RECENSIONI
Greg Mortenson
La bambina che scriveva sulla sabbia
Rizzoli, Pag. 442 Euro 19,50
Cominciamo dai difetti, tanto per toglierci il pensiero. A qualche palato fine può non garbare il tono epico-disneyano, il buonismo, il fatto che questo libro sia pieno di americani buoni e, addirittura, di soldati americani buonissimi. Può non garbare l'ottimismo a oltranza, la fiducia quasi scandalosa nel genere umano, l'entusiasmo con cui sono descritti i personaggi, la gioia di meravigliarsi e l'ingenuità di credere allo straordinario. Per non parlare della citazione che l'Autore fa dall'inizio alla fine, in modo martellante, del suo precedente libroTre tazze di tè. Tutte cose poco sopportabili se si trattasse di un romanzo, ma trattandosi in sostanza di un reportage si deve ammettere che questo è un bellissimo libro.
Mortenson, ex scalatore himalayano, ha scoperto a un certo punto della vita che il suo ruolo nel mondo era quello di dedicare anima e corpo all'alfabetizzazione dei più poveri e dei più lontani fra gli abitanti del Pakistan e dell'Afganistan, e quindi di aprire scuole in luoghi improbabili e a stento raggiungibili, con l'obiettivo primario di incrementare in modo significativo l'alfabetizzazione femminile.
Lo sostiene in questo la consapevolezza del fatto che le giovani donne rappresentano il maggior potenziale di cambiamento per i Paesi in via di sviluppo e che l'istruzione femminile produce conseguenze positive come la diminuzione della mortalità infantile, l'aumento del reddito pro capite, il miglioramento delle condizioni sanitarie, un incremento demografico più controllato e una maggiore refrattarietà al diffondersi del fondamentalismo.
Fin qui non c'e da meravigliarsi. La vera scoperta è l'urgenza con cui le popolazioni stesse, pur pressate da problemi di importanza vitale, avvertono il bisogno di istruzione per i loro figli.
Nelle terre poverissime da dove erano giunti questi uomini (si riferisce ai chirghisi dell'Alto Pamir) le condizioni di vita si erano talmente inasprite che le loro famiglie, come anche i greggi di cammelli, pecore e yak, rischiavano ogni inverno di morire di fame. Eppure, con tutto quello che mancava alla sua gente, ciò che Abdul Rashid desiderava più di ogni altra cosa era dare la possibilità ai loro bambini di imparare a leggere e scrivere.
Nelle sue imprese Mortenson è coadiuvato da un manipolo di uomini che chiama "sporca dozzina", e che in effetti nasce da un assortimento piuttosto eterogeneo.
...un massiccio membro di una tribù della valle del Charpurson che un tempo faceva lo sherpa sul K2 (...) insiste per farmi da guardia del corpo. (...) Hussein, un fumatore incallito dal viso scarno che poteva essere lunatico e volubile, prendeva così sul serio i suoi compiti di autista che insisteva per sistemare una scatola di dinamite sotto il sedile del passeggero, dove di solito mi metto io, per fare saltare in aria le frane e le valanghe che spesso ostruiscono le strade del Karakorum.(...) Poi c'è Apo Abdul Razak, un minuscolo cuoco settantacinquenne dalle gambe arcuate (...) la sua sincerità profonda e limpida lo rende caro a tutti (...) appiana dispute con mullah recalcitranti, avidi burocrati e banditi dal pessimo carattere.
Il più pittoresco è però l'infaticabile Sarfraz Khan, l'uomo di punta di tutte le avventure..
C'era chi lo descriveva come un miscuglio di contraddizioni: un ex membro di un commando specializzato in combattimenti ad alta quota che scorrazzava su un Land Cruiser Toyota, adorava la musica e il ballo e in montagna indossava un borsalino blu pavone alla Dick Tracy. (...) Le sue capacità di tiratore , di cavallerizzo e di dentista erano leggendarie...
Ce n'è abbastanza per capire che il libro si snoda come un film d'azione che tiene il fiato sospeso, con in più la consapevolezza che si tratta di situazioni reali e che vi si agisce per una buona causa. A complicare continuamente lo scenario ci sono le guerre, il terrorismo dei talebani e il catastrofico terremoto del 2005. Da leggere, anche per rivedere tanti luoghi comuni.
di Giovanna Repetto
Mortenson, ex scalatore himalayano, ha scoperto a un certo punto della vita che il suo ruolo nel mondo era quello di dedicare anima e corpo all'alfabetizzazione dei più poveri e dei più lontani fra gli abitanti del Pakistan e dell'Afganistan, e quindi di aprire scuole in luoghi improbabili e a stento raggiungibili, con l'obiettivo primario di incrementare in modo significativo l'alfabetizzazione femminile.
Lo sostiene in questo la consapevolezza del fatto che le giovani donne rappresentano il maggior potenziale di cambiamento per i Paesi in via di sviluppo e che l'istruzione femminile produce conseguenze positive come la diminuzione della mortalità infantile, l'aumento del reddito pro capite, il miglioramento delle condizioni sanitarie, un incremento demografico più controllato e una maggiore refrattarietà al diffondersi del fondamentalismo.
Fin qui non c'e da meravigliarsi. La vera scoperta è l'urgenza con cui le popolazioni stesse, pur pressate da problemi di importanza vitale, avvertono il bisogno di istruzione per i loro figli.
Nelle terre poverissime da dove erano giunti questi uomini (si riferisce ai chirghisi dell'Alto Pamir) le condizioni di vita si erano talmente inasprite che le loro famiglie, come anche i greggi di cammelli, pecore e yak, rischiavano ogni inverno di morire di fame. Eppure, con tutto quello che mancava alla sua gente, ciò che Abdul Rashid desiderava più di ogni altra cosa era dare la possibilità ai loro bambini di imparare a leggere e scrivere.
Nelle sue imprese Mortenson è coadiuvato da un manipolo di uomini che chiama "sporca dozzina", e che in effetti nasce da un assortimento piuttosto eterogeneo.
...un massiccio membro di una tribù della valle del Charpurson che un tempo faceva lo sherpa sul K2 (...) insiste per farmi da guardia del corpo. (...) Hussein, un fumatore incallito dal viso scarno che poteva essere lunatico e volubile, prendeva così sul serio i suoi compiti di autista che insisteva per sistemare una scatola di dinamite sotto il sedile del passeggero, dove di solito mi metto io, per fare saltare in aria le frane e le valanghe che spesso ostruiscono le strade del Karakorum.(...) Poi c'è Apo Abdul Razak, un minuscolo cuoco settantacinquenne dalle gambe arcuate (...) la sua sincerità profonda e limpida lo rende caro a tutti (...) appiana dispute con mullah recalcitranti, avidi burocrati e banditi dal pessimo carattere.
Il più pittoresco è però l'infaticabile Sarfraz Khan, l'uomo di punta di tutte le avventure..
C'era chi lo descriveva come un miscuglio di contraddizioni: un ex membro di un commando specializzato in combattimenti ad alta quota che scorrazzava su un Land Cruiser Toyota, adorava la musica e il ballo e in montagna indossava un borsalino blu pavone alla Dick Tracy. (...) Le sue capacità di tiratore , di cavallerizzo e di dentista erano leggendarie...
Ce n'è abbastanza per capire che il libro si snoda come un film d'azione che tiene il fiato sospeso, con in più la consapevolezza che si tratta di situazioni reali e che vi si agisce per una buona causa. A complicare continuamente lo scenario ci sono le guerre, il terrorismo dei talebani e il catastrofico terremoto del 2005. Da leggere, anche per rivedere tanti luoghi comuni.
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