CLASSICI
Alfredo Ronci
Il mistero de “Il piccolo caos” di Gian Piero Bona.
La frontiera tra i nostri due mondi era slittata, per via della nebbia.
Anni fa, recensendo I pantaloni d’oro di Bona, mi ergevo a estimatore dello scrittore, dicendo: Tre libri vanno assolutamente letti: questo, Il soldato nudo (1961, già citato) e l'oggetto di culto Il piccolo caos (1963), raccolta di racconti. A conferma di una necessaria rilettura della nostra storia culturale che ha spesso escluso personaggi 'limite', la cui emarginazione è stata sempre dettata da improvvide considerazioni moraliste. Cioè: dalla cara domestica crociana realistico-papale porno-familiare letteratura.
Siccome la recensione passata era anche incentrata sui contenuti dell’opera (contenuti chiaramente omosessuali), devo dire, con estrema chiarezza che Il piccolo caos non rientra nell’elenco sopra citato.
Perché direte voi? Intanto partiamo dal fatto che il libro, uscito nel 1963, riportava nella linguetta sopra la prima pagina, la dicitura Premio Internazionale Silver Caffè 1962. E un elenco ben definito di scrittori che facevano parte della giuria. Ed erano: J.L. Brown, D. Buzzati, I. Calvino, G. Comisso, A. Frassineti, E. Ionesco, H. Kesten, S. Mrozek, O. Paz, R. Queneau, G. B. Vicari. Nomi, oseremmo dire, più o meno altisonanti. Ma il dubbio che mi sovviene e che probabilmente sovviene anche a voi e che, come fa la giuria nel ’62 ad assegnare un premio ad un libro che è uscito in libreria solo nel 1963? Se si escludono paraculaggini di vario tipo, quello che probabilmente è successo è che il premio si riferiva alla prima opera di Bona e cioè Il soldato nudo.
Intendiamoci, è solo una ipotesi, ma credo che sia quella più accreditabile. Il piccolo caos, senza termini di paragone, è ritenuto invece un libro di secondo valore. Come abbiamo detto siamo nel 1963, e gli scrittori più urgenti lanciano strali verso i colleghi più attaccati al sistema di ancoraggio letterario. Bona, col suo primo libro di prosa, Il soldato nudo appunto, poteva in qualche modo essere attaccato, anche se il tema del libro, il militare certo, ma soprattutto l’omosessualità, mostrava una certa distanza (anche se Comisso e lo stesso Pasolini avevano già mostrato, anche con una certa fermezza, la loro condizione).
Il piccolo caos rientra invece in una sfera più larga e forse più sentita. Sono gli anni, ma anche quelli precedenti, in cui Bona prende possesso di una realtà forse troppo lontana per noi. Nel 1951 sbarca in Egitto, dove legge per la prima volta Kavafis, per poi dirigersi verso Bagdad. Nei pressi della città avviene uno dei più significativi incontri della sua, che lo scrittore raccontò nel romanzo L’apprendista del sole (Rusconi), cioè quello con Mohamed, un Sufi mendicante incontrato sotto le rovine di Babilonia (assorto in un riposo solenne, un assopimento dell’animo che la sua corporatura curva e robusta rassicurava come un porto di dolcezza) il quale, in poche ore, fu testimone del “rapimento” dello scrittore per un sapere millenario e costante.
I racconti contenuti ne Il piccolo caos sono testimonianza di questo incontro e se non fosse stato così isolato e unico, avrebbe anche meritato, da parte del Gruppo ’63, una menzione del tutto particolare. E sì, Bona si lancia, attraverso esposizioni e realtà quasi frantumata e riferimenti del sacro e del profano, in una rappresentazione che coinvolge sani e i non del tutto malati.
E con passaggi lirici che non esiteremmo a definire particolari: Papa Silvestro II (vol. CXXXIX della Patrologia greca e latina del Migne) un giorno interrogò la sua testa di bronzo parlante su che cosa in realtà fosse mai l’uomo. “L’uomo non è l’uomo” fu la risposta.
Oppure, parlando della composizione delle cose dice: “Per scoprire la costituzione di un organo non occorre distruggerlo” e polemizzava con gli anatomisti medievali e con la vecchia zia del bambino, che amava trapiantare i fiori nei vasi.
Da questi poveri cenni e dalle poche “prese” dal libro, si capisce come l’interesse di Bona, almeno in quel periodo, era al di là de Il soldato nudo. Scriveva in proposito: Se un giorno mi descriverà in un libro, si rammenti di darmi un epilogo di possibilità, altrimenti lei commetterà uno sbaglio di visione. Le opere inutili nascono quando l’artista si dimentica di essere il dispositivo dei propri personaggi, come nella vita forze più potenti ci manovrano. Mi dia un dramma, ma non mi faccia il dramma stesso.
Nonostante ciò (ma non so se il nonostante faccia bene) in questa breve libro di racconti ce n’è uno che è assolutamente un capolavoro: Gl’impiccati o L’altrove gigantesco. Sulla seconda guerra e sulla presenza dei nazisti. Provare per credere.
L’edizione da noi considerata è:
Gian Piero Bona
Il piccolo caos
Lerici editori
Anni fa, recensendo I pantaloni d’oro di Bona, mi ergevo a estimatore dello scrittore, dicendo: Tre libri vanno assolutamente letti: questo, Il soldato nudo (1961, già citato) e l'oggetto di culto Il piccolo caos (1963), raccolta di racconti. A conferma di una necessaria rilettura della nostra storia culturale che ha spesso escluso personaggi 'limite', la cui emarginazione è stata sempre dettata da improvvide considerazioni moraliste. Cioè: dalla cara domestica crociana realistico-papale porno-familiare letteratura.
Siccome la recensione passata era anche incentrata sui contenuti dell’opera (contenuti chiaramente omosessuali), devo dire, con estrema chiarezza che Il piccolo caos non rientra nell’elenco sopra citato.
Perché direte voi? Intanto partiamo dal fatto che il libro, uscito nel 1963, riportava nella linguetta sopra la prima pagina, la dicitura Premio Internazionale Silver Caffè 1962. E un elenco ben definito di scrittori che facevano parte della giuria. Ed erano: J.L. Brown, D. Buzzati, I. Calvino, G. Comisso, A. Frassineti, E. Ionesco, H. Kesten, S. Mrozek, O. Paz, R. Queneau, G. B. Vicari. Nomi, oseremmo dire, più o meno altisonanti. Ma il dubbio che mi sovviene e che probabilmente sovviene anche a voi e che, come fa la giuria nel ’62 ad assegnare un premio ad un libro che è uscito in libreria solo nel 1963? Se si escludono paraculaggini di vario tipo, quello che probabilmente è successo è che il premio si riferiva alla prima opera di Bona e cioè Il soldato nudo.
Intendiamoci, è solo una ipotesi, ma credo che sia quella più accreditabile. Il piccolo caos, senza termini di paragone, è ritenuto invece un libro di secondo valore. Come abbiamo detto siamo nel 1963, e gli scrittori più urgenti lanciano strali verso i colleghi più attaccati al sistema di ancoraggio letterario. Bona, col suo primo libro di prosa, Il soldato nudo appunto, poteva in qualche modo essere attaccato, anche se il tema del libro, il militare certo, ma soprattutto l’omosessualità, mostrava una certa distanza (anche se Comisso e lo stesso Pasolini avevano già mostrato, anche con una certa fermezza, la loro condizione).
Il piccolo caos rientra invece in una sfera più larga e forse più sentita. Sono gli anni, ma anche quelli precedenti, in cui Bona prende possesso di una realtà forse troppo lontana per noi. Nel 1951 sbarca in Egitto, dove legge per la prima volta Kavafis, per poi dirigersi verso Bagdad. Nei pressi della città avviene uno dei più significativi incontri della sua, che lo scrittore raccontò nel romanzo L’apprendista del sole (Rusconi), cioè quello con Mohamed, un Sufi mendicante incontrato sotto le rovine di Babilonia (assorto in un riposo solenne, un assopimento dell’animo che la sua corporatura curva e robusta rassicurava come un porto di dolcezza) il quale, in poche ore, fu testimone del “rapimento” dello scrittore per un sapere millenario e costante.
I racconti contenuti ne Il piccolo caos sono testimonianza di questo incontro e se non fosse stato così isolato e unico, avrebbe anche meritato, da parte del Gruppo ’63, una menzione del tutto particolare. E sì, Bona si lancia, attraverso esposizioni e realtà quasi frantumata e riferimenti del sacro e del profano, in una rappresentazione che coinvolge sani e i non del tutto malati.
E con passaggi lirici che non esiteremmo a definire particolari: Papa Silvestro II (vol. CXXXIX della Patrologia greca e latina del Migne) un giorno interrogò la sua testa di bronzo parlante su che cosa in realtà fosse mai l’uomo. “L’uomo non è l’uomo” fu la risposta.
Oppure, parlando della composizione delle cose dice: “Per scoprire la costituzione di un organo non occorre distruggerlo” e polemizzava con gli anatomisti medievali e con la vecchia zia del bambino, che amava trapiantare i fiori nei vasi.
Da questi poveri cenni e dalle poche “prese” dal libro, si capisce come l’interesse di Bona, almeno in quel periodo, era al di là de Il soldato nudo. Scriveva in proposito: Se un giorno mi descriverà in un libro, si rammenti di darmi un epilogo di possibilità, altrimenti lei commetterà uno sbaglio di visione. Le opere inutili nascono quando l’artista si dimentica di essere il dispositivo dei propri personaggi, come nella vita forze più potenti ci manovrano. Mi dia un dramma, ma non mi faccia il dramma stesso.
Nonostante ciò (ma non so se il nonostante faccia bene) in questa breve libro di racconti ce n’è uno che è assolutamente un capolavoro: Gl’impiccati o L’altrove gigantesco. Sulla seconda guerra e sulla presenza dei nazisti. Provare per credere.
L’edizione da noi considerata è:
Gian Piero Bona
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