RECENSIONI
Stefano Bernazzani
La stracciata pazzia
Mobydick, Pag. 267 Euro 18.00
In un blog che tratta di questioni di psicopatologia ho letto: Perché quando cammino per strada ho l'istinto di evitare di pestare le righe dei mattoni? Lo faccio spesso, anche involontariamente. Quando cammino per strada o anche in luoghi chiusi, insomma dove ci sono mattonature, mi viene istintivo cercare di non "schiacciare" le linee che separano ogni mattone. Siccome in un test universitario, alla parte psicoattitudinale, mi veniva chiesto se lo facevo, mi chiedo ora se ci sia qualche significato associato a questa abitudine inconscia.
Ce l'avevo anch'io questa abitudine e non solo: in casa giocavo a pallacanestro, senza avere il canestro, ma facevo punti quando centravo la linea orizzontale della porta del bagno che separava l'entrata dalla parte superiore in vetro (chissà perché poi il vetro in alto) e in più nei movimenti per 'centrare' il bersaglio mi preoccupavo, anche quando correvo o mi spostavo rapido, di non calpestare le righe del mattone del corridoio.
Da un po' di anni questa ossessione mi è passata (i clinici hanno osato parlare di ossessione compulsiva), ma ogni tanto mi capita, quando vado al lavoro, passando sotto la Galleria Caracciolo che sta prima di Piazza Indipendenza, di non calpestare le righe della mattonatura in marmo che quotidianamente viene pulita per dar ancor più risalto alla nuova illuminazione.
Dunque?
In letteratura esistono gli 'ossessivi compulsivi', quelli che reiterano i loro misfatti (ma a volte misfatti non sono, sono solo limiti strutturali), quelli che credono che non calpestare le righe non sia solo un chiodo fisso, ma anche sintomo di santità mentale.
Perché poi diciamocelo, per evitare le linee bisogna avere andatura ferma e sicura (un ubriaco per esempio non ci riuscirebbe), una postura che scansi gli sbilanciamenti laterali, i colpi di coda, le improvvise deviazioni.
Bernazzani ha scritto un libro dove è impossibile deviare dal 'buon costume', dallo stile piano e apparentemente deciso, dalla consuetudine. Bernazzani di sicuro non calpesta le righe dei mattoni (figuriamoci le aiuole) e ci parla di quattro amici, di una fabbrica in crisi, di cassintegrati, di un piano terroristico, di una bomba che esplode e della vita che va.
Tutto perfetto, tutto preciso, tutto da primo della classe che ottiene i voti migliori non perché sia brillante, ma solo perché è diligente.
Una volta dissi alla mia professoressa che il tema di un compagno a cui aveva dato sette più in realtà faceva schifo al cazzo. Diventò livida e mi disse che avrei dovuto vergognarmi. La volta dopo il suo giudizio al mio tema fu: meritavi otto, peccato la punteggiatura, sei meno.
Ora lei è morta, e io scrivo correttamente, usando anche nel migliore dei modi la punteggiatura. Ma i primi della classe ho continuato a non digerirli.
di Franco del Rio
Ce l'avevo anch'io questa abitudine e non solo: in casa giocavo a pallacanestro, senza avere il canestro, ma facevo punti quando centravo la linea orizzontale della porta del bagno che separava l'entrata dalla parte superiore in vetro (chissà perché poi il vetro in alto) e in più nei movimenti per 'centrare' il bersaglio mi preoccupavo, anche quando correvo o mi spostavo rapido, di non calpestare le righe del mattone del corridoio.
Da un po' di anni questa ossessione mi è passata (i clinici hanno osato parlare di ossessione compulsiva), ma ogni tanto mi capita, quando vado al lavoro, passando sotto la Galleria Caracciolo che sta prima di Piazza Indipendenza, di non calpestare le righe della mattonatura in marmo che quotidianamente viene pulita per dar ancor più risalto alla nuova illuminazione.
Dunque?
In letteratura esistono gli 'ossessivi compulsivi', quelli che reiterano i loro misfatti (ma a volte misfatti non sono, sono solo limiti strutturali), quelli che credono che non calpestare le righe non sia solo un chiodo fisso, ma anche sintomo di santità mentale.
Perché poi diciamocelo, per evitare le linee bisogna avere andatura ferma e sicura (un ubriaco per esempio non ci riuscirebbe), una postura che scansi gli sbilanciamenti laterali, i colpi di coda, le improvvise deviazioni.
Bernazzani ha scritto un libro dove è impossibile deviare dal 'buon costume', dallo stile piano e apparentemente deciso, dalla consuetudine. Bernazzani di sicuro non calpesta le righe dei mattoni (figuriamoci le aiuole) e ci parla di quattro amici, di una fabbrica in crisi, di cassintegrati, di un piano terroristico, di una bomba che esplode e della vita che va.
Tutto perfetto, tutto preciso, tutto da primo della classe che ottiene i voti migliori non perché sia brillante, ma solo perché è diligente.
Una volta dissi alla mia professoressa che il tema di un compagno a cui aveva dato sette più in realtà faceva schifo al cazzo. Diventò livida e mi disse che avrei dovuto vergognarmi. La volta dopo il suo giudizio al mio tema fu: meritavi otto, peccato la punteggiatura, sei meno.
Ora lei è morta, e io scrivo correttamente, usando anche nel migliore dei modi la punteggiatura. Ma i primi della classe ho continuato a non digerirli.
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