenti disciplinati da norme comuni, interiorizzate e automatiche, occupa tutta la storia degli ultimi secoli e va dalle regole di galateo a quelle della circolazione stradale. Quanto agli spazi per l'affettività – innamoramento, rapporti sessuali, espressione vissuta o scritta di sentimenti - erano molto vasti nell'epoca del Medioevo e della prima età moderna. Il caso di Lucia Cremonini nasce da una maniera di vivere il Carnevale che oggi non esiste più. Semplicemente, quegli spazi non erano soggetti a norma, sopravvivevano nelle forme consuetudinarie della tradizione senza che ci fossero regole scritte che riconoscessero loro un autonomo diritto. La novità portata dalla cultura individualistica e agnostica del '700 è quella dell'affermazione dell'idea che la felicità (quella terrena) è un diritto dei singoli e che la ricerca della felicità è giusta (sulla storia di questa idea è stato appena pubblicato un libro di Antonio Tampus, Il diritto alla felicità, storia di un'idea, edizioni Laterza).





Pur denunciando la responsabilità di un prete, Lucia Cremonini, la vittima della sua storia, non ottenne da questo punto di vista soddisfazione perché il tribunale vescovile si dimostrò sorprendentemente indulgente nei confronti dello stupratore. Ma il "sorprendentemente" è davvero il termine giusto? O non è forse vero che anche le recenti "coperture" ai misfatti dei preti pedofili negli Usa testimoniano una pratica secolare di protezione "corporativa"?



Con quell'avverbio intendevo esprimere la reazione di un lettore moderno davanti a un comportamento del tribunale che è incomprensibile sia per la nostra cultura giuridica sia per le regole ufficiali di quella cultura giuridica allora vigente. Altro discorso è quello che riguarda la protezione esercitata da una corporazione sui suoi membri: questo è un fenomeno che nel passato preindustriale era considerata un diritto, o meglio un privilegio a chi appartiene a determinate categorie. Pensiamo ad esempio all'esistenza di tribunali delle corporazioni dei mercanti e ai privilegi giudiziari dei nobili o dei membri delle istituzioni giudiziarie (i "parlamenti"). Ma il privilegio del clero era il primo e più importante e si sosteneva sulla base di uno speciale diritto, il diritto canonico, che permetteva anche a chi aveva appena ricevuto una tonsura clericale di sfuggire ai giudici dello stato.

Tuttavia l'episodio della disattenzione dei giudici verso il prete di Lucia appartiene ad un'altra storia, quella della copertura illegale ai reati del clero, soprattutto quelli sessuali. Di questi si parla oggi per la reazione americana ai preti pedofili; ma non si è mai fatta un'indagine seria sulle manifestazioni irregolari e ufficialmente vietate ma assai tollerate dal governo della Chiesa che vuole l'obbedienza alle regole anche al prezzo di una sommessa e non ufficiale libertà di comportamenti del clero, considerati come peccati da cancellare nel segreto ma di cui nascondere l'esistenza per evitare il discredito della categoria. Questo aspetto della questione riguarda la storia e la cronaca italiana (adesso una ricerca del sociologo Arnaldo Nesti edita da Franco Angeli sulla religiosità toscana nell'età della mezzadria porta diversi esempi degli scandali sessuali del clero, ma i tribunali vescovili sono pieni di documenti al riguardo).



La condanna agostiniana dei bambini non battezzati, come dice in un passo, continuò a sembrare ai non teologi una grande ingiustizia. Nel leggerlo ho pensato all'indignazione della gente contro la Chiesa per il mancato funerale al povero Welby. Secondo lei quante volte si è verificata una frattura evidente tra dogma e sentimento popolare?



Evidentemente moltissime volte. Non per niente ci sono paesi che hanno scelto legislazioni di netta separazione tra Stato e Chiesa. Questo non è il caso italiano, anche se stavolta la frattura è stata netta.



Una cultura scientifica e razionalista si andò affermando anche all'interno del clero soprattutto in situazioni estreme, come il fenomeno seicentesco dei bambini resuscitati che così potevano essere battezzati. In quel caso la Chiesa inviava sul posto veri e propri ispettori pontifici. Sergio Luzzatto, nel suo recente "Padre Pio", ha raccontato come alcuni di questi fecero le pulci al santo di Pietralcina. Dunque l'utilizzo degli ispettori è una pratica secolare?



Si chiamavano "visitatori": quelli mandati dal papa erano i "visitatori apostolici". Ma tenga presente che la funzione di sorveglianza era affidata soprattutto ai vescovi il cui nome signica etimologicamente proprio questo, coloro che guardano e controllano. Infatti nell'assetto normale della chiesa è al vescovo che appartiene il compito di ispezioni periodiche ("visite pastorali") della sua diocesi.



Mi ha sorpreso il fatto che nel 1700, a distanza di più di un secolo dai divieti di Sisto V i medici dello Stato della Chiesa continuavano a mettere in atto la pratica abortiva per aiutare donne in difficoltà. Come mai nel 2008, in un ospedale importante come il Niguarda di Milano e quindi all'interno di uno stato che si vuole laico, più del 70% dei medici è obiettore di coscienza?



La storia dell'aborto è la storia di un fenomeno che, punito durissimamente, continua a esistere nascondendosi. Un libro di uno storico, Gregory Hanlon, dedicato a un paese del senese, Torrita, ha dimostrato che a metà '600 la percentuale dei figli maschi superava anche del 50% quella delle femmine. E' un dato cinese. Quanto al comportamento dei medici, si dovrà tenere conto del legame di dipendenza che hanno non con lo stato ma con un'amministrazione ospedaliera nominata dalle autorità regionali in connessione (combutta) con quelle ecclesiastiche. Le inchieste recentemente pubblicate dai giornali dimostrano in maniera incontrovertibile questa regola.



La vicenda di Lucia Cremonini avviene a Bologna, quindi una città ancora facente parte dello Stato pontificio. Sarebbe cambiato qualcosa se il delitto fosse accaduto in un'altra parte d'Italia?



No, le norme erano dovunque severissime.





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