RECENSIONI
Simon Kuper
Ajax, la squadra del ghetto
ISBN Edizioni, Pag.254 Euro 15,50
(...)Ma l'Olanda, come la Finlandia, la Danimarca o la Svezia, può tenere riservate le proprie vergogne domestiche. Al visitatore viene offerta l'immagine di un paese pulito e ordinato.
Sentirete ben poco sull'evanescenza della loro comunità. Nel 1992 un poliziotto delle ferrovie olandesi chiamato Harry Meuleubrock portò due colleghi americani che si stavano preparando ai prossimi mondiali a vedere un Feyenoord-Ajax. "Mi chiesero di tradurre tutto quello che veniva urlato" raccontò successivamente Meuleubrock a un quotidiano olandese. "Be', io ho tralasciato un sacco di roba. Come i sibili del gas e gli inni sulla EL. Al. Ci si vergogna così tanto davanti ai colleghi".
Tuttavia, ai Mondiali negli Stati Uniti, non si udì il minimo sibilo dall'allegro esercito arancione dei tifosi olandesi. Stavano facendo quella che, nella loro impenetrabile lingua, viene definita 'propaganda olandese'.(pag.224).
Libro, pur se tradotto coi piedi, piuttosto scomodo. Non perché ci racconti circostanze poco conosciute, ma appassionanti: penso all'episodio di Eddy Hamel, ebreo di New York, che finì nei forni crematori perché nel giorno della "conta" aveva un ascesso ad un dente, penso alla vicenda del saluto "amichevole" che la squadra inglese fu "costretta" a fare prima del fischio d'inizio della partita Germania-Inghilterra il 15 maggio del '38 a Berlino(e di cui si riporta la foto infame), penso al delicato ritratto di Matthias Sindelar, ebreo anche lui, che si rifiutò di giocare con la compagine hitleriana dopo l'annessione dell'Austria al Reich (e di cui abbiamo già parlato in una nostra "sinagoga"), penso al "cinico" boom del calcio durante l'occupazione nazista nei Paesi Bassi anche se ben presto ci fu una penuria di arbitri perché la federazione olandese decise di non designare quelli ebrei ancor prima che le autorità tedesche decidessero in proposito. Libro scomodo dunque perché viola quel patto, che sembra scritto, ma non autenticato, sulla rispettabilità delle popolazioni "basse", trasmessaci quasi per una sorta di deferenza storico-sociologica.
L'autore, a più riprese, ci ricorda che Belgio e Olanda subirono parzialmente l'occupazione: se si esclude il bombardamento di Rotterdam e la persecuzione degli ebrei (in Olanda non tornò più a casa circa il 90% della popolazione, ma era "solo" il 5% dell'intera cittadinanza), dei zingari e dei partigiani della resistenza, tutti gli altri cittadini vissero quasi come se nulla stesse accadendo (chi ricorda invece quel passaggio straziante nel libro di W.C.Sebald Storia naturale della distruzione in cui una giovane donna prende il the nella sua casa risparmiata dai bombardamenti mentre tutt'attorno ci sono solo distruzione e macerie?).
Ma l'autore non tace sul collaborazionismo olandese che fu tanto importante quanto la Resistenza (nella stessa squadra dell'Ajax, decimata, durante l'occupazione, dalla perdita di calciatori ebrei, la fine della guerra segnò anche il ritorno in squadra di molti collaborazionisti); non tace sul sistematico saccheggio che la popolazione "salva" effettuò sui beni abbandonati, ma più spesso confiscati, delle famiglie ebraiche; non tace sul cinico merchandising del caso Anna Frank, peraltro "tradita" da una spiata olandese .
Ma se dobbiamo seguire le indicazioni del titolo, l'autore ci racconta una storia che noi vecchi appassionati di calcio e delle prodezze della squadra di Johan Cruijff non potevamo immaginare: che negli anni '50 una schiera di ebrei sopravvissuti all'Olocausto fece l'ingresso nella "struttura" della società e in pochi anni la trasformò nel complesso calcistico più forte del mondo. Che Cruijff è considerato un israeliano onorario, che sa scrivere in ebraico e che se fondasse un partito qui, otterrebbe almeno due o tre seggi nella Knesset (pag.204). Che per il popolo israeliano la storia nei confronti dell'Olanda consiste di pochissimi periodi: l'Olocausto (Anna Frank), la creazione dello Stato d'Israele (l'Olanda votò a favore) e i mondiali di calcio del 1974 dove gli arancioni di Cruijff furono sconfitti immeritatamente dai panzer tedeschi (ironia della sorte!).
