CLASSICI
Alfredo Ronci
Ma quali spettri. Solo l’incanto: “Storie di spettri” di Mario Soldati.
Diceva Orazio… Aut insanit homo aut versus facit, cioè o è matto o compone versi. Considerando con chi abbiamo a che fare direi che compone versi, anche se sulla sua presunta pazzia mi piacerebbe anche indagare. Ovviamente si scherza.
Mario Soldati è stato un grande scrittore, a prenderla alla leggera, perché se vogliamo indagare su tutto quello che ha prodotto e fatto, altro che due paginette di questa rivista ci basterebbe. Ma noi, proprio perché abbiamo un’etichettatura ben definita, ci limitiamo appunto a considerare l’attività narrativa di questo grande torinese.
E anche sull’aspetto letterario c’è poco da stare allegri (nel senso che tante sono le opere di Soldati e spesso e volentieri appena al di fuori di certi canoni). Pur avendo avuto un’educazione completamente cattolica (ottenne la licenza liceale dai Padri Gesuiti) nelle sue opere c’è sempre qualche elemento che lo fa distogliere dal senso comune. Basti pensare al suo libro d’esordio, Salmace, che porta in primo piano situazioni del tutto nuove, come l’ermafroditismo e certe tensioni omosessuali, (classico questo che ancora non lo abbiamo inserito nella nostra lista, ma che ben presto avrà una sua rivalutazione e che tra l’altro fece gridare allo scandalo il non proprio viziato Eugenio Montale) o quella sotto-specie di giallo mancato che è La verità sul caso Motta, o L’attore, sorta di storia molto popolare che fu anche un discreto successo commerciale.
I più informati noteranno che non abbiamo menzionato titoli come Le lettere da Capri o America primo amore, certo tra i più conosciuti e apprezzati da parte del pubblico che seguiva Soldati, ma che sono sfuggiti non perché da noi ritenuti inferiori, anzi, ma solo perché, nella stragrande produzione dello scrittore, era giusto indicarne alcuni invece di altri solo per qualche curiosità diversa.
Questo Storie di spettri manca di un qualcosa. Cerco di spiegare. Soprattutto negli ultimi tempi, quando qualche editore ha voluto tracciare l’identità dei generi letterari, pubblicando antologie a loro dedicate, Soldati è sempre stato presente. Sia per quanto riguarda il poliziesco (pensiamo a Tutti i racconti del maresciallo), sia per quanto riguarda la fantascienza e sia per quanto riguarda il gotico.
Bene, qualcuno potrebbe pensare che Storie di spettri sia davvero un excursus letterario dello scrittore in ambito gotico. Ebbene no. Stavolta Soldati lascia stare le storie fantastiche e tranne due o forse tre casi veramente ancora da decifrare, il resto è solo una collezione di amori perduti e mai riconquistati (amori normali però).
Crediamo sia stato solo un caso, e nessuna intenzione di confusionare il classico lettore dello scrittore. Anche perché, al di là di ogni altra considerazione che si possa fare, il genere gotico era comunque presente nelle vicende del libro. Pensiamo a quello che c’è scritto a pag. 241: “Non nego l’esistenza dei fantasmi” dissi io. “Soltanto, non ne ho mai visti. Fatti strani; intuizioni stupefacenti; certezza di avvenimenti, di cui non ero informato, e che, poi ho saputo, erano realmente accaduti, e accaduti così come li avevo pensati: questo sì: ma insomma, poteva sempre trattarsi di coincidenze. E tu?”
“Anch’io come te. Non ho mai visto fantasmi. Sono sicuro che ne avrei terrore. Tuttavia, è un’esperienza che vorrei avere. Mi interessa, mi affascina: ci credo perché mi piace di crederci.”
E successivamente Soldati si fa anche più preciso e risolutore: Spettri meno rari e meno spaventosi, ma spettri anch’esse: brevi e casuali squarci nella tela che si chiude, tessuta coi fili incrociati della morte e della vita, del tempo e dello spazio e della materia… Squarci, spettri, specchi, trasparenze barlumi di verità.
Lo ripetiamo: sono solo segni, che probabilmente nulla hanno a che vedere con l’impianto totale dell’opera, che forse era solo un tentativo, da parte di Soldati, di tracciare parte del tempo che se n’era andato. Perché se c’è qualcosa di magico e affascinante nella scrittura di Soldati è questa sensazione di malinconia che cresce e alla fine soggioga, I ritratti delle persone che caratterizzano questi racconti sono a volte pallidi ricordi di un passato che però sembra presente. Non è un caso che anche nel cinema Soldati abbia voluto indagare sul passato. Pensiamo a Piccolo mondo antico, a Eugenia Grandet e soprattutto a quel delicatissimo film Policarpo, ufficiale di scrittura che valse al protagonista, Renato Rascel, il Nastro d’argento.
