INTERVISTE
Romano Luperini
Lei ha scritto, immaginando il decennale del crollo delle torri gemelle, un romanzo sull'ossessione del pericolo terrorista. In questa fase sembra invece prevalere la paura per un'economia impazzita e fuori da ogni controllo. Lei ritiene che le due cose siano collegate o gli allarmismi, al di là di certe 'verità' oggettive, cambiano a seconda delle mode?
Si vive, dice Bauman, nell'età della "paura liquida": gli attentati, gli stranieri, le malattie sconosciute, le crisi economiche. L'ansia cerca un proprio oggetto, è come una lancetta che si muove su un quadrante, si sposta individuando diversi motivi di paura, e alimentandosi di continuo.
Nonostante si dica (o si voglia far credere) che la terza età sia un periodo tutto da vivere, 'L'età estrema' mi è sembrato una sorta di de profundis. E la sua analisi si concentra soprattutto sulla funzionalità del membro maschile. Quell'inizio (ma nel corso del romanzo vi sono altri 'appunti)...la vecchiaia è quest'appendice in fondo al ventre. Un involto nei pantaloni, un ingombro rattrappito sul legno della panchina... cos'è un'ossessione fallica o solo l'inevitabile inizio di un decadimento fisico?
La paura dell'impotenza acquista a una certa età una prospettiva reale perché è un momento del disfacimento del corpo. La vecchiaia è anche degradazione fisica, altro che storie!
La 'forma' romanzo che fascino trasmette dal momento che alcuni professori universitari (lei, Siti, lo stesso Eco) vi si cimentano?
A un certo momento ci si accorge che alcune cose (emozioni, paure, passioni ecc.) non sono esprimibili direttamente per via saggistica ma richiedono altre forme di comunicazione. La letteratura è una di queste. Inoltre un saggista ha un pubblico limitato, soprattutto oggi, a un settore di lettori specialistici, mentre il romanzo ha potenzialmente un ascolto più largo. La crisi dell'intellettuale è anche crisi della saggistica e lo spostamento alla letteratura è anche un tentativo di fornirle una risposta.
In un passo del romanzo lei fa dire ad un suo amico e collega: l'America (...) è un gigante caduto nelle sabbie mobili, il suo stesso peso lo fa affondare sempre di più. Preveggenza o cosa?
L'idea di una impasse dell'Occidente e degli Stati Uniti in particolare, di una situazione di stasi e di blocco, è antecedente alla attuale crisi economica. Era già percepibile all'epoca della prima Guerra del Golfo. L'età estrema è anche un libro (un piccolo libro) sul "destino dell'uomo occidentale" e da questo punto di vista svolge la stessa tesi dell'ultimo mio libro di critica, L'incontro e il caso, il cui sottotitolo suona appunto Narrazioni moderne e destino dell'uomo occidentale.
Ad un certo punto della storia lei si scopre vecchio (...Ero diventato vecchio, e non lo sapevo) ma 'solo' perché era cambiata l'idea che gli altri si facevano di lei. Sbaglio o siamo dalle parti di Pirandello?
No, non c'entra Pirandello, di cui pure sono stato studioso. Mi pare una considerazione ovvia, che molti fanno giunti a un'età matura o avanzata: i meccanismi psicologici sono dettati da automatismi che si formano in età giovanile e che restano poi sostanzialmente invariati, nonostante il processo d'invecchiamento. Quando ciò viene improvvisamente avvertito, si ha una reazione amara, una sensazione dolorosa.
A pag. 92: Se può caderti sulla testa una bomba,, è difficile pensare che il mondo è solo linguaggio, che non esistono fatti ma soltanto interpretazioni. Quindi per quanto la parola, come diceva qualcuno, sia un virus, bisogna assolutamente fare i conti con le cose di tutti i giorni.
Il postmodernismo si fondava sul primato idealistico del linguaggio e su una idea di mondo come intertestualità infinita. Negli anni ottanta – gli anni in cui si è formato un personaggio come Giorgio a cui qui ci si riferisce – era di moda citare la massima di Nietzsche "non esistono fatti, ma solo interpretazioni". Le due guerre del Golfo, l'attentato delle Torri Gemelle, la crisi economica, l'invasione dei popoli affamati provenienti dal Sud e dall'Est del mondo hanno segnato la fine del postmodernismo e restaurato il primato dei fatti o delle contraddizioni materiali.
