DE FALSU CREDITU
Anna Maria Cremonesi
L'illune notte
Edizioni Andata e Ritorno, Pag. 214 Euro 14,00
Nell'oscurità Bembo camminava quatto, ma pur nell'anchilosata e brutta andatura dovuta al pericolo, sembrava un giovane e scattante scoiattolo. Facevo fatica a stargli dietro, impicciata nella gonna e nelle calze di lane che mamma, con un pizzico d'orgoglio, aveva lei stessa manufatte con la speranza che prendessi marito. M'avesse visto così, immersa nell'ombra e nella guerra! (Pag. 89).
L'illune notte, romanzo ambientato nei pressi di Staffolo Balbo, zona delle langhe e di pavesiana memoria, s'inserisce perfettamente nella tradizione della letteratura partigiana, sulla scia dell'opera prima di Calvino, di Vittorini e di Fenoglio.
Anna Maria Cremonesi fu davvero donna della Resistenza. E protagonista di staffette perigliose. Le staffette costituirono un ingranaggio importante della complessa macchina dell'esercito partigiano. Senza i collegamenti assicurati dalle staffette le direttive sarebbero rimaste lettera morta, gli aiuti, gli ordini, le informazioni non sarebbero arrivati nelle diverse zone. Delicato e duro, quasi sempre pericoloso era il loro lavoro; anche quando non attraversavano le linee durante il combattimento, sotto il fuoco del nemico, dovevano con materiale pericoloso, talvolta ingombrante, salire per le scoscese pendici dei monti, attraversare torrenti, percorrere centinaia di chilometri in bicicletta o in camion, spesso a piedi, non di rado sotto la pioggia e l'infuriare del vento. Pigiata in un treno, serrata tra le assi sconnesse di un carro bestiame, la staffetta trascorreva lunghe ore, costretta sovente a passare a notte ne e stazioni o in aperta campagna sfidando i pericoli dei bombardamenti e del tedesco in agguato.
Anna Maria Cremonesi di tutto questo è stata testimone. E la sua vena narrativa scaturisce da una dimensione spirituale che si collega ad un 'modus vivendi et sentiendi' in stretto rapporto con tutta la sua personalità. Si tratta in definitiva, di espressione sincera e immediata di uno stato d'animo che corrisponde perfettamente alla diurna, e molto spesso notturna, esperienza di guerra, vissuta e sofferta, intesa come ponte fra il quotidiano bellico e l'evasione verso la sua sublimazione: alla fine riconquistata armonia tra il reale e il soprareale, fra la vita e il sogno diventato poi anch'esso realtà.
Non chiusa nel carcere di una gelosa, e dunque sterile, intimità, ma tesa al dialogo, al bisogno di comunicare e di potenziare il discorso umano, ma anche alle strette impellenze di sopravvivenza: questi i segni della poetica cremonesiana.
Gioiva Bembo col suo fare da ragazzino quando seppe che i tedeschi si erano ritirati da Santo Stefano. Lo guardai per un attimo estasiata, arrovellandomi sul perché gli avessi negato l'affetto quando ne aveva bisogno lui e io sottraendoglielo morivo pian piano. Non gli dissi nulla nemmeno quando sposò la Memma. Che nella notte illune, mentre fregavo la pelle tra i rovi e le rocce, lei sognava di suo, del mondo a misura di donna.
Un libro da conservare anche accanto a Fenoglio.
L'illune notte, romanzo ambientato nei pressi di Staffolo Balbo, zona delle langhe e di pavesiana memoria, s'inserisce perfettamente nella tradizione della letteratura partigiana, sulla scia dell'opera prima di Calvino, di Vittorini e di Fenoglio.
Anna Maria Cremonesi fu davvero donna della Resistenza. E protagonista di staffette perigliose. Le staffette costituirono un ingranaggio importante della complessa macchina dell'esercito partigiano. Senza i collegamenti assicurati dalle staffette le direttive sarebbero rimaste lettera morta, gli aiuti, gli ordini, le informazioni non sarebbero arrivati nelle diverse zone. Delicato e duro, quasi sempre pericoloso era il loro lavoro; anche quando non attraversavano le linee durante il combattimento, sotto il fuoco del nemico, dovevano con materiale pericoloso, talvolta ingombrante, salire per le scoscese pendici dei monti, attraversare torrenti, percorrere centinaia di chilometri in bicicletta o in camion, spesso a piedi, non di rado sotto la pioggia e l'infuriare del vento. Pigiata in un treno, serrata tra le assi sconnesse di un carro bestiame, la staffetta trascorreva lunghe ore, costretta sovente a passare a notte ne e stazioni o in aperta campagna sfidando i pericoli dei bombardamenti e del tedesco in agguato.
Anna Maria Cremonesi di tutto questo è stata testimone. E la sua vena narrativa scaturisce da una dimensione spirituale che si collega ad un 'modus vivendi et sentiendi' in stretto rapporto con tutta la sua personalità. Si tratta in definitiva, di espressione sincera e immediata di uno stato d'animo che corrisponde perfettamente alla diurna, e molto spesso notturna, esperienza di guerra, vissuta e sofferta, intesa come ponte fra il quotidiano bellico e l'evasione verso la sua sublimazione: alla fine riconquistata armonia tra il reale e il soprareale, fra la vita e il sogno diventato poi anch'esso realtà.
Non chiusa nel carcere di una gelosa, e dunque sterile, intimità, ma tesa al dialogo, al bisogno di comunicare e di potenziare il discorso umano, ma anche alle strette impellenze di sopravvivenza: questi i segni della poetica cremonesiana.
Gioiva Bembo col suo fare da ragazzino quando seppe che i tedeschi si erano ritirati da Santo Stefano. Lo guardai per un attimo estasiata, arrovellandomi sul perché gli avessi negato l'affetto quando ne aveva bisogno lui e io sottraendoglielo morivo pian piano. Non gli dissi nulla nemmeno quando sposò la Memma. Che nella notte illune, mentre fregavo la pelle tra i rovi e le rocce, lei sognava di suo, del mondo a misura di donna.
Un libro da conservare anche accanto a Fenoglio.
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