CLASSICI
Alfredo Ronci
L’esordio letterario e le prime paure: “:Riflessi” di Aldo Palazzeschi.
Scriveva Palazzeschi a proposito del suo esordio letterario: Allegoria di Novembre (in realtà il suo esordio era :Riflessi, ma nel corso di aggiustamenti vari, prese quest’altro titolo), quello che io chiamo il mio romanzo liberty (…), con una forma che risente in certo modo del gusto di quel tempo e che non doveva essere poi l’espressione giusta della mia personalità, rispecchia fedelmente una giovinezza turbata e quasi disperata. E tale fu la mia fino al giorno che tale disperazione e turbamento come per un miracolo, come per virtù di un incantesimo del quale non saprei io stesso spiegare il mistero (approfondita conoscenza della vita, degli altri e di me stesso?) si risolsero in allegria. E pur rimanendo un solitario fedele e geloso della mia solitudine, fui da quel giorno molto allegro, sempre più allegro. Poche persone in questo mondo risero quanto io ho riso, e tale ho saputo conservarmi fino alle vecchiezza.
Buon per lui, diremmo noi, se fossimo davvero convinti delle parole di Palazzeschi, ma certe soluzioni da lui prese e soprattutto certi suoi inizi, ce lo fanno quanto meno dubitare. Certo, lo dice lui stesso, quel mio romanzo liberty (vedremo che anche qui ci sono dei dubbi sulla esatta qualifica di liberty) rispecchia fedelmente una giovinezza turbata e quasi disperata, ma abbiamo delle incertezze sul dopo, e non ci riferiamo soltanto alla fine di questo romanzo.
Ma di cosa parla? Palazzeschi usa un meccanismo che poi, volente o nolente, sarà utilizzato anche dal romanzo giallo classico (ma :Riflessi, in fondo in fondo, non può essere considerato anche un romanzo di ambientazione “gialla”?), cioè quella di dividere la storia in due parti, diverse tra loro, la prima sufficientemente disperata, la seconda molto più ironica, e dare una poco consistente spiegazione del tutto nella fase finale (con appunto dei segni “gialli” da non trascurare).
Il protagonista della storia è Valentino Kore che, dal primo al trenta novembre, spedisce dalla sua villa di Bemualda in Toscana, trenta lettere al giovane nobile inglese John Mare, che momentaneamente risiede a Venezia. Domanda: che tipo di rapporto c’è fra i due? Il romanzo non da una spiegazione, ma è un rapporto chiaramente omosessuale, soprattutto anche per le parole che Valentino invia al suo giovane amico: Ti cerco inutilmente perché non ti so figurare dove e come vorrei. I primi tre giorni sono trascorsi tanto ineguali per me… che cosa posso dirti ancora, che cosa a te? Credo che tu saprai esser fedele. (…) Ti bacio più forte, più forte stasera mio Johnny, più forte di ieri.
Sono solo due piccoli esempi di quello che effettivamente è la relazione tra i due, ma il problema non è quello che non si dice, ma poi si scrive, ma quello che pericolosamente si sopporta e poi si rinuncia del tutto a patire. Nella seconda parte del romanzo, quella che per alcuni diventa addirittura ironica, si viene a sapere che il nobile e pallido Valentino (Palazzeschi ricorderà che per tutta la fanciullezza e fino a gioventù inoltrata, la mia faccia fu di un pallore piuttosto intenso, cosa che non garbava troppo a mia madre) si è ucciso (anche se successive indagini e peregrinazioni lo negano) e soprattutto i continui avvicendamenti col giovane John non portano assolutamente a nulla, nemmeno a scoprire eventuali motivi di un atto.
In realtà, al di là dell’effettivo suicidio di Valentino, gli eventuali motivi di una sua dipartita ci sono e sono quelli legati alla madre, che si uccise all’età di ventinove anni, gli stessi del giovane, e della sua prorompente presenza reale nella vita del giovane che, in alcune lettere a John, confessa di averla sentita e di averla persino vista.
Siamo di fronte ad un chiaro esempio di psicologia freudiana, di un processo di completa identificazione tra i due elementi. Il principe ripete il suicidio della madre per meglio conoscersi e raggiungerla dentro di sé. E in questa identificazione perde sostanza il rapporto vero e reale con il giovane John. Qualcuno ha invece detto che il triangolo psicanalitico omosessuale (soggetto, partner, madre) è illustrato narrativamente senza far ricorso alla psicanalisi, ad una profondità che sorprende e che deve aver sgomentato l’autore stesso.
