Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina

Il Paradiso degli Orchi
Home » Archivio » Interviste » Andrea Novelli Giampaolo Zarini

Pagina dei contenuti


INTERVISTE

Andrea Novelli Giampaolo Zarini

immagine
Prima ancora che colleghi vi dichiarate amici. Ma come vi siete accorti della passione comune per la letteratura noir?



Entrambi abbiamo letto molto fin dall'adolescenza, dai grandi classici ai romanzi di genere. Tra questi Edgar Allan Poe, Guy de Maupassant, passando per gli antesignani del genere come George Simenon, Agatha Christie e Edgar Wallace, poi gli hard-boiled di Raymond Chandler e Dashiell Hammett, arrivando ai contemporanei Jeffery Deaver, Kathy Raichs, Jean Christophe Grangè, e il loro nutrito seguito di emuli. Tra gli italiani non possiamo non citare uno dei più grandi: Alan D. Altieri. Anno dopo anno, ci siamo confrontati su questi temi e un giorno, tra un dritto e un rovescio su un campo da tennis, ci siamo decisi ed è nata la nostra opera prima, Soluzione Finale, un medical thriller con forti implicazioni etiche.



"Per esclusione" è il vostro secondo romanzo. A proposito del primo "Soluzione finale" ho letto dei giudizi quantomeno affrettati, come quello del "Secolo XIX" che vi ha definiti gli eredi di Simenon? Ma che c'entra con voi l'inventore di Maigret. O forse, come spesso capita, i libri non vengono letti e quello di cui si scrive non ha né capo né coda?



È vero che spesso i libri non vengono letti o vengono letti frettolosamente. In quel frangente tuttavia pensiamo si sia trattato solo di un escamotage giornalistico. Spesso, per guadagnare l'attenzione dei lettori si usano titoli ad effetto. E quello del Secolo XIX è stato uno di questi. Quasi tutti sanno chi è George Simenon, un nome che evoca il suo celebre personaggio, Maigret, un nome che viene subito associato al giallo, all'investigazione, al mistero. Per il lettore è un processo logico diretto che fa accostare istantaneamente il soggetto dell'articolo ad un argomento ben preciso ancora prima di leggere il testo.



Sia nel primo che nel secondo libro parlate di bambini come vittime. Avete a cuore il problema? Tra l'altro la questione pedofilia, secondo me, nei vostri libri è in secondo piano rispetto all'incognita più sociologica delle relazioni genitori-figli.



È semplicemente un caso che entrambi i libri parlino di bambini e questo è assolutamente funzionale alla storia. Chi ha letto "Soluzione finale" e chi leggerà "Per esclusione" lo capirà. Un tema delicato come la pedofilia va trattato con tutte le cautele del caso. Usare violenza su un bambino e sulle donne è quanto di più abbietto ci possa essere e si possa concepire. Pur tuttavia nel romanzo la pedofilia rimane in secondo piano e se ne accenna riguardo alla conclusione di un'indagine per introdurre uno dei personaggi principali, Craig Dabecourt. La narrazione è concordemente virata su un'altra questione forte, ovverosia il rapporto genitore-figli.

Questo tipo di relazione è quanto di più misterioso, affascinante, ambiguo, ci possa essere. In Per esclusione, con il particolare modus operandi del serial killer protagonista, abbiamo provato a scavare nel profondo di questo legame, mettendolo alla prova, vivisezionandolo con il solo strumento delle reazioni e delle decisioni dei genitori delle vittime.

Mostrando quanto questo rapporto può essere ancorato a ciò che crediamo salde certezze, ma che alla prova dei fatti si rivelano solo dogmi illusori.



... certo però, trasformare in sapone un povero bimbo è tosto...



Nei thriller di questo genere, la spettacolarizzazione della morte è una componente indispensabile. Nella sovrabbondanza di opere di genere è necessario trovare qualcosa di originale, per quanto macabro.

E il lettore stesso a chiedere qualcosa di diverso quando c'è di mezzo un assassino seriale che per sua stessa natura sembra indissolubilmente condannato a fare qualcosa di sensazionalistico. Una coreografica esecuzione è anche l'unica maniera per tenerlo confinato nell'immaginazione senza doverlo associare a qualcosa di reale. La messinscena teatrale della morte è il vincolo che lega il serial killer di un romanzo al solo mondo di fantasia, senza trovare agganci con il mondo terreno, con i "mostri" reali.



Una domanda che, credo, la mettevate in conto: perché ambientate i vostri noir negli USA? Un serial killer ad Abbiategrasso non è attendibile? Così si pronunciò, tempo fa, il Faletti del milione di copie.



L'ambientazione esterofila di Per esclusione si spiega con una semplice, per quanto disarmante, constatazione. Negli Stati Uniti, secondo autorevoli statistiche, circa il 50-60% degli omicidi è commesso da serial killer. Inoltre avendo dato un taglio molto psicologico al romanzo, parlando di medicina forense e di profiling questo tipo di scelta era quasi inevitabile. Riguardo al primo libro, Soluzione Finale, trattandosi di una cospirazione a livello internazionale, ci sembrava più opportuno collocare la vicenda in una grande metropoli multietnica e la scelta è ricaduta su New York.

