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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Gino Bianchi

L'imputato

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Di motivi per giustificarsi ne avrebbe avuti a centinaia, e tutti indiscutibilmente validi. Ne aveva fatta una lista durante gli anni, una lista che cresceva di giorno in giorno, che aggiornava di continuo e che teneva sempre in tasca, piegata più volte perché ormai si era fatta ingombrante, scritta in una grafia minuta, con le parole scarabocchiate in ogni angolo e in ogni direzione, raggruppate per temi, anni, vocali o consonanti d'inizio. Ognuna di quelle parole avrebbe potuto azzittire gli accusatori per la logica soggiacente, per la forza delle ragioni, per l'incoerenza che denunciavano.

Ma scelse di dire la verità, per rimanere fedele al personaggio e a ciò che tutti si aspettavano da lui.

Fu per noia. Semplicemente. Forse il più umano dei sentimenti.

Fu solo per noia che alla vigilia di Pasqua Cristo scese dalla croce e sparì nella notte.

Fu come un conato di vomito improvviso che gli strinse lo stomaco e lo fece piegare in avanti, scuotendone le membra e facendolo sussultare.

Con un gesto rabbioso strappò i chiodi che lo costringevano in quella posizione pietosa, con un calcio scardinò il ferro che gli immobilizzava le gambe e con un salto fu giù dal patibolo.

In un primo momento gli sembrò strano, e dovette poggiarsi al leggio posto accanto all'altare per non finire a terra, ma poi lentamente le gambe si abituarono al peso, e Cristo sorrise soddisfatto.

Si sgranchì gli arti e il collo, si stiracchiò come un gatto, provando anche a fare un paio di saltelli: piegò il busto di lato-prima da una parte e poi dall'altra- e roteò le braccia come un pugile sul ring, poi cacciando un urlo di gioia corse fuori della chiesa, incontro non sapeva bene a cosa.

Lo ritrovarono dopo due giorni, ubriaco fradicio, seduto fuori di un'osteria, sporco e cencioso, che si sbellicava dalle risa con un senzatetto insieme al quale beveva vino in cartone.

A raccoglierlo fu un gendarme della guardia svizzera, sguinzagliato sulle sue tracce dopo che il centralino del Vaticano fu intasato da migliaia di telefonate che giungevano da ogni angolo del mondo per denunciare la dipartita del Cristo. Fedeli in crisi si ammassarono in piazza San Pietro per espiare i propri peccati, leggendo in quella sparizione l'annuncio della fine del mondo, giornali e televisioni pedinavano chiunque indossasse una tonaca per avere informazioni, edizioni speciali dei tg cercavano una spiegazione, eminenti personaggi del mondo della scienza e dello spettacolo -compreso l'ultimo vincitore del Grande Fratello- ogni giorno, dai salotti dei programmi pomeridiani, si scervellavano nell'interpretare l'insano gesto che stava costernando il mondo e gettando la Chiesa nel panico.

Così, quando il gendarme lo raccolse (lo riconobbe per le stigmate, segno inconfondibile) lo portò immediatamente davanti a Sua Santità il Papa, così com'era: sporco, ubriaco, e maleodorante.

Il papa lo guardò torvo e subito convocò il c.d.a., perché si ponesse fine a quello scempio e si trovasse una soluzione.

Perché? Questo si chiedevano tutti.

Il giorno del processo ci fu una diretta no stop a reti unificate, il mondo era con il fiato sospeso.

"Per noia".

La risposta, così diretta e spontanea, pronunciata senza alcun tentennamento, senza alcuna remora, lasciò i giudici spiazzati.

Gesù lo lesse chiaramente nei loro volti rubicondi e paonazzi, nei loro languidi occhi di vecchio.

"Si signori, è stato per noia che me ne sono andato".

Ora, ciò che risultava incomprensibile ai porporati radunati per giudicarlo era come quel sentimento fosse potuto sorgere in un tipo come lui. Non era contemplato in nessun codice, in nessuno scritto; in nessuna biografia o parabola, in nessun resoconto o aneddoto che lo riguardasse era mai stato detto che la noia potesse colpirlo.

Per questo sospettarono che ci fosse qualcosa di più. Un malessere profondo e in qualche modo inconfessabile che lo avesse portato a compiere un gesto tanto grave.

