ATTUALITA'
Stefano Torossi
Il relatore
Pareti di damasco rosso sangue, soffitto di bruna quercia, le finestre ermeticamente chiuse (pubblico in età: si sa, aria di fessura aria di sepoltura) praticamente una tomba. E abbiamo rischiato che diventasse la nostra, all’Accademia di San Luca l’undici marzo scorso.
Si trattava della presentazione dell’Enciclopedia di Arti Contemporanee, quarto volume, a cura di Achille Bonito Oliva: quattro relatori (che ci asteniamo dal nominare) più lui.
ABO lo conosciamo da un secolo e gli abbiamo sempre visto recitare la parte del discolo. Per nostra fortuna, perché, gli altri quattro! Concettosi, arzigogolati, logorroici, da rischiare per tanta verbosità di perderci nell’implacabile concatenarsi di verbi e subordinate.
Noi, non certo ABO che non ha saltato un’occasione per fare faccette, ammiccamenti e risatine al pubblico, proprio come avrebbe fatto Pierino dietro le spalle del maestro, per poi, alla fine, uscirsene con le sue dichiarazioni invariabilmente pertinenti, impertinenti e intelligenti.
Adesso che abbiamo identificato nel relatore il nostro personaggio base e avendone presentato il primo tipo, cioè il prolisso, passiamo al secondo: il brillante.
Fiera del libro al Palazzo dei Congressi a Roma, tempo fa. “Sale di Sicilia” di Mariacristina Di Giuseppe è tenuto a battesimo dall’arguto, spiritoso Umberto Broccoli, un signore al quale invidiamo facilità e felicità di parola. Si manifesta qui una delle variazioni più pericolose di questi eventi: il relatore è talmente brillante che rischia di consumare tutto l’ossigeno a disposizione del futuro lettore prima che questi riesca ad affrontare il libro. Una vera minaccia per l’autore, l’editore e anche per il potenziale acquirente.
Poi ci sono i compagnucci della parrocchietta. Sono più di uno naturalmente, il tono è fintamente rilassato, i relatori fanno mostra di volersi bene e di stimarsi a vicenda, si sorridono complici e si chiamano con nomi di battesimo o diminutivi da accademia. I laici presenti sono sì ammessi all’eventuale dibattito, ma a una certa distanza, che non si prendano troppa confidenza.
E i narcisi? Appollaiati come avvoltoi ai lati del festeggiato non fanno che rubarsi con finto garbo la parola l’un l’altro, parlare di sé a scapito dell’opera presentata (e quando parlano dell’opera è comunque in riferimento alle loro proprie reazioni) e soprattutto cercare di apparire più informati, più puntuali, più spiritosi, insomma, più in gamba dell’autore.
L’elegantone invece lo abbiamo conosciuto a un incontro sulla valorizzazione del patrimonio culturale all’Auditorium dell’Ara Pacis. Si chiama Philippe Daverio e ne sa una più del diavolo: soprattutto la racconta con un’espressione mirabilmente giocosa sopra papillon strabilianti con citazioni che sforna, fra paradossi e iperboli, con perfetta pronuncia in una mezza dozzina di lingue.
E intanto, con un look del tutto lontano da quello dimesso e grigio dell’intellettuale tipo, riesce a trasformare la faccenda, che spesso rischierebbe di risultare altrettanto dimessa e grigia, in uno spettacolo frizzante, proprio come i suoi variegati panciotti.
Chiudiamo con il Criticus Constrictor, uno dei più pericolosi esemplari di intellettuali ipnotizzatori in circolazione.
Museo del Vittoriano: presentazione del libro “Mario Sironi, la grandezza dell’arte, le tragedie della storia”. Il Criticus Constrictor è Claudio Strinati, la preda, l’autrice del libro, Elena Pontiggia. Noi, i testimoni del fattaccio.
Niente da fare. La facondia inarrestabile, la proprietà di linguaggio, l’elastica concatenazione dei contenuti stemperata nella civetteria di ripetizioni, pause sapienti e finte amnesie, è ipnotizzante come dovevano esserlo i racconti dello sciamano accanto al fuoco.
Passano 58 minuti, quasi un’ora di ipnoterapia. Strinati, momentaneamente rinsavito, ammette che all’inizio aveva progettato un dialogo con l’autrice, ma poi, com’è come non è, è scivolato nel monologo.
Si dichiara pentito.
Subito dopo però, trascinato da sé stesso e trascinando anche noi, riattacca con il denso racconto di tutti i tormenti esistenziali e artistici del pittore che non piaceva a certi critici, i quali trovavano la sua produzione antipatica e monotona. Un uomo nato deluso, che muore deluso il 13 agosto; e al funerale naturalmente non c’è nessuno. Come nelle sue desolate periferie.
