RECENSIONI
Isabelle Fiemeyer
Coco Chanel
Castelvecchi, Pag. 158 Euro 16,00
C'è, nella vita dei grandi personaggi, un'ostinazione straordinaria e perversa a non accettare la morte. C'è, e non so dire se sia più femminile o maschile. Di sicuro è dirompente in personaggi eccentrici ed egocentrici. Coco Chanel, donna simbolica del secolo scorso, non fa eccezione. Il bel libro biografico (solo un po' frettoloso forse) scritto dalla giornalista Isabelle Fiemeyer ce ne dà una dimostrazione precisa.
La vita di Coco Chanel, si potrebbe dire, inizia da Cenerentola e finisce da strega. Da Cenerentola perché lei, povera e orfana di madre, abbandonata dal padre e rimasta sola in orfanatrofio con le sue sorelle, viene toccata magicamente dal destino che tutti i parvenu vorrebbero avere: l'incontro con il bel giovane dell'aristocrazia parigina Etienne-Balsan. Non c'è amore fra loro ma attrazione ed empatia. Il ragazzo la farà andare a vivere nel suo castello a La Croix-Saint-Ouen. Ed è a causa delle sue frequentazioni che incontrerà Boy, il primo vero amore della sua vita. Quello che le permetterà di esprimere al meglio il suo talento di stilista. Sarà il primo degli amori contrastati e tragici della sua esistenza.
Di lì in poi è tutta un'ascesa. Le sue creazioni, le frequentazioni col bel mondo che la trovano affascinante nel suo modo di imporre un'eleganza sobria ma liberante. In particolare le donne. Coco libera le donne dalla grettezza dell'abbigliamento di maniera e impone il suo stile."Le mode passano, lo stile resta", dirà. Prima lunghi camicioni, poi i tailleur, poi la bigiotteria al posto dei gioielli. I cappelli vistosi. I colori essenziali: bianco nero e marrone. "L'eleganza dell'abito, è la libertà di muoversi", sentenzia. Come darle torto. Gli anni' 20 del secolo scorso sono un profluvio di idee, Coco stringe amicizia coi grandi artisti della Parigi culturale: Dalì, Picasso, Breton, Cocteau. La sua fama supera i confini, approda in Inghilterra. Il Duca di Westminster sarà ai suoi piedi (un'ennesima relazione travagliata). Poi stringerà amicizia con Churchill. E, immancabile, l'approdo in America.
La seconda guerra mondiale porta una macchia che difficilmente la Francia le perdonerà. Ha una relazione con un tedesco accusato di far parte dei servizi segreti dell'esercito, tale Dincklage. Gli archivi sveleranno che Coco venne usata dai nazisti per raggiungere un accordo segreto di pace con Churchill (nel momento in cui i tedeschi si convincono di perdere la guerra). Ma anche quello passa. Gli anni '50 la costringono a un esilio svizzero da cui ripartirà per conquistare definitivamente l'America e far dire a Marylin la famosa frase: "Vado sempre a letto con due gocce di Chanel n°5".
E poi, la fine. Da strega, ho detto. Perché si incattivisce. Invecchia passandosi sulle le mani, per non farle sembrare da vecchia, cipria e cerone. Tratta a malo modo (ma forse è il caso di dire a suo modo) clienti e personale. I suoi amici muoiono. Luchino Visconti le affiderà i costumi di Boccaccio '70, Broadway la celebra con un musical ma lei, che pronuncerà, per se stessa, la frase: "Una donna che non è amata, non è nulla!" si ammala. Il medico le diagnosticherà l'emblematica 'paralisi degli innamorati'. E quando muore, il 10 gennaio del 1971, urla. Teatrale come sempre: "E' così che si muore". Sulla tomba, lei agostana leonessa, farà scolpire cinque teste di leone. Una panchina vicino alla lapide. Per quelli che vorranno sedersi ad ascoltarla. Una stele innalzata: "Così se ho voglia potrò venir fuori." Peggio degli egizi. Lei, sensitiva e incapace di addomesticare un ipertrofico Io da Opera Prima.
di Adriano Angelini
La vita di Coco Chanel, si potrebbe dire, inizia da Cenerentola e finisce da strega. Da Cenerentola perché lei, povera e orfana di madre, abbandonata dal padre e rimasta sola in orfanatrofio con le sue sorelle, viene toccata magicamente dal destino che tutti i parvenu vorrebbero avere: l'incontro con il bel giovane dell'aristocrazia parigina Etienne-Balsan. Non c'è amore fra loro ma attrazione ed empatia. Il ragazzo la farà andare a vivere nel suo castello a La Croix-Saint-Ouen. Ed è a causa delle sue frequentazioni che incontrerà Boy, il primo vero amore della sua vita. Quello che le permetterà di esprimere al meglio il suo talento di stilista. Sarà il primo degli amori contrastati e tragici della sua esistenza.
Di lì in poi è tutta un'ascesa. Le sue creazioni, le frequentazioni col bel mondo che la trovano affascinante nel suo modo di imporre un'eleganza sobria ma liberante. In particolare le donne. Coco libera le donne dalla grettezza dell'abbigliamento di maniera e impone il suo stile."Le mode passano, lo stile resta", dirà. Prima lunghi camicioni, poi i tailleur, poi la bigiotteria al posto dei gioielli. I cappelli vistosi. I colori essenziali: bianco nero e marrone. "L'eleganza dell'abito, è la libertà di muoversi", sentenzia. Come darle torto. Gli anni' 20 del secolo scorso sono un profluvio di idee, Coco stringe amicizia coi grandi artisti della Parigi culturale: Dalì, Picasso, Breton, Cocteau. La sua fama supera i confini, approda in Inghilterra. Il Duca di Westminster sarà ai suoi piedi (un'ennesima relazione travagliata). Poi stringerà amicizia con Churchill. E, immancabile, l'approdo in America.
La seconda guerra mondiale porta una macchia che difficilmente la Francia le perdonerà. Ha una relazione con un tedesco accusato di far parte dei servizi segreti dell'esercito, tale Dincklage. Gli archivi sveleranno che Coco venne usata dai nazisti per raggiungere un accordo segreto di pace con Churchill (nel momento in cui i tedeschi si convincono di perdere la guerra). Ma anche quello passa. Gli anni '50 la costringono a un esilio svizzero da cui ripartirà per conquistare definitivamente l'America e far dire a Marylin la famosa frase: "Vado sempre a letto con due gocce di Chanel n°5".
E poi, la fine. Da strega, ho detto. Perché si incattivisce. Invecchia passandosi sulle le mani, per non farle sembrare da vecchia, cipria e cerone. Tratta a malo modo (ma forse è il caso di dire a suo modo) clienti e personale. I suoi amici muoiono. Luchino Visconti le affiderà i costumi di Boccaccio '70, Broadway la celebra con un musical ma lei, che pronuncerà, per se stessa, la frase: "Una donna che non è amata, non è nulla!" si ammala. Il medico le diagnosticherà l'emblematica 'paralisi degli innamorati'. E quando muore, il 10 gennaio del 1971, urla. Teatrale come sempre: "E' così che si muore". Sulla tomba, lei agostana leonessa, farà scolpire cinque teste di leone. Una panchina vicino alla lapide. Per quelli che vorranno sedersi ad ascoltarla. Una stele innalzata: "Così se ho voglia potrò venir fuori." Peggio degli egizi. Lei, sensitiva e incapace di addomesticare un ipertrofico Io da Opera Prima.
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