Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina

Il Paradiso degli Orchi
Home » Racconti » Intellettuali e no

Pagina dei contenuti


RACCONTI

Elisa Magrì

Intellettuali e no

immagine
«Per scrivere occorre una buona disposizione, tempo in quantità e idee più o meno giustificate da esprimere», meditava Tonio, ancora incerto davanti alla tastiera del computer. Si era risolto a ricoprire la posizione di uomo di lettere, di pensatore, diciamo pure di intellettuale, ed ora la piatta superficie del monitor lo contemplava silenziosa. Tonio, dal canto suo, sapeva bene di accingersi ad una impresa, se non pericolosa, quanto meno rischiosa: intellettuali non ci si improvvisa, ma egli ne aveva letto sui giornali e sentito parlare in televisione, e sapeva bene che al giorno d'oggi c'è una gran penuria di intellettuali. Perché non provare?

Da ragazzo, al Liceo, gli insegnanti si complimentavano con lui per la sua capacità di scrivere in modo asciutto e mirato, e la prof. di Lettere non gi aveva nascosto che avrebbe avuto della stoffa per continuare nell'ambito umanistico, ma egli aveva fatto altro. In fondo bisogna pur campare, e spesso agli avvocati il cibo manca meno che ai letterati. Adesso, però, trascorsi due decenni dietro scrivanie cosparse di fascicoli, avvilito da un ambiente lavorativo competitivo e arrogante, frustrato dai continui giochi di potere e da manovre sottobanco, Tonio si accorgeva di aver fin troppo trascurato il suo talento narrativo. Non che lo avesse perduto: nell'esercizio della sua professione si era sempre preoccupato di eseguire le varie procedure con l'eleganza che contraddistingue l'uomo di cultura.

Limitava, ad esempio, il più possibile la prolissità in favore dell'efficacia; annotava con cura i riferimenti legislativi per confermare, se mai fosse necessario, la sua confidenza con il diritto, e teneva particolarmente a disporre lungo gli scaffali dello studio, accanto al Codice Civile, l'opera completa di Goethe, Dostoevskji e Proust.

La sera, dopo cena, ne estraeva con cura un volume e si disponeva a leggere devotamente finché la stanchezza ed il sonno, trascorse un paio d'ore, non arrivavano a portarselo via. Non aveva mai saputo che fine facesse quel piagnucolone che non poteva andare a letto senza aver prima ricevuto il bacio della madre, né se quel tale Raskolnikov scontasse o meno la pena per il suo omicidio, e neppure se Ottilie avrebbe coronato il suo amore. Giungere alla fine di un libro dalla trama complessa era per Tonio un'attività fin troppo laboriosa; a se stesso diceva di non disporre più della necessaria freschezza mentale e che tanto una sola cosa contava: penetrare i segreti dello stile dei classici, così da poterli imitare. Tonio leggeva in maniera disordinata ed accumulava i vari libri sul comodino, impilati alla buona, sempre più confuso mano a mano che passava dall'uno all'altro tomo. Insoddisfatto dai grandi autori, che custodivano gelosamente il proprio segreto, prese ad effettuare varie escursioni nelle librerie per procurarsi libri nuovi, più vicini per sensibilità e stile al suo tempo. Di cosa era necessario parlare, quali erano gli ingredienti per produrre una buon argomento?

In principio, in verità, non credeva si sarebbe mai risolto allo scrivere, sembrandogli un'occupazione oziosa, da consacrare, magari, alla pensione. Ma a fargli cambiare avviso non era stata solo il timore di non disporre più delle debite facoltà intellettuali, quanto la coscienza di un'urgenza sociale, un'urgenza - per così dire - dettata dai tempi.

Il Corriere della sera per primo aveva lanciato l'allarme con un lungo e dotto editoriale, firmato da uno dei più autorevoli opinionisti: «Che fine ha fatto l'intellettuale italiano?». L'autore lamentava la penuria di «quei talenti che un tempo si facevano promotori dell'interesse del paese, esponendosi in prima persona». «Dove sono», chiedeva allarmato, a tratti (ma giusto a tratti) con rimpianto, «i fautori del progresso e dell'emancipazione? Dove sono le idee, rivendicate con coraggio e responsabilità?». E concludeva, quell'egregio signore, con non minore desolazione: «Da cosa si è sempre dedotta la fine di un'epoca? In ogni tempo le ombre gettate sulla cultura sono state il segno inesorabile della crisi che avanza».

La lettura del pezzo aveva avuto un effetto decisivo su Tonio, il quale, senza esitazione (le tesi di un'opinionista del Corsera sono per definizione indiscutibili), la sera stessa, consumata la cena, sedette davanti al computer per riempire un bianco foglio di Word. In

principio il lavoro procedeva spedito: Tonio si era deciso a scrivere un saggio breve sullo stato della cultura nell'Italia consumista degli anni Zero, e ogni giorno metteva da parte

con scrupolo i ritagli di giornali che riteneva pertinenti al tema. La domenica pomeriggio, quando i più lamentano la noia dei giorni di riposo o paventano il rientro al lavoro, Tonio dedicava due o tre ore alla stesura delle sue proprie meditazioni.