Ma con un candore disarmate l'imputato ripetè il suo movente: fu soltanto per noia.

Un brusio lamentoso e stizzito si levò dalla commissione.

"tutto ciò e inaccettabile!" sentenziò il più anziano della congrega, il membro più influente della giuria, nientepopodimenoché sua Santità.

C'era una folla oceanica che aspettava di sapere, a stento si era riusciti a tenere le telecamere fuori dell'aula, rinunciando alla proposta indecente di una emittente televisiva che aveva offerto un milione di euro al minuto per la diretta del processo, rifiuto che costò caro, in termini economici, perché quello era il processo del secolo, ma che dico, dei secoli dei secoli, il processo più importante dell'intera storia dell'umanità.

Ma proprio per questo andava celebrato nel chiuso dell'aula vuota, lontano dagli occhi indiscreti e dalla concupiscenza dei media, che altro non facevano che speculare sulle disgrazie e quella era veramente una disgrazia!

"c'è il mondo intero che aspetta una risposta! E noi cosa gli raccontiamo! Che è stato soltanto per noia! Ma via, siamo seri, già tutto questo è ridicolo, non possiamo mica scadere nel grottesco!"

Era furioso il giudice, aveva ringhiato quelle parole tutte d'un fiato, sparando sputacchi che arrivarono oltre il banco e investirono l'imputato sul volto, ma quello rimase impassibile, con un espressione serafica in volto che non tradiva il minimo imbarazzo.

"si rende conto dell'importanza delle sue parole, delle conseguenze gravissime del suo gesto, dell'imbarazzo nel quale è stata gettata questa commissione!" tuonò un altro dei giudici, il Vescovo di Colonia, da poco uscito indenne da uno scandalo sessuale.

"sinceramente, non capisco di cosa stia parlando" rispose l'imputato con una punta di sarcasmo.

"provi lei a starsene per duemila anni appeso ad una croce, e poi mi dirà se il mio è stato un gesto insensato!" insistette l'uomo guardando i giurati dritto negli occhi.

"semplicemente mi ero stancato: stare tutti i giorni di tutti gli anni appeso a quel legno, in una posizione poi per niente comoda, a fare cosa! Ad ascoltare sempre i soliti piagnistei, le solite lamentele, le solite richieste.

A sentir ripetere ogni domenica le stesse parole, che poi mi sono state attribuite da non so chi, sia detto e messo per iscritto che io non confermo nulla di quanto mi e stato attribuito, che non riconosco valida nessuna delle interpretazioni che e stata fatta del mio pensiero. Ma non ho detto nulla per tutto questo tempo, ho lasciato che altri si appropriassero del mio nome e lo spendessero come meglio hanno creduto.

Ora non capisco il perché di tanto rumore se ho deciso di lasciare il mio posto e prendermi una vacanza.

Non e mica semplice il lavoro di agnello di dio!"

Bocche spalancate, mascelle pendenti, occhi sgranati.

"le sue affermazioni sono gravi..." sentenziò il presidente del tribunale, il capo dei capi, quello al quale era stata attribuita la sussidiarietà del ruolo di figlio di dio, con la voce resa metallica dal suo accento tedesco.

Aveva dovuto rinunciare alle sue di vacanze, all'ombra del giardino sulle sponde del lago, per essere convocato con urgenza a presiedere quel processo e in tutta fretta era dovuto tornare al suo Ufficio.

"la sua e un'accusa di plagio bella e buona!" insistette.

"e di cos'altro si tratta se non di plagio!" rispose il cristo, senza peli sulla lingua.

"avete preso le mie parole e usate come più vi ha fatto comodo. Ce ne sarebbe per una richiesta di risarcimento alla SIAE".

"Impossibile" urlò il cancelliere, che era stato fino a quel momento con la testa china sulle carte "i diritti erano liberi, non sono mai stati depositati. Lei stesso poi, ha appena dichiarato di non aver mai confermato quanto le è stato attribuito" disse trionfante, raccogliendo i gesti d'approvazione del resto della giuria.

A questo punto erano sicuri di averlo messo in difficoltà.

