RECENSIONI
Adelia Battista
Ortese segreta
Minimum fax, Pag. 103 Euro 7,50
Insisto col cinema. Mi capita raramente di uscire da una sala perché la pellicola è invedibile. L'ho fatto con Scoprendo Forrester, un filmaccio di un regista che tra l'altro rispetto e seguo: Gus Van Sant. Protagonista è un sedicenne che va male a scuola, ma è un asso del basket, che alla fine fa amicizia con uno scrittore scorbutico, segregato dal mondo, con la puzza al naso.
Qualcuno ha sibilato (come i serpenti) che il ruolo di Sean Connery ricordasse in qualche modo alcuni scrittori americani, e per la precisione quelli che quando si accorgono che non hanno nulla da dire (ammettendo che l'abbiano mai avuto) si arroccano sul loro personale aventino, alimentando il mito. Leggi: quelle fetecchie di Pynchon e Salinger (vedrete che prima o poi lo farà pure De Lillo).
Per fortuna che esistono invece degli scrittori che fuggono dal mondo non per egotismo, ma per l'ansia e lo struggimento che da esso scaturisce.
Il sentito diario e il ritratto intimo che Adelia Battista ha fatto su Anna Maria Ortese ne è la testimonianza. Considerata ormai dai più (e se ne convincessero anche i più recalcitranti) la più grande scrittrice del nostro novecento, ha vissuto la sua esistenza, soprattutto gli ultimi anni, in perfetta solitudine, 'spalleggiata' solo dall'amata sorella con cui divideva un appartamento a Rapallo.
Adelia Battista ha avuto la fortuna di frequentarla nell'ultimo periodo (ricordiamo che la Ortese è mancata nel 2003) e in questo libriccino ci racconta le ansie, i dolori, il rammarico, i rimpianti, le frustrazioni di una donna unica nel panorama letterario. Talmente unica che Bellezza, amico tra l'altro della Ortese, intuì sicuramente, tra i primi e fra i pochi, l'immenso talento e affermando come la si potesse tranquillamente definire una sperimentatrice della lingua italiana: per la libertà di fronte ai canoni conformistici della scrittura, per l'autonoma inventiva letteraria che le fa rompere forme e schemi senza mai rientrare in un singolo genere. Per aver raggiunto il massimo di capacità sperimentale che uno scrittore avesse mai perseguito in Italia. (Pag.57-58).
Il libro ricostruisce anche brevemente alcune vicissitudini della Ortese: per esempio la sorte toccata al suo libro Angelici dolori, pubblicato nel 1937 (e sul quale Croce: La sua raccolta è veramente bellina) e poi praticamente sparito e solo nel 2006 riapparso negli Adelphi; o le polemiche che suscitò Il mare non bagna Napoli osteggiato dai napoletani più rancorosi e che fu motivo della fuga della scrittrice dall'amata città.
Ma nel 'diario' della Battista ci sono ammirazione e rispetto per una donna lontana dalle suggestioni modaiole dei salotti letterari e dai circuiti del presenzialismo più sciocco ed inutile: nella Ortese sopravviveva invece solo la recrudescenza del passato, quasi in forma di panico. Nelle righe del Cardillo addolorato di questo vi è conferma: Rievocare i paesaggi del passato non si può, diremo che Dio non vuole; vi è in essi alcunché dell'Eden consentito all'uomo una volta sola.
Forse non le era consentito la rivisitazione del passato, ma l'ombra aleggiava sulla sua straordinaria scrittura.
Toccante.
di Alfredo Ronci
Qualcuno ha sibilato (come i serpenti) che il ruolo di Sean Connery ricordasse in qualche modo alcuni scrittori americani, e per la precisione quelli che quando si accorgono che non hanno nulla da dire (ammettendo che l'abbiano mai avuto) si arroccano sul loro personale aventino, alimentando il mito. Leggi: quelle fetecchie di Pynchon e Salinger (vedrete che prima o poi lo farà pure De Lillo).
Per fortuna che esistono invece degli scrittori che fuggono dal mondo non per egotismo, ma per l'ansia e lo struggimento che da esso scaturisce.
Il sentito diario e il ritratto intimo che Adelia Battista ha fatto su Anna Maria Ortese ne è la testimonianza. Considerata ormai dai più (e se ne convincessero anche i più recalcitranti) la più grande scrittrice del nostro novecento, ha vissuto la sua esistenza, soprattutto gli ultimi anni, in perfetta solitudine, 'spalleggiata' solo dall'amata sorella con cui divideva un appartamento a Rapallo.
Adelia Battista ha avuto la fortuna di frequentarla nell'ultimo periodo (ricordiamo che la Ortese è mancata nel 2003) e in questo libriccino ci racconta le ansie, i dolori, il rammarico, i rimpianti, le frustrazioni di una donna unica nel panorama letterario. Talmente unica che Bellezza, amico tra l'altro della Ortese, intuì sicuramente, tra i primi e fra i pochi, l'immenso talento e affermando come la si potesse tranquillamente definire una sperimentatrice della lingua italiana: per la libertà di fronte ai canoni conformistici della scrittura, per l'autonoma inventiva letteraria che le fa rompere forme e schemi senza mai rientrare in un singolo genere. Per aver raggiunto il massimo di capacità sperimentale che uno scrittore avesse mai perseguito in Italia. (Pag.57-58).
Il libro ricostruisce anche brevemente alcune vicissitudini della Ortese: per esempio la sorte toccata al suo libro Angelici dolori, pubblicato nel 1937 (e sul quale Croce: La sua raccolta è veramente bellina) e poi praticamente sparito e solo nel 2006 riapparso negli Adelphi; o le polemiche che suscitò Il mare non bagna Napoli osteggiato dai napoletani più rancorosi e che fu motivo della fuga della scrittrice dall'amata città.
Ma nel 'diario' della Battista ci sono ammirazione e rispetto per una donna lontana dalle suggestioni modaiole dei salotti letterari e dai circuiti del presenzialismo più sciocco ed inutile: nella Ortese sopravviveva invece solo la recrudescenza del passato, quasi in forma di panico. Nelle righe del Cardillo addolorato di questo vi è conferma: Rievocare i paesaggi del passato non si può, diremo che Dio non vuole; vi è in essi alcunché dell'Eden consentito all'uomo una volta sola.
Forse non le era consentito la rivisitazione del passato, ma l'ombra aleggiava sulla sua straordinaria scrittura.
Toccante.
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