Il suo romanzo, nella parte in cui rimane solo nel residence, mi ha ricordato un bel film italiano di fantascienza del 1964 con Vincent Price: 'L'ultimo uomo sulla terra'. Lo conosce?
No.
Cito dal suo blog: Oggi i nostri romanzieri scrivono (quasi tutti) come si parla al bar. Non c'è più nessuna ricerca letteraria specifica; rarissimi sono i casi di un'attenzione alla lingua. Il rigore dello stile non interessa più a nessuno. D'altronde nessuno scrive più "per il capolavoro"; tutti (o quasi) scrivono solo per vendere. Mi chiedo a 'sto punto se ci sia una via d'uscita.
Questa è una situazione italiana. Se ci guardiamo intorno, la situazione è diversa. Penso al grande romanzo americano di questi ultimi vent'anni, e anche ai romanzieri dei paesi emergenti del cosiddetto Terzo Mondo. In Italia si assiste a una vera e propria crisi di civiltà, a un involgarimento e deterioramento della vita pubblica e culturale, che coinvolge necessariamente anche la narrativa.
Insomma, riprendendo alcune sue considerazioni, in Italia ormai ci sono solo ' i nipotini di padre Bresciani'?
Diciamo che c'è un deterioramento della vita collettiva che coinvolge pesantemente anche gli uomini di cultura e i letterati. Nel nostro paese manca il dibattito culturale, non c'è più un conflitto di poetiche e di indirizzi, nella industria culturale domina il criterio del mercato. Soprattutto nel campo della narrativa gli editori la fanno da padroni incontrastati imponendo schemi e moduli di intrattenimento evasivo. Prima si crea un determinato pubblico, poi si afferma che per questo pubblico bisogna confezionare determinati prodotti. Avviene così anche nella vita politica: prima, grazie alla televisione, si crea un determinato senso comune, poi si dice che bisogna fare quello che la gente vuole.
Ci sarà, nonostante tutto, qualche romanzo che in questi tristi anni lo ha colpito favorevolmente.
Fuori d'Italia molti, nel nostro paese pochi. Fra questi pochi ricordo Sandokan di Balestrini e Troppi paradisi di Siti, e, fra i giovani, Gomorra di Saviano, che non è un vero e proprio romanzo ma che può segnare comunque una svolta anche per la narrativa d'invenzione.
Si vive, dice Bauman, nell'età della "paura liquida": gli attentati, gli stranieri, le malattie sconosciute, le crisi economiche. L'ansia cerca un proprio oggetto, è come una lancetta che si muove su un quadrante, si sposta individuando diversi motivi di paura, e alimentandosi di continuo.
Nonostante si dica (o si voglia far credere) che la terza età sia un periodo tutto da vivere, 'L'età estrema' mi è sembrato una sorta di de profundis. E la sua analisi si concentra soprattutto sulla funzionalità del membro maschile. Quell'inizio (ma nel corso del romanzo vi sono altri 'appunti)...la vecchiaia è quest'appendice in fondo al ventre. Un involto nei pantaloni, un ingombro rattrappito sul legno della panchina... cos'è un'ossessione fallica o solo l'inevitabile inizio di un decadimento fisico?
La paura dell'impotenza acquista a una certa età una prospettiva reale perché è un momento del disfacimento del corpo. La vecchiaia è anche degradazione fisica, altro che storie!
La 'forma' romanzo che fascino trasmette dal momento che alcuni professori universitari (lei, Siti, lo stesso Eco) vi si cimentano?
A un certo momento ci si accorge che alcune cose (emozioni, paure, passioni ecc.) non sono esprimibili direttamente per via saggistica ma richiedono altre forme di comunicazione. La letteratura è una di queste. Inoltre un saggista ha un pubblico limitato, soprattutto oggi, a un settore di lettori specialistici, mentre il romanzo ha potenzialmente un ascolto più largo. La crisi dell'intellettuale è anche crisi della saggistica e lo spostamento alla letteratura è anche un tentativo di fornirle una risposta.
In un passo del romanzo lei fa dire ad un suo amico e collega: l'America (...) è un gigante caduto nelle sabbie mobili, il suo stesso peso lo fa affondare sempre di più. Preveggenza o cosa?