Si diceva in precedenza del valore stilistico del romanzo: Palazzeschi lo ha definito liberty, qualcun altro, forse perché colpito dall’anno di uscita (1908) e considerando anche gli sviluppi del pensiero palazzeschiano ne ha visto degli sviluppi futuristi, altri, e personalmente lo vedo più attinente, lo ha esplicitato come decadente. Perché Valentino Kore è un personaggio tipicamente decadente, un aristocratico, un piccolo “superuomo” che vive per la religione della bellezza.
L’edizione da noi considerata è:
Aldo Palazzeschi
:Riflessi
SE edizioni
Buon per lui, diremmo noi, se fossimo davvero convinti delle parole di Palazzeschi, ma certe soluzioni da lui prese e soprattutto certi suoi inizi, ce lo fanno quanto meno dubitare. Certo, lo dice lui stesso, quel mio romanzo liberty (vedremo che anche qui ci sono dei dubbi sulla esatta qualifica di liberty) rispecchia fedelmente una giovinezza turbata e quasi disperata, ma abbiamo delle incertezze sul dopo, e non ci riferiamo soltanto alla fine di questo romanzo.
Ma di cosa parla? Palazzeschi usa un meccanismo che poi, volente o nolente, sarà utilizzato anche dal romanzo giallo classico (ma :Riflessi, in fondo in fondo, non può essere considerato anche un romanzo di ambientazione “gialla”?), cioè quella di dividere la storia in due parti, diverse tra loro, la prima sufficientemente disperata, la seconda molto più ironica, e dare una poco consistente spiegazione del tutto nella fase finale (con appunto dei segni “gialli” da non trascurare).
Il protagonista della storia è Valentino Kore che, dal primo al trenta novembre, spedisce dalla sua villa di Bemualda in Toscana, trenta lettere al giovane nobile inglese John Mare, che momentaneamente risiede a Venezia. Domanda: che tipo di rapporto c’è fra i due? Il romanzo non da una spiegazione, ma è un rapporto chiaramente omosessuale, soprattutto anche per le parole che Valentino invia al suo giovane amico: Ti cerco inutilmente perché non ti so figurare dove e come vorrei. I primi tre giorni sono trascorsi tanto ineguali per me… che cosa posso dirti ancora, che cosa a te? Credo che tu saprai esser fedele. (…) Ti bacio più forte, più forte stasera mio Johnny, più forte di ieri.
Sono solo due piccoli esempi di quello che effettivamente è la relazione tra i due, ma il problema non è quello che non si dice, ma poi si scrive, ma quello che pericolosamente si sopporta e poi si rinuncia del tutto a patire. Nella seconda parte del romanzo, quella che per alcuni diventa addirittura ironica, si viene a sapere che il nobile e pallido Valentino (Palazzeschi ricorderà che per tutta la fanciullezza e fino a gioventù inoltrata, la mia faccia fu di un pallore piuttosto intenso, cosa che non garbava troppo a mia madre) si è ucciso (anche se successive indagini e peregrinazioni lo negano) e soprattutto i continui avvicendamenti col giovane John non portano assolutamente a nulla, nemmeno a scoprire eventuali motivi di un atto.
In realtà, al di là dell’effettivo suicidio di Valentino, gli eventuali motivi di una sua dipartita ci sono e sono quelli legati alla madre, che si uccise all’età di ventinove anni, gli stessi del giovane, e della sua prorompente presenza reale nella vita del giovane che, in alcune lettere a John, confessa di averla sentita e di averla persino vista.
Siamo di fronte ad un chiaro esempio di psicologia freudiana, di un processo di completa identificazione tra i due elementi. Il principe ripete il suicidio della madre per meglio conoscersi e raggiungerla dentro di sé. E in questa identificazione perde sostanza il rapporto vero e reale con il giovane John. Qualcuno ha invece detto che il triangolo psicanalitico omosessuale (soggetto, partner, madre) è illustrato narrativamente senza far ricorso alla psicanalisi, ad una profondità che sorprende e che deve aver sgomentato l’autore stesso.
Si diceva in precedenza del valore stilistico del romanzo: Palazzeschi lo ha definito liberty, qualcun altro, forse perché colpito dall’anno di uscita (1908) e considerando anche gli sviluppi del pensiero palazzeschiano ne ha visto degli sviluppi futuristi, altri, e personalmente lo vedo più attinente, lo ha esplicitato come decadente. Perché Valentino Kore è un personaggio tipicamente decadente, un aristocratico, un piccolo “superuomo” che vive per la religione della bellezza.
L’edizione da noi considerata è:
Aldo Palazzeschi
:Riflessi
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