RECENSIONI
Adriano Angelini
Da soli in mezzo al campo
Azimut, Pag. 178 Euro 13,00Si parlava di tocco. Beh sì: con l'aggiunta di un distinguo (o forse più che distinguo, un vera e propria presa di posizione). Cosa differenzia la consuetudine, dalla novità o quanto meno dall'eccezione? Cos'è che faceva dire ai latini: ab assuetis non fit passio, le cose abituali non entusiasmano più? Probabilmente l'impronta. Il segno di una diversificazione.
Perché la storia di Da soli in mezzo al campo potrebbe far pensare ad una sovraesposizione di tematiche giovanilistiche: un ragazzo di famiglia modesta, che ha pure un fratello che è un teppistello, si innamora (è ricambiato!) di una ragazza della borghesia bene romana. Contrasti inevitabili e una tragedia di mezzo.
Qualcuno obietterà: ma non siamo dalle parti de I Cesaroni? O comunque da quell'angolatura sociologica che tenta di spiegare le nuove generazioni col surplus del luogo comune e della tentazione merceologica?
No, se subentra la rifinitura stilistica, cioè quell'andamento compositivo che divide il sacro dal profano, il processo salvifico dalla dannazione eterna. In poche parole: un signor libro, da una fetecchia.
Angelini c'aveva già abituato alla 'lucentezza' della sua scrittura (non è un caso che usi questo termine): Le giornate bianche (sempre Azimut) aveva deliziato il lettore con la commistione luminosa tra realtà e scatto ultraterreno (ma solo come senso da dare all'operazione, altrimenti tutto genuinamente 'umano'). Da soli in mezzo al campo ha una dimensione più, se vogliamo e capite l'uso del termine, sciatta, più prosaica, più monotona. Ma è solo l'impressione del lettore disattento e superficiale (meglio: del lettore che non si confronta col testo di Angelini, perché se lo facesse ne rimarrebbe ingabbiato): qui c'è davvero il piacere del dialogo sincero e 'coattamente' (sì della Roma coatta) indovinato, della riflessione psicologica fluida che è squisitamente generazionale.
Mi vien da fare un confronto per supportare la mia tesi: cosa distingueva un film come Mignon è partita (l'ho sempre considerato un punto di richiamo per un azzeccato approntamento alla materia 'giovanilistica') da tutto il resto? Nulla se non, come si diceva all'inizio, il tocco, la magica propensione alla leggiadria del passo.
Angelini conosce alla perfezione l'arte del narrare e riesce ad imbastire una storia semplice (ma non nel senso 'sciasciano') perché è artigiano della parola.
Giorni fa in un articolo sull'inserto libri de Il sole 24 ore Giuseppe Antonelli si congratulava con la nuova generazione di scrittori perché recuperava una lingua letteraria che sembrava perduta anche nell'uso di vocaboli desueti come: 'inane', 'rastremato', 'lacoontica', 'sinapsi', 'istinto plantare'.
Ma siamo uomini o caporali? Angelini, senza un 'inane' sforzo sa fare molto di più e semplicemente: catturare.
di Alfredo Ronci
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Le giornate bianche
Azimut, Pag.205 Euro 12,00Era una di quelle giornate che Sasà chiamava bianche perché il sole, quando era già forte come in quei casi e nelle ore centrali quando stava a picco, emenava una luminosità talmente intensa che riflettendosi sul bianco dei muri rendeva le cose di una vastità candida e accecante.
Ma non basta un paesaggio luminoso per rendere 'luminosa' una storia. Per esempio: il film di Salvatores Io non ho paura, tratto dal romanzo di Ammanniti era smagliante di luce(chi non ricorda la corsa del protagonista nel campo di grano tra frinir di cicale)
101 cose da fare a Roma di notte almeno una volta nella vita.
Newton Compton Editori, Pag. 374 Euro 14,90Dialogo tra un padre divorziato ed un figlio dodicenne, entrambi in libera uscita.
- Ma io vojo anna'là
- Non se ne parla
- 'N'amico mio m'ha detto che ora c'è ppure la segnaletica
- Ma dài!
- Su pa', annamo ar bar de i Cesaroni
- Ma Adriano scrive che alla Garbatella ci sono un sacco di ristoranti casarecci.
101 gol che hanno cambiato la storia del calcio italiano
Newton Compton Editori, Pag. 330 Euro 9,90Gianni Brera era solito (dopo di lui lo faranno in tanti) paragonare le gesta degli sportivi, e in particolare dei calciatori, a quelle degli antichi eroi. Nella cultura Greca eroi e dei erano rappresentati, oltre che come modelli estetici, anche come esempi di idealità e moralità; e il premio, l'esito della guerra o della competizione atletica, si raggiungevano tramite intervento delle divinità protettrici.
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