"lei e venuto meno ai suoi doveri, è rimasto in silenzio per la bellezza di duemilaundici anni; anche in assenza di un contratto firmato, per la norma del silenzio assenso lei ha accettato tutto quanto le è stato attribuito; per consuetudine ha ricoperto un ruolo che a questo punto potrei anche insinuare che sia stato usurpato. Se c'è una parte lesa qui siamo noi!" continuo il cancelliere, guardando l'imputato da dietro le lenti spesse.

Sorpreso, Cristo rimase un istante senza parole "credo..." comincio a balbettare" credo che dovremmo ricontrattare i termini del....i termini del nostro accordo..." la sua espressione si fece meno sicura, non si aspettava, quando decise di scendere dalla croce per sgranchirsi le gambe con una passeggiata, per rinfrescarsi con una birra, di sollevare un simile polverone.

I giudici colsero subito quella debolezza e decisero di approfittarne, di incalzarlo con domande e insinuazioni per piegarne le ultime difese.

"le risulta che qualcuno dei suoi predecessori abbia mai fatto una cosa simile!" riprese il presidente.

"Le risulta che ci sia mai stato un santo, o un beato, ma anche un semplice predicatore prima di ei che si sia preso la libertà di andarsene, gettando nello scompiglio l'intera azienda!"

Pur se stordito Cristo sembrò riprendesi e tentare una controffensiva: "non mi sembra siano questi i termini della discussione, qui si equipara il mio ruolo a quello di un semplice impiegato! Ma dopo tutto sono o no il figlio del presidente!" disse soddisfatto, certo che il ricordare i suoi ascendenti avrebbe avuto un peso non indifferente nel dibattito. Voglio proprio vedere chi osa correre il rischio di inimicarsi il principale pensò il pover'uomo.

"presidente onorario" scandì le parole il Papa con aria trionfante. "presidente onorario" ripetè, affinché fosse evidente a tutti la distinzione.

"la sua quota in azienda è puramente formale, non siede nel consiglio d'amministrazione." Le parole rimasero sospese nell'aria e nessuno parlò più.

Il povero Gesù rimase anche lui in silenzio, chiuso nei suoi pensieri. Quella constatazione gli chiudeva ogni via di fuga, ogni possibilità di controbattere. Passarono lunghi minuti di un silenzio pesante, i giudici del tribunale ecclesiastico fissavano l'uomo alla sbarra con ciglio severo e aria soddisfatta, mentre quello si faceva piccolo - piccolo e guardava a terra, fissando la punta dei piedi scalzi.

Fu di nuovo il Santo Padre a rompere il silenzio: "mio caro, si sarà reso conto che la situazione è senza sbocco, non ha niente in mano, la legge ci tutela. Pensi alla delusione che hanno provato i suoi ammiratori nel non trovarla al solito posto. Alla vigilia di Pasqua poi! Proprio nel momento in cui lei è la star assoluta.

Pensi al danno d'immagine che ci ha provocato con la sua bravata" concluse il santo padre lasciando la frase sospesa e rimase in attesa, scrutando il volto dell'imputato che si faceva rosso per la vergogna.

Ormai vinto il Cristo azzardò: " passi per l'aver travisato le mie parole, per avermi attribuito una volontà del tutto posticcia e menzoniera, per esservi fatti scudo del mio nome per le vostre azioni, e per tante altre cose che sono scritte qui, in questa lista che ho redatto nel tempo. Passi tutto, ma vi chiedo per favore se almeno in estate fosse possibile...una settimana...." I giudici continuarono a fissarlo impassibili, mentre mesto lasciava il banco e si consegnava ai gendarmi " un paio di giorni a ferragosto...non viene nessuno in chiesa...." Provò a insistere mentre i militari lo aiutavano a risalire sulla croce facendo la scaletta con le mani intrecciate.

Il papa sorrise paterno: " è un duro mestiere, ma chi non porta la sua croce!"

Così, dopo una breve fuga, il Cristo finì di nuovo in croce, questa volta per essere stato troppo umano; tutto finì lì, le televisioni annunciarono la conclusione del processo, il pubblico esultò, e tutto torno alla normalità.





Gino Bianchi



E' nato a Roma il 6-3-1973. Laureato in lettere, è dal 2003 membro della onlus Fotografi Senza Frontiere. Ha realizzato diversi documentari e reportages con il regista Sergio Lo Cascio e il fotografo Giorgio Palmera.





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