RECENSIONI
Sara Yalda
Il paese delle stelle nascoste
Piemme, Pag.210 Euro 15,00
Durante i recenti fatti di Teheran quello che mi sconvolgeva di più era vedere quei manifestanti in jeans e maglietta dall'aspetto così familiare, un estratto della nostra quotidianità. Era come se i nostri ragazzi fossero stati rapiti da una mostruosa macchina del tempo e trasportati in un medioevo dalle tinte fosche. Questo contrasto drammatico è appunto il nocciolo del libro della Yalda. Giornalista francese nata a Teheran nel 1967, descrive un viaggio in patria dopo ventisette anni di assenza e dopo un lungo conflitto interiore fra il rifiuto e la ricerca delle radici.
Le sorprese cominciano all'aeroporto, dove incontra una ragazza di venticinque anni cresciuta sotto il regime degli ayatollah.
"Accidenti! Allora devo metterla al corrente di come vanno le cose adesso", dice soffiando sulle unghie scarlatte. "In linea di massima, la legge non consente lo smalto, così come proibisce l'alcol, le antenne paraboliche, i DVD stranieri, il rock, la techno... Eppure basta girare per strada per constatare che non ci si priva mai di nulla. In Iran bisogna infilarsi tra le maglie della rete. E' lo sport nazionale!"
Da qui parte il viaggio in un mondo schizofrenico, a ritrovare quei parenti e amici che continuano a resistere alle pressioni del regime (gli altri si sono salvati in una diaspora che li ha sparsi per tutto il mondo occidentale) conducendo una doppia vita, in cui ogni trasgressione alle leggi coraniche è un punto segnato in favore della dignità e libertà individuale, è un modo per sentirsi vivi. In questa battaglia ognuno è creativo a modo suo. Come Mithra, una vecchia signora che, visto che l'imperativo è quello di coprirsi, lo fa nei modi più strampalati, travestendosi ora da geisha e ora da suora cappellona, con il viso incorniciato dalle bianche ali inamidate della cuffia. Ci vuole ironia e senso della sfida, per vivere a Teheran! Quanto alle trasgressioni, come l'uso di bevande alcoliche, pare che non ci siano problemi, dal momento che con un po' di soldi si può ottenere veramente tutto. E' chiaro che occorre sempre prudenza, per non beccarsi una buona dose di frustate.
Il libro è un reportage autobiografico, leggero ma con qualche spunto interessante e con brevi cenni storici che aiutano qua e là a contestualizzare le situazioni. Di personale ci sono i ricordi d'infanzia e il rapporto con il padre, ritrovato dopo tanti anni di lontananza: rapporto gravato dall'imbarazzo di un nuovo matrimonio (dopo l'abbandono da parte della madre di Sara) ma venato di una tenerezza pudica. C'è anche la curiosa sensazione di essere straniera in patria, e l'ambivalenza per questo status che è insieme condanna e privilegio. Esemplare l'episodio della visita alle fiabesche cupole di Isfahan, dove un cameriere sentendola parlare in persiano tenta di cacciarla via da un locale pubblico (... è vietato alle donne non accompagnate), ma è poi costretto ad accettarla dopo aver visto il suo passaporto francese. Dopo di che, finale non scontato, si riconcilia con lei recitandole una poesia di Kayyam. Meraviglie d'oriente!
di Giovanna Repetto
Le sorprese cominciano all'aeroporto, dove incontra una ragazza di venticinque anni cresciuta sotto il regime degli ayatollah.
"Accidenti! Allora devo metterla al corrente di come vanno le cose adesso", dice soffiando sulle unghie scarlatte. "In linea di massima, la legge non consente lo smalto, così come proibisce l'alcol, le antenne paraboliche, i DVD stranieri, il rock, la techno... Eppure basta girare per strada per constatare che non ci si priva mai di nulla. In Iran bisogna infilarsi tra le maglie della rete. E' lo sport nazionale!"
Da qui parte il viaggio in un mondo schizofrenico, a ritrovare quei parenti e amici che continuano a resistere alle pressioni del regime (gli altri si sono salvati in una diaspora che li ha sparsi per tutto il mondo occidentale) conducendo una doppia vita, in cui ogni trasgressione alle leggi coraniche è un punto segnato in favore della dignità e libertà individuale, è un modo per sentirsi vivi. In questa battaglia ognuno è creativo a modo suo. Come Mithra, una vecchia signora che, visto che l'imperativo è quello di coprirsi, lo fa nei modi più strampalati, travestendosi ora da geisha e ora da suora cappellona, con il viso incorniciato dalle bianche ali inamidate della cuffia. Ci vuole ironia e senso della sfida, per vivere a Teheran! Quanto alle trasgressioni, come l'uso di bevande alcoliche, pare che non ci siano problemi, dal momento che con un po' di soldi si può ottenere veramente tutto. E' chiaro che occorre sempre prudenza, per non beccarsi una buona dose di frustate.
Il libro è un reportage autobiografico, leggero ma con qualche spunto interessante e con brevi cenni storici che aiutano qua e là a contestualizzare le situazioni. Di personale ci sono i ricordi d'infanzia e il rapporto con il padre, ritrovato dopo tanti anni di lontananza: rapporto gravato dall'imbarazzo di un nuovo matrimonio (dopo l'abbandono da parte della madre di Sara) ma venato di una tenerezza pudica. C'è anche la curiosa sensazione di essere straniera in patria, e l'ambivalenza per questo status che è insieme condanna e privilegio. Esemplare l'episodio della visita alle fiabesche cupole di Isfahan, dove un cameriere sentendola parlare in persiano tenta di cacciarla via da un locale pubblico (... è vietato alle donne non accompagnate), ma è poi costretto ad accettarla dopo aver visto il suo passaporto francese. Dopo di che, finale non scontato, si riconcilia con lei recitandole una poesia di Kayyam. Meraviglie d'oriente!
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