Fedele ai suoi principii di uomo istruito e dotato di senso pratico, Tonio - va detto - peccava di un certo taglio conservatore. In sostanza egli era convinto che la storia italiana fosse votata ad una progressiva decadenza politica, e che la morale più idonea consistesse esclusivamente nel sapersi adattare al cambiamento delle mode e dei tempi. Naturalmente Tonio non intendeva dichiarare esplicitamente queste sue idee; sapeva benissimo in quale accuse sarebbe incorso (prima fra tutte quella di qualunquismo e di conformismo); piuttosto egli cercava di far trasparire la sua vocazione all'ordine ed alla stabilità, trascurando di approfondirne le ragioni. Era una strategia che vedeva attuata da tutti gli opinionisti di spicco, ma, a differenza di questi, egli commetteva un errore dettato dalla sua indole, ovvero tendeva a porre in risalto la sua persona e la sua esperienza su quelli che sarebbero dovuti essere gli argomenti e le dimostrazioni di questi. Di ciò, però, non se ne avvedeva e anzi, procedendo nella stesura, si sentiva sempre più infervorato dal fuoco dell'ispirazione.

Quando il testo fu ultimato, Tonio lo sottopose ad alcuni quotidiani firmati da penne autorevoli, da uomini di cultura e di probata intelligenza. Nessuno si pronunciò; da nessuno Tonio ottenne una risposta, fosse pure negativa. Semplicemente non fu affatto preso in considerazione. La cosa lo turbò alquanto, al punto che per diverse settimane egli si dimostrò distratto al lavoro, irritabile e cupo. Ritenne di aver sbagliato nell'impostazione e perciò si dedicò a rivedere con cura ogni dettaglio, ma neppure allora ottenne la stima e gli alti elogi che si era aspettato. Da ultimo decise di essere stato troppo poco incisivo, perciò si risolse a scrivere un altro saggio incentrato non più sulla miseria culturale, bensì sul nesso fra la disoccupazione intellettuale e l'insegnamento nelle scuole pubbliche. Lamentava, stavolta, l'abbassamento di un certo livello di competenza da parte degli insegnanti di ruolo, a suo dire sviati da scarso vigore nell'esercizio del mestiere e vistose lacune nella preparazione degli allievi.

Con sorpresa di Tonio un giornale di estrema destra accolse con favore le sue idee e le pubblicò in una colonna di fondo pagina. Ciò lo convinse del fatto che l'intellettuale, per essere tale ed imporsi all'attenzione del pubblico, deve sempre esprimere le sue vedute senza troppi preamboli ed incisi: occorrono solo schiettezza ed asciuttezza di toni.

Dimentico di tutte le sue letture di classici, Tonio si esercitò sempre più spesso in quella prosa che ora gli riusciva congeniale, perché prona soltanto al suo pensiero. In poco tempo una rivista letteraria di second'ordine, che mescolava la politica alla critica letteraria e cinematografica, gli affidò una rubrica fissa di mezza colonna, offrendogli in aggiunta la cura di un blog per la versione online del periodico. Di lì a breve Tonio divenne un nome noto fra i lettori e gli utenti del sito, giungendo persino agli occhi ed alle orecchie dei suoi colleghi, dei quali alcuni presero a sogguardarlo con un che di malizioso. «Ecco», essi dicevano, « l'avvocato ha rivelato da che parte sta!».

Poiché era dato ad ognuno di leggere online le sue opinioni, sempre più audaci ed unilaterali, egli divenne un avvocato estremista, tenuto da parte dagli estremisti di fazione avversa, e appoggiato con grandi cerimonie da quelli della sua parte. Accadde allora che ciò per cui si era mosso a scrivere, la crisi della cultura e dell'intellettuale, fosse la condizione permanente entro cui gli era dato agire. Non più preoccupato del perché e del come, era egli stesso intellettuale di spicco, penna feroce e lingua tagliente.

Così Tonio concluse il suo ultimo editoriale, che lo consacrò opinionista di grido degli Anni Zero: «Ma di quale crisi parlano i pessimisti cronici e gli sconfitti, quelli dalle ideologie confuse, cui la storia ha sempre dato torto? Basta parlare di crisi e di problemi, di drammi e di confusione. Sia fatta la chiarezza del senso pratico e del rigore tecnico, al bando le idee dei letterati e delle cornacchie».





Elisa Magrì



Elisa Magri' si e' laureata in Filosofia a Pisa, ma la passione non si e' esaurita e continua ad inseguire i grandi classici al di qua

ed al di la' delle Alpi. Un suo racconto e' apparso sul numero 51 della rivista "Prospektiva". Collabora con la testata online "Il Cambiamento".





CERCA

NEWS

RECENSIONI

ATTUALITA'

CINEMA E MUSICA

RACCONTI

SEGUICI SU

facebookyoutube