Insomma, il libro è una sorta di rimestar di fronde (all'anima, forse siamo in pieno uragano!) e andrebbe consigliato proprio in questo periodo, dove le fronde calcistiche rumoreggiano di nuovo in casa Germania. Quelle italiche forse rimbomberanno nelle sedi dei tribunali.
di Alfredo Ronci
Sentirete ben poco sull'evanescenza della loro comunità. Nel 1992 un poliziotto delle ferrovie olandesi chiamato Harry Meuleubrock portò due colleghi americani che si stavano preparando ai prossimi mondiali a vedere un Feyenoord-Ajax. "Mi chiesero di tradurre tutto quello che veniva urlato" raccontò successivamente Meuleubrock a un quotidiano olandese. "Be', io ho tralasciato un sacco di roba. Come i sibili del gas e gli inni sulla EL. Al. Ci si vergogna così tanto davanti ai colleghi".
Tuttavia, ai Mondiali negli Stati Uniti, non si udì il minimo sibilo dall'allegro esercito arancione dei tifosi olandesi. Stavano facendo quella che, nella loro impenetrabile lingua, viene definita 'propaganda olandese'.(pag.224).
Libro, pur se tradotto coi piedi, piuttosto scomodo. Non perché ci racconti circostanze poco conosciute, ma appassionanti: penso all'episodio di Eddy Hamel, ebreo di New York, che finì nei forni crematori perché nel giorno della "conta" aveva un ascesso ad un dente, penso alla vicenda del saluto "amichevole" che la squadra inglese fu "costretta" a fare prima del fischio d'inizio della partita Germania-Inghilterra il 15 maggio del '38 a Berlino(e di cui si riporta la foto infame), penso al delicato ritratto di Matthias Sindelar, ebreo anche lui, che si rifiutò di giocare con la compagine hitleriana dopo l'annessione dell'Austria al Reich (e di cui abbiamo già parlato in una nostra "sinagoga"), penso al "cinico" boom del calcio durante l'occupazione nazista nei Paesi Bassi anche se ben presto ci fu una penuria di arbitri perché la federazione olandese decise di non designare quelli ebrei ancor prima che le autorità tedesche decidessero in proposito. Libro scomodo dunque perché viola quel patto, che sembra scritto, ma non autenticato, sulla rispettabilità delle popolazioni "basse", trasmessaci quasi per una sorta di deferenza storico-sociologica.
L'autore, a più riprese, ci ricorda che Belgio e Olanda subirono parzialmente l'occupazione: se si esclude il bombardamento di Rotterdam e la persecuzione degli ebrei (in Olanda non tornò più a casa circa il 90% della popolazione, ma era "solo" il 5% dell'intera cittadinanza), dei zingari e dei partigiani della resistenza, tutti gli altri cittadini vissero quasi come se nulla stesse accadendo (chi ricorda invece quel passaggio straziante nel libro di W.C.Sebald Storia naturale della distruzione in cui una giovane donna prende il the nella sua casa risparmiata dai bombardamenti mentre tutt'attorno ci sono solo distruzione e macerie?).
Ma l'autore non tace sul collaborazionismo olandese che fu tanto importante quanto la Resistenza (nella stessa squadra dell'Ajax, decimata, durante l'occupazione, dalla perdita di calciatori ebrei, la fine della guerra segnò anche il ritorno in squadra di molti collaborazionisti); non tace sul sistematico saccheggio che la popolazione "salva" effettuò sui beni abbandonati, ma più spesso confiscati, delle famiglie ebraiche; non tace sul cinico merchandising del caso Anna Frank, peraltro "tradita" da una spiata olandese .
Ma se dobbiamo seguire le indicazioni del titolo, l'autore ci racconta una storia che noi vecchi appassionati di calcio e delle prodezze della squadra di Johan Cruijff non potevamo immaginare: che negli anni '50 una schiera di ebrei sopravvissuti all'Olocausto fece l'ingresso nella "struttura" della società e in pochi anni la trasformò nel complesso calcistico più forte del mondo. Che Cruijff è considerato un israeliano onorario, che sa scrivere in ebraico e che se fondasse un partito qui, otterrebbe almeno due o tre seggi nella Knesset (pag.204). Che per il popolo israeliano la storia nei confronti dell'Olanda consiste di pochissimi periodi: l'Olocausto (Anna Frank), la creazione dello Stato d'Israele (l'Olanda votò a favore) e i mondiali di calcio del 1974 dove gli arancioni di Cruijff furono sconfitti immeritatamente dai panzer tedeschi (ironia della sorte!).
Insomma, il libro è una sorta di rimestar di fronde (all'anima, forse siamo in pieno uragano!) e andrebbe consigliato proprio in questo periodo, dove le fronde calcistiche rumoreggiano di nuovo in casa Germania. Quelle italiche forse rimbomberanno nelle sedi dei tribunali.
di Alfredo Ronci
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