Della serie: con Soldati dove pescate pescate bene.
L’edizione da noi considerata è:
Mario Soldati
Storie di spettri
Mondadori
Mario Soldati è stato un grande scrittore, a prenderla alla leggera, perché se vogliamo indagare su tutto quello che ha prodotto e fatto, altro che due paginette di questa rivista ci basterebbe. Ma noi, proprio perché abbiamo un’etichettatura ben definita, ci limitiamo appunto a considerare l’attività narrativa di questo grande torinese.
E anche sull’aspetto letterario c’è poco da stare allegri (nel senso che tante sono le opere di Soldati e spesso e volentieri appena al di fuori di certi canoni). Pur avendo avuto un’educazione completamente cattolica (ottenne la licenza liceale dai Padri Gesuiti) nelle sue opere c’è sempre qualche elemento che lo fa distogliere dal senso comune. Basti pensare al suo libro d’esordio, Salmace, che porta in primo piano situazioni del tutto nuove, come l’ermafroditismo e certe tensioni omosessuali, (classico questo che ancora non lo abbiamo inserito nella nostra lista, ma che ben presto avrà una sua rivalutazione e che tra l’altro fece gridare allo scandalo il non proprio viziato Eugenio Montale) o quella sotto-specie di giallo mancato che è La verità sul caso Motta, o L’attore, sorta di storia molto popolare che fu anche un discreto successo commerciale.
I più informati noteranno che non abbiamo menzionato titoli come Le lettere da Capri o America primo amore, certo tra i più conosciuti e apprezzati da parte del pubblico che seguiva Soldati, ma che sono sfuggiti non perché da noi ritenuti inferiori, anzi, ma solo perché, nella stragrande produzione dello scrittore, era giusto indicarne alcuni invece di altri solo per qualche curiosità diversa.
Questo Storie di spettri manca di un qualcosa. Cerco di spiegare. Soprattutto negli ultimi tempi, quando qualche editore ha voluto tracciare l’identità dei generi letterari, pubblicando antologie a loro dedicate, Soldati è sempre stato presente. Sia per quanto riguarda il poliziesco (pensiamo a Tutti i racconti del maresciallo), sia per quanto riguarda la fantascienza e sia per quanto riguarda il gotico.
Bene, qualcuno potrebbe pensare che Storie di spettri sia davvero un excursus letterario dello scrittore in ambito gotico. Ebbene no. Stavolta Soldati lascia stare le storie fantastiche e tranne due o forse tre casi veramente ancora da decifrare, il resto è solo una collezione di amori perduti e mai riconquistati (amori normali però).
Crediamo sia stato solo un caso, e nessuna intenzione di confusionare il classico lettore dello scrittore. Anche perché, al di là di ogni altra considerazione che si possa fare, il genere gotico era comunque presente nelle vicende del libro. Pensiamo a quello che c’è scritto a pag. 241: “Non nego l’esistenza dei fantasmi” dissi io. “Soltanto, non ne ho mai visti. Fatti strani; intuizioni stupefacenti; certezza di avvenimenti, di cui non ero informato, e che, poi ho saputo, erano realmente accaduti, e accaduti così come li avevo pensati: questo sì: ma insomma, poteva sempre trattarsi di coincidenze. E tu?”
“Anch’io come te. Non ho mai visto fantasmi. Sono sicuro che ne avrei terrore. Tuttavia, è un’esperienza che vorrei avere. Mi interessa, mi affascina: ci credo perché mi piace di crederci.”
E successivamente Soldati si fa anche più preciso e risolutore: Spettri meno rari e meno spaventosi, ma spettri anch’esse: brevi e casuali squarci nella tela che si chiude, tessuta coi fili incrociati della morte e della vita, del tempo e dello spazio e della materia… Squarci, spettri, specchi, trasparenze barlumi di verità.
Lo ripetiamo: sono solo segni, che probabilmente nulla hanno a che vedere con l’impianto totale dell’opera, che forse era solo un tentativo, da parte di Soldati, di tracciare parte del tempo che se n’era andato. Perché se c’è qualcosa di magico e affascinante nella scrittura di Soldati è questa sensazione di malinconia che cresce e alla fine soggioga, I ritratti delle persone che caratterizzano questi racconti sono a volte pallidi ricordi di un passato che però sembra presente. Non è un caso che anche nel cinema Soldati abbia voluto indagare sul passato. Pensiamo a Piccolo mondo antico, a Eugenia Grandet e soprattutto a quel delicatissimo film Policarpo, ufficiale di scrittura che valse al protagonista, Renato Rascel, il Nastro d’argento.
Della serie: con Soldati dove pescate pescate bene.
L’edizione da noi considerata è:
Mario Soldati
Storie di spettri
Mondadori
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