Ammettiamo comunque di trovarci più a nostro agio con locations "straniere", anche perché sono già tanti gli scrittori che ambientano le loro storie in Italia (anche stranieri, vedi Grisham e Cornwell), facendolo più che egregiamente. Non bisogna comunque escludere l'ipotesi di poter ambientare in futuro una delle nostre trame in qualche città italiana.



Sul vostro sito si legge: Il thriller è scienza e metodo. Allora ha fatto bene Carlo Toffalori con "Il matematico in giallo" a parlare di presenza consistente di scienza e matematica nel giallo anche classico?



La scienza è molto presente nei nostri romanzi in quanto alla base delle storie che creiamo deve esserci sempre una chiave di lettura di carattere scientifico. Lo è stato in Soluzione finale, improntato sulla scienza medica e sulla storia e lo è anche in Per esclusione, in cui come detto focalizziamo la nostra attenzione su psicologia criminale e scienza forense. È il marchio di fabbrica dei nostri libri che intendiamo proporre anche in futuro, in modo da fidelizzare una certa parte di lettori attenti a certe tematiche.

Il metodo invece si riferisce al disegno che sottende alla stesura del libro. Oltre ad un lungo e meticoloso lavoro di ricerca, che ci impegna per parecchi mesi, si aggiunge il fatto che la stesura dell'intera storia è sottoposta alla composizione di una vera e propria scaletta.

Una volta tracciata la storia, procediamo con questo metodo cioè un elenco di punti essenziali, punti di svolta narrativa e quant'altro, fissati capitolo per capitolo, dall'inizio fino all'epilogo. Tutti questi punti costituiscono lo scheletro della storia. Dopo una prima verifica dal punto di vista cronologico, di costruzione logica, di tenuta della suspense capitolo dopo capitolo, si passa allo sviluppo, fino ad ottenere la trama del libro nel suo complesso, quella che seguiremo passo dopo passo quando inizieremo a scriverla. Un metodo del genere è usato anche da Jeffery Deaver, uno dei grandi del genere. Una conferma della bontà del metodo.



Secondo voi è in salute il noir italiano? O il poliziesco è solo una moda visto che tanto si vende facile? Noi Orchi tifiamo Carlotto.



Dopo un periodo di calma piatta per tutta l'editoria italiana, la letteratura di genere è tornata alla ribalta con forza, ravvivando un po' il mercato. È nostra opinione che la letteratura gialla, noir e thriller non morirà mai, anche perché non c'è dubbio che il fascino del male è immarcescibile. Senza il male non esisterebbe il bene. Senza la morte, la vita non sarebbe così preziosa. Si tratta di binomi inscindibili che questo tipo di letteratura sa sfruttare al meglio.

C'è anche da dire che contaminazioni di genere, ovvero romanzi dove si tende a infilare letteralmente il morto per accattivarsi una certa parte di pubblico, non ci piacciono.



Marco Vichi, intervistandolo tempo fa, se la prese un po' perché lo definii scrittore di polizieschi e non invece scrittore tout-court. Pure voi avete la coda di paglia se vi "bollo" come noiristi?



Al contrario. Ciò significa che abbiamo già trovato una giusta collocazione. L'essere targati come "noiristi" o "giallisti" non è affatto penalizzante.



Ma la figura del serial killer è ancora valida o forse comincia a mostrare i segni della troppa esposizione "mediatica?



È quello che ci siamo domandati prima di scrivere Per esclusione. È indubbio che la figura del serial killer sia già molto inflazionata, a tal punto da far perdere a molti scrittori il vero scopo della scrittura di un romanzo, cioè dare una chiave di lettura all'oscuro mondo del male, quello più difficile da comprendere e razionalizzare.

Troppo spesso ci si concentra sul serial killer, perché è più facile, perché è più comodo, dimenticando che il lettore esige di più, desidera soddisfare dei quesiti, ricevere delle spiegazioni. Lanciare solo domande senza tentare di dare delle risposte, alla fine della lettura di un romanzo non può che generare delusione e disappunto.

Per questa serie di motivi abbiamo voluto creare qualcosa di originale, di nuovo, da associare alla figura del serial killer. Crediamo che Salomone, il serial killer del libro, sia la realizzazione riuscita di questa volontà. In questo senso vorrebbe rappresentare un po' la nostra pietra tombale sul genere serial killer.



Il romanzo sui vostri comodini...



Gianpaolo: Sto leggendo Pioggia nera su Tokyo di Barry Eisler ed ho terminato da poco Le Benevole.

Andrea: La voce dell'islandese Arnaldur Indridason







CERCA

NEWS

RECENSIONI

ATTUALITA'

CINEMA E MUSICA

RACCONTI

SEGUICI SU

facebookyoutube