Altri venti minuti filano via. Finalmente le spire del crotalo si sciolgono e la vittima rifiata e chiude l’incontro con poche frasi che ci sono parse stremate e forse anche un po’ risentite.
Ma noi ci siamo molto divertiti.
Si trattava della presentazione dell’Enciclopedia di Arti Contemporanee, quarto volume, a cura di Achille Bonito Oliva: quattro relatori (che ci asteniamo dal nominare) più lui.
ABO lo conosciamo da un secolo e gli abbiamo sempre visto recitare la parte del discolo. Per nostra fortuna, perché, gli altri quattro! Concettosi, arzigogolati, logorroici, da rischiare per tanta verbosità di perderci nell’implacabile concatenarsi di verbi e subordinate.
Noi, non certo ABO che non ha saltato un’occasione per fare faccette, ammiccamenti e risatine al pubblico, proprio come avrebbe fatto Pierino dietro le spalle del maestro, per poi, alla fine, uscirsene con le sue dichiarazioni invariabilmente pertinenti, impertinenti e intelligenti.
Adesso che abbiamo identificato nel relatore il nostro personaggio base e avendone presentato il primo tipo, cioè il prolisso, passiamo al secondo: il brillante.
Fiera del libro al Palazzo dei Congressi a Roma, tempo fa. “Sale di Sicilia” di Mariacristina Di Giuseppe è tenuto a battesimo dall’arguto, spiritoso Umberto Broccoli, un signore al quale invidiamo facilità e felicità di parola. Si manifesta qui una delle variazioni più pericolose di questi eventi: il relatore è talmente brillante che rischia di consumare tutto l’ossigeno a disposizione del futuro lettore prima che questi riesca ad affrontare il libro. Una vera minaccia per l’autore, l’editore e anche per il potenziale acquirente.
Poi ci sono i compagnucci della parrocchietta. Sono più di uno naturalmente, il tono è fintamente rilassato, i relatori fanno mostra di volersi bene e di stimarsi a vicenda, si sorridono complici e si chiamano con nomi di battesimo o diminutivi da accademia. I laici presenti sono sì ammessi all’eventuale dibattito, ma a una certa distanza, che non si prendano troppa confidenza.
E i narcisi? Appollaiati come avvoltoi ai lati del festeggiato non fanno che rubarsi con finto garbo la parola l’un l’altro, parlare di sé a scapito dell’opera presentata (e quando parlano dell’opera è comunque in riferimento alle loro proprie reazioni) e soprattutto cercare di apparire più informati, più puntuali, più spiritosi, insomma, più in gamba dell’autore.
L’elegantone invece lo abbiamo conosciuto a un incontro sulla valorizzazione del patrimonio culturale all’Auditorium dell’Ara Pacis. Si chiama Philippe Daverio e ne sa una più del diavolo: soprattutto la racconta con un’espressione mirabilmente giocosa sopra papillon strabilianti con citazioni che sforna, fra paradossi e iperboli, con perfetta pronuncia in una mezza dozzina di lingue.
E intanto, con un look del tutto lontano da quello dimesso e grigio dell’intellettuale tipo, riesce a trasformare la faccenda, che spesso rischierebbe di risultare altrettanto dimessa e grigia, in uno spettacolo frizzante, proprio come i suoi variegati panciotti.
Chiudiamo con il Criticus Constrictor, uno dei più pericolosi esemplari di intellettuali ipnotizzatori in circolazione.
Museo del Vittoriano: presentazione del libro “Mario Sironi, la grandezza dell’arte, le tragedie della storia”. Il Criticus Constrictor è Claudio Strinati, la preda, l’autrice del libro, Elena Pontiggia. Noi, i testimoni del fattaccio.
Niente da fare. La facondia inarrestabile, la proprietà di linguaggio, l’elastica concatenazione dei contenuti stemperata nella civetteria di ripetizioni, pause sapienti e finte amnesie, è ipnotizzante come dovevano esserlo i racconti dello sciamano accanto al fuoco.
Passano 58 minuti, quasi un’ora di ipnoterapia. Strinati, momentaneamente rinsavito, ammette che all’inizio aveva progettato un dialogo con l’autrice, ma poi, com’è come non è, è scivolato nel monologo.
Si dichiara pentito.
Subito dopo però, trascinato da sé stesso e trascinando anche noi, riattacca con il denso racconto di tutti i tormenti esistenziali e artistici del pittore che non piaceva a certi critici, i quali trovavano la sua produzione antipatica e monotona. Un uomo nato deluso, che muore deluso il 13 agosto; e al funerale naturalmente non c’è nessuno. Come nelle sue desolate periferie.
Altri venti minuti filano via. Finalmente le spire del crotalo si sciolgono e la vittima rifiata e chiude l’incontro con poche frasi che ci sono parse stremate e forse anche un po’ risentite.
Ma noi ci siamo molto divertiti.
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