RECENSIONI
David Morrell
Paragon Hotel
Maestri del thriller – Piemme, Pag. 390 Euro 6,50
Vi faccio subito la domanda: ma ve la sentireste di leggere un libro dell'autore di Rambo? Personalmente storcerei il naso, al di là poi del fatto che se uno non sopporta l'eroe muscoloso può eventualmente apprezzarne le gesta (ma chi??).
I fatti però son dunque questi: Paragon Hotel è un noir di colui che ha inventato il personaggio poi interpretato al cinema da Stallone, ma con quella specie di carciofone ipervitaminizzato non ha nulla a che vedere. E meno male!
Oserei dire di più: il libro è una grande metafora sull'esplorazione, in senso molto lato.
Un gruppo di creepers (titolo originale, e sono: "infiltrati": è il termine altrettanto efficace, ma un po' meno duro, anche se implica che violiamo la legge – ammise il professor Conklin. – E a rigor di termini lo facciamo.) decide di esplorare un vecchio hotel abbandonato alla ricerca di suggestioni, di fascinazione e sprezzo del pericolo (Negli anni Ottanta e Novanta l'instabilità politica e la crisi immobiliare vanificarono ogni tentativo di ridare vita alla cittadina. A mano a mano che i residenti se ne andavano, interi isolati rimanevano disabitati).
Ma l'hotel, man mano che la 'ricerca' va avanti si rivela ben altro che un edificio abbandonato, comincia ad apparire come una sorta di piccolo universo dove può accadere di tutto: A volte, quando facciamo le nostre esplorazioni, ho l'impressione di essere su Marte o in qualche posto del genere, alla scoperta di cose che mai avrei immaginato di vedere.
Mi perdononino i puristi, ma in alcuni momenti Paragon Hotel ricorda davvero alcune avventure di fantascienza esplorativa, e chi ha avuto la fortuna in passato di leggere Incontro con Rama di A.C. Clark può davvero fare un confronto senza patemi d'animo.
Poi la svolta 'noir' prende il sopravvento con dinamiche che s'innestano su basi horror che ricordano molto le esperienze cinematografiche holliwoodiane degli ultimi anni. Ma tutto ciò non guasta la struttura robusta del libro che, nonostante qualche trovata ad effetto 'grandguignol', regge fino alla fine.
Si diceva all'inizio, anche con una certa prosopopea, che il romanzo è una sorta di grande metafora sull'esplorazione. Dice l'autore nelle note finali: Forse il significato dell'esplorazione urbana sta tutto qui. L'ossessione per il passato è un altro modo di sperare che qualcosa di noi si trattenga, che negli anni a venire qualcuno possa esplorare i luoghi in cui abbiamo vissuto e avvertire che lì indugia la nostra presenza. Quell'album di dischi che ho trovato. Quel gracchiare soffuso che ho ascoltato da quel vecchio disco, esattamente come aveva fatto qualcun altro decenni prima.
Chi si sarebbe mai aspettato da un autore che abbiamo sempre pensato 'reazionario' (perché Rambo era un reazionario no?) una così soffusa partecipazione emotiva e malinconica? Un sentire il fluire del tempo così struggentemente 'rumoroso'?
Ma quando Dylan diceva che i tempi stavano cambiando, intendeva dire che cambiavano in continuazione?
di Eleonora del Poggio
I fatti però son dunque questi: Paragon Hotel è un noir di colui che ha inventato il personaggio poi interpretato al cinema da Stallone, ma con quella specie di carciofone ipervitaminizzato non ha nulla a che vedere. E meno male!
Oserei dire di più: il libro è una grande metafora sull'esplorazione, in senso molto lato.
Un gruppo di creepers (titolo originale, e sono: "infiltrati": è il termine altrettanto efficace, ma un po' meno duro, anche se implica che violiamo la legge – ammise il professor Conklin. – E a rigor di termini lo facciamo.) decide di esplorare un vecchio hotel abbandonato alla ricerca di suggestioni, di fascinazione e sprezzo del pericolo (Negli anni Ottanta e Novanta l'instabilità politica e la crisi immobiliare vanificarono ogni tentativo di ridare vita alla cittadina. A mano a mano che i residenti se ne andavano, interi isolati rimanevano disabitati).
Ma l'hotel, man mano che la 'ricerca' va avanti si rivela ben altro che un edificio abbandonato, comincia ad apparire come una sorta di piccolo universo dove può accadere di tutto: A volte, quando facciamo le nostre esplorazioni, ho l'impressione di essere su Marte o in qualche posto del genere, alla scoperta di cose che mai avrei immaginato di vedere.
Mi perdononino i puristi, ma in alcuni momenti Paragon Hotel ricorda davvero alcune avventure di fantascienza esplorativa, e chi ha avuto la fortuna in passato di leggere Incontro con Rama di A.C. Clark può davvero fare un confronto senza patemi d'animo.
Poi la svolta 'noir' prende il sopravvento con dinamiche che s'innestano su basi horror che ricordano molto le esperienze cinematografiche holliwoodiane degli ultimi anni. Ma tutto ciò non guasta la struttura robusta del libro che, nonostante qualche trovata ad effetto 'grandguignol', regge fino alla fine.
Si diceva all'inizio, anche con una certa prosopopea, che il romanzo è una sorta di grande metafora sull'esplorazione. Dice l'autore nelle note finali: Forse il significato dell'esplorazione urbana sta tutto qui. L'ossessione per il passato è un altro modo di sperare che qualcosa di noi si trattenga, che negli anni a venire qualcuno possa esplorare i luoghi in cui abbiamo vissuto e avvertire che lì indugia la nostra presenza. Quell'album di dischi che ho trovato. Quel gracchiare soffuso che ho ascoltato da quel vecchio disco, esattamente come aveva fatto qualcun altro decenni prima.
Chi si sarebbe mai aspettato da un autore che abbiamo sempre pensato 'reazionario' (perché Rambo era un reazionario no?) una così soffusa partecipazione emotiva e malinconica? Un sentire il fluire del tempo così struggentemente 'rumoroso'?
Ma quando Dylan diceva che i tempi stavano cambiando, intendeva dire che cambiavano in continuazione?
di Eleonora del Poggio
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