INTERVISTE
Davide Morosinotto
Come ti è venuta l'idea di ambientare un romanzo durante la prima guerra mondiale?
Non c'è una risposta unica, l'idea è nata da un insieme di suggestioni diverse. Potrei dire che, semplicemente, mi piacciono i biplani. Oppure che la narrativa di genere si è concentrata molto sulla seconda guerra mondiale, a cui sono dedicati migliaia di romanzi, mentre la Grande Guerra è stata lasciata un po' in secondo piano.
Credo di aver capito che il 1916 era l'anno giusto per la storia che avevo in mente quando ho letto un capolavoro della letteratura scozzese, Il canto del tramonto di Lewis Grassic Gibbon. