CINEMA E MUSICA
Andrea Santoni
After Life: le innumerevoli sfaccettature di un lutto
Aspettando l’uscita su Netflix della terza stagione di After Life, scopriamo il perché la serie del comico Ricky Gervais ha un potenziale tematico ricco e colmo di valori
L’elaborazione del lutto è un tema usato in molteplici ambiti della nostra cultura e cinema, teatro e serialità presentano diverse opere a riguardo. In particolare la cultura occidentale sembra sfruttare un topos letterario che più di ogni altro apre a sfide narrative potenzialmente infinite e soprattutto vicine a chiunque. La morte è, per forza di cose, l’unico grande mistero della nostra esistenza e la non conoscenza di ciò che c’è dopo la vita rappresenta una specie di tabù per cui vi è una fonte inesauribile di spunti creativi.
Una serie in particolare sembra aver voluto raccogliere questa delicata sfida narrativa, di cui si accennava nelle righe precedenti, si tratta di After Life, serie britannica di due stagioni, la terza è prevista nel 2022. Una produzione Netflix, diretta e interpretata dal comico britannico Ricky Gervais che torna ad esplorare il linguaggio complesso del dramma-commedia, dopo Derek (2013-14), targato sempre Netflix. Combattere il dolore della perdita della propria amata è il tema centrale, una missione narrativa di spessore per Gervais.
Ecco quella solitudine improvvisa, la serie si apre in questo modo attraverso un personaggio, Tony, che brancola in un mare di incertezze e stalli emotivi. Tony è solo, Lisa, sua moglie, non c'è più, non è più all’improvviso parte del suo quotidiano; il dolore di un lutto insopportabile lo tiene isolato dalla faccende quotidiane, dalle relazioni sociali. «La gente pensa che le cose che facevo con Lisa potrei farle da solo ed essere felice lo stesso. Ma non è quello il punto. Non mi manca fare cose con Lisa. Mi manca non fare niente con Lisa. Sai? Stare semplicemente in casa, senza uscire, senza fare granché, nemmeno parlare solo, stare seduto sapendo che è lì». Queste sono parole che Tony esprime con freddezza e stanchezza ai propri colleghi o amici.
L’uomo è stanco e non è solo apatia e risentimento quello che prova, ma un senso di ribellione nei confronti del mondo in cui vive. Per mesi Tony ipotizza, riflette e ammette anche agli altri di essere in procinto di suicidarsi, lo annuncia con un tale disprezzo e cinismo da far mancare il fiato a chiunque lo ascolti. Il suicidio apparentemente è una strada che rende Tony libero di pensare e agire come vuole. Il classico "non avere nulla da perdere". La sua attitudine sembra sempre prossima all'insano gesto, ma qui emerge il lato educativo e umanizzante della serie. A differenza delle serie Breaking Bad (Vince Gilligan) e Tredici (Brian Yorkey), quella di Gervais ridimensiona il personaggio principale, rendendolo conscio che il "non avere nulla da perdere" sia l'occasione giusta per fare del bene, non ledere gli altri con prepotenza e senso di colpa. Il dolore non viene mascherato, il personaggio imparerà ad affrontarlo e il suicidio sarà ridotto a espediente ridicolo e codardo.
Un altro elemento di valore del linguaggio di Gervais è il tema del doppio linguaggio: dramma e commedia. Si passa dal ridere di gusto ad asciugarsi le lacrime per la commozione che alcune scene suscitano, grazie sia all’utilizzo di una comicità grottesca a tratti imbevuta di un irriverente black humor, il quale non sfocia mai nel demenziale e nel volgare, che alla rappresentazione drammatica di un dolore che non viene mai tuttavia strumentalizzato.
Il consiglio è di mettersi comodi e regalare un pizzico del vostro tempo per ridere e riflettere su quello che la vita ci offre durante il nostro percorso. After Life è questo e non resta che accettare l’affascinante sfida di Gervais.
L’elaborazione del lutto è un tema usato in molteplici ambiti della nostra cultura e cinema, teatro e serialità presentano diverse opere a riguardo. In particolare la cultura occidentale sembra sfruttare un topos letterario che più di ogni altro apre a sfide narrative potenzialmente infinite e soprattutto vicine a chiunque. La morte è, per forza di cose, l’unico grande mistero della nostra esistenza e la non conoscenza di ciò che c’è dopo la vita rappresenta una specie di tabù per cui vi è una fonte inesauribile di spunti creativi.
Una serie in particolare sembra aver voluto raccogliere questa delicata sfida narrativa, di cui si accennava nelle righe precedenti, si tratta di After Life, serie britannica di due stagioni, la terza è prevista nel 2022. Una produzione Netflix, diretta e interpretata dal comico britannico Ricky Gervais che torna ad esplorare il linguaggio complesso del dramma-commedia, dopo Derek (2013-14), targato sempre Netflix. Combattere il dolore della perdita della propria amata è il tema centrale, una missione narrativa di spessore per Gervais.
Ecco quella solitudine improvvisa, la serie si apre in questo modo attraverso un personaggio, Tony, che brancola in un mare di incertezze e stalli emotivi. Tony è solo, Lisa, sua moglie, non c'è più, non è più all’improvviso parte del suo quotidiano; il dolore di un lutto insopportabile lo tiene isolato dalla faccende quotidiane, dalle relazioni sociali. «La gente pensa che le cose che facevo con Lisa potrei farle da solo ed essere felice lo stesso. Ma non è quello il punto. Non mi manca fare cose con Lisa. Mi manca non fare niente con Lisa. Sai? Stare semplicemente in casa, senza uscire, senza fare granché, nemmeno parlare solo, stare seduto sapendo che è lì». Queste sono parole che Tony esprime con freddezza e stanchezza ai propri colleghi o amici.
L’uomo è stanco e non è solo apatia e risentimento quello che prova, ma un senso di ribellione nei confronti del mondo in cui vive. Per mesi Tony ipotizza, riflette e ammette anche agli altri di essere in procinto di suicidarsi, lo annuncia con un tale disprezzo e cinismo da far mancare il fiato a chiunque lo ascolti. Il suicidio apparentemente è una strada che rende Tony libero di pensare e agire come vuole. Il classico "non avere nulla da perdere". La sua attitudine sembra sempre prossima all'insano gesto, ma qui emerge il lato educativo e umanizzante della serie. A differenza delle serie Breaking Bad (Vince Gilligan) e Tredici (Brian Yorkey), quella di Gervais ridimensiona il personaggio principale, rendendolo conscio che il "non avere nulla da perdere" sia l'occasione giusta per fare del bene, non ledere gli altri con prepotenza e senso di colpa. Il dolore non viene mascherato, il personaggio imparerà ad affrontarlo e il suicidio sarà ridotto a espediente ridicolo e codardo.
Un altro elemento di valore del linguaggio di Gervais è il tema del doppio linguaggio: dramma e commedia. Si passa dal ridere di gusto ad asciugarsi le lacrime per la commozione che alcune scene suscitano, grazie sia all’utilizzo di una comicità grottesca a tratti imbevuta di un irriverente black humor, il quale non sfocia mai nel demenziale e nel volgare, che alla rappresentazione drammatica di un dolore che non viene mai tuttavia strumentalizzato.
Il consiglio è di mettersi comodi e regalare un pizzico del vostro tempo per ridere e riflettere su quello che la vita ci offre durante il nostro percorso. After Life è questo e non resta che accettare l’affascinante sfida di Gervais.
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