RECENSIONI
Roberto Costantini
Tu sei il male
Marsilio, Pag. 669 Euro 22,00
Stavolta gli strilli son giusti. Siamo davvero di fronte al più bel noir da almeno una decina di anni a questa parte. Ma quando un libro prende così forma e delinea un rapporto ancor più concreto col lettore vuol dire che tra le due parti, lo scrittore e chi lo segue, s'instaura un rapporto di condivisione.
La letteratura funziona a questo modo, altrimenti è solo un'avventura di poco conto, una pausa conviviale: in Tu sei il male (che pare sia il primo di una trilogia... e a questo punto che ben venga) vi è l'idea centrale del romanzo che è potente, che smarca qualsiasi altro tentativo, sempre letterario, di far luce sulla realtà e sulle 'realtà' precedenti.
La trama è molto complessa (forse l'unico difetto, ma le quasi settecento pagine in qualche modo giustificano l'azzardo): due fatti di cronaca, precisamente un delitto ed un suicidio, e legati tra loro, avvengono a distanza di ventiquattro anni ma in coincidenza della vittoria italiana al campionato di calcio spagnolo dell'82 e in quello tedesco del 2006.
Si dirà: una furbata. Sicuramente, ma l'autorevolezza del romanzo non sta nelle convergenze studiate a tavolini o nelle scaltrezze di un autore brillante, sta nell'investigazione del presente, nell'esame di responsabilità che non si ferma al soggetto (dov'è la priorità in un giallo? Trovare l'assassino no? E se questo fosse strumento nelle mani di un sistema?), ma va alla ricerca di un impianto politico-sociologico.
Tanti anni fa mi sorpresi a leggere un romanzo diverso e a coglierne la struttura cardine come se fosse una rivelazione. Era C'è del marcio in Vernon Street del grande David Goodis.
Non sto qui a ripercorrere le folgorazioni e le illuminazioni del momento. Costituì di certo un distacco deciso da tutto quello che avevo letto prima.
Tu sei il male ha avuto per me un significato catartico, perché mi ha riportato alla centralità di un discorso che mai ho abbandonato e che dovrebbe essere presente negli interrogativi essenziali (e intendo proprio quelli primari di tutti) della nostra esistenza: è giusto credere che i fatti possano anche non essere legati tra loro? E ancor di più: (e qui avverto nel mio quesito un'istanza scientifica della politica) e se il potere è talmente invasivo da incidere non soltanto sulla massa ma sulla dote cognitiva di ognuno di noi?
Ad un certo punto del romanzo il commissario Balistreri si chiede: Hagi li impalerebbe. Colajacono gli romperebbe tutte le ossa a una a una, persino il mite Corvu li darebbe in pasto ai maiali. Cosa c'è che non va?
Il primo, Hagi, di mazionalità rumena, è una sorta di ras, gli altri due sono dei poliziotti e la domanda lacerante riguarda il destino di chi capita nelle mani della giustizia e determina poi la 'riconoscibilità' del potere di fronte alla massa.
Insomma la grandezza del libro (e non la sua presunzione) sta nel tentativo di ricondurre le azioni ad un unico progetto. Si dirà: stiamo dalle parti del Grande Fratello? Stiamo dalle parti della onnicomprensività del totalitarismo in senso lato?
Non lo so, ma Tu sei il male ci pone di fronte a quesiti addirittura imbarazzanti. E' questa la grandezza della letteratura. Chiedersi per far male.
Un libro da non mancare! Direi quasi essenziale.
di Alfredo Ronci
La letteratura funziona a questo modo, altrimenti è solo un'avventura di poco conto, una pausa conviviale: in Tu sei il male (che pare sia il primo di una trilogia... e a questo punto che ben venga) vi è l'idea centrale del romanzo che è potente, che smarca qualsiasi altro tentativo, sempre letterario, di far luce sulla realtà e sulle 'realtà' precedenti.
La trama è molto complessa (forse l'unico difetto, ma le quasi settecento pagine in qualche modo giustificano l'azzardo): due fatti di cronaca, precisamente un delitto ed un suicidio, e legati tra loro, avvengono a distanza di ventiquattro anni ma in coincidenza della vittoria italiana al campionato di calcio spagnolo dell'82 e in quello tedesco del 2006.
Si dirà: una furbata. Sicuramente, ma l'autorevolezza del romanzo non sta nelle convergenze studiate a tavolini o nelle scaltrezze di un autore brillante, sta nell'investigazione del presente, nell'esame di responsabilità che non si ferma al soggetto (dov'è la priorità in un giallo? Trovare l'assassino no? E se questo fosse strumento nelle mani di un sistema?), ma va alla ricerca di un impianto politico-sociologico.
Tanti anni fa mi sorpresi a leggere un romanzo diverso e a coglierne la struttura cardine come se fosse una rivelazione. Era C'è del marcio in Vernon Street del grande David Goodis.
Non sto qui a ripercorrere le folgorazioni e le illuminazioni del momento. Costituì di certo un distacco deciso da tutto quello che avevo letto prima.
Tu sei il male ha avuto per me un significato catartico, perché mi ha riportato alla centralità di un discorso che mai ho abbandonato e che dovrebbe essere presente negli interrogativi essenziali (e intendo proprio quelli primari di tutti) della nostra esistenza: è giusto credere che i fatti possano anche non essere legati tra loro? E ancor di più: (e qui avverto nel mio quesito un'istanza scientifica della politica) e se il potere è talmente invasivo da incidere non soltanto sulla massa ma sulla dote cognitiva di ognuno di noi?
Ad un certo punto del romanzo il commissario Balistreri si chiede: Hagi li impalerebbe. Colajacono gli romperebbe tutte le ossa a una a una, persino il mite Corvu li darebbe in pasto ai maiali. Cosa c'è che non va?
Il primo, Hagi, di mazionalità rumena, è una sorta di ras, gli altri due sono dei poliziotti e la domanda lacerante riguarda il destino di chi capita nelle mani della giustizia e determina poi la 'riconoscibilità' del potere di fronte alla massa.
Insomma la grandezza del libro (e non la sua presunzione) sta nel tentativo di ricondurre le azioni ad un unico progetto. Si dirà: stiamo dalle parti del Grande Fratello? Stiamo dalle parti della onnicomprensività del totalitarismo in senso lato?
Non lo so, ma Tu sei il male ci pone di fronte a quesiti addirittura imbarazzanti. E' questa la grandezza della letteratura. Chiedersi per far male.
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