L'idea di una impasse dell'Occidente e degli Stati Uniti in particolare, di una situazione di stasi e di blocco, è antecedente alla attuale crisi economica. Era già percepibile all'epoca della prima Guerra del Golfo. L'età estrema è anche un libro (un piccolo libro) sul "destino dell'uomo occidentale" e da questo punto di vista svolge la stessa tesi dell'ultimo mio libro di critica, L'incontro e il caso, il cui sottotitolo suona appunto Narrazioni moderne e destino dell'uomo occidentale.
Ad un certo punto della storia lei si scopre vecchio (...Ero diventato vecchio, e non lo sapevo) ma 'solo' perché era cambiata l'idea che gli altri si facevano di lei. Sbaglio o siamo dalle parti di Pirandello?
No, non c'entra Pirandello, di cui pure sono stato studioso. Mi pare una considerazione ovvia, che molti fanno giunti a un'età matura o avanzata: i meccanismi psicologici sono dettati da automatismi che si formano in età giovanile e che restano poi sostanzialmente invariati, nonostante il processo d'invecchiamento. Quando ciò viene improvvisamente avvertito, si ha una reazione amara, una sensazione dolorosa.
A pag. 92: Se può caderti sulla testa una bomba,, è difficile pensare che il mondo è solo linguaggio, che non esistono fatti ma soltanto interpretazioni. Quindi per quanto la parola, come diceva qualcuno, sia un virus, bisogna assolutamente fare i conti con le cose di tutti i giorni.
Il postmodernismo si fondava sul primato idealistico del linguaggio e su una idea di mondo come intertestualità infinita. Negli anni ottanta – gli anni in cui si è formato un personaggio come Giorgio a cui qui ci si riferisce – era di moda citare la massima di Nietzsche "non esistono fatti, ma solo interpretazioni". Le due guerre del Golfo, l'attentato delle Torri Gemelle, la crisi economica, l'invasione dei popoli affamati provenienti dal Sud e dall'Est del mondo hanno segnato la fine del postmodernismo e restaurato il primato dei fatti o delle contraddizioni materiali.
Il suo romanzo, nella parte in cui rimane solo nel residence, mi ha ricordato un bel film italiano di fantascienza del 1964 con Vincent Price: 'L'ultimo uomo sulla terra'. Lo conosce?
No.
Cito dal suo blog: Oggi i nostri romanzieri scrivono (quasi tutti) come si parla al bar. Non c'è più nessuna ricerca letteraria specifica; rarissimi sono i casi di un'attenzione alla lingua. Il rigore dello stile non interessa più a nessuno. D'altronde nessuno scrive più "per il capolavoro"; tutti (o quasi) scrivono solo per vendere. Mi chiedo a 'sto punto se ci sia una via d'uscita.
Questa è una situazione italiana. Se ci guardiamo intorno, la situazione è diversa. Penso al grande romanzo americano di questi ultimi vent'anni, e anche ai romanzieri dei paesi emergenti del cosiddetto Terzo Mondo. In Italia si assiste a una vera e propria crisi di civiltà, a un involgarimento e deterioramento della vita pubblica e culturale, che coinvolge necessariamente anche la narrativa.
Insomma, riprendendo alcune sue considerazioni, in Italia ormai ci sono solo ' i nipotini di padre Bresciani'?
Diciamo che c'è un deterioramento della vita collettiva che coinvolge pesantemente anche gli uomini di cultura e i letterati. Nel nostro paese manca il dibattito culturale, non c'è più un conflitto di poetiche e di indirizzi, nella industria culturale domina il criterio del mercato. Soprattutto nel campo della narrativa gli editori la fanno da padroni incontrastati imponendo schemi e moduli di intrattenimento evasivo. Prima si crea un determinato pubblico, poi si afferma che per questo pubblico bisogna confezionare determinati prodotti. Avviene così anche nella vita politica: prima, grazie alla televisione, si crea un determinato senso comune, poi si dice che bisogna fare quello che la gente vuole.
Ci sarà, nonostante tutto, qualche romanzo che in questi tristi anni lo ha colpito favorevolmente.
Fuori d'Italia molti, nel nostro paese pochi. Fra questi pochi ricordo Sandokan di Balestrini e Troppi paradisi di Siti, e, fra i giovani, Gomorra di Saviano, che non è un vero e proprio romanzo ma che può segnare comunque una svolta anche per la narrativa d'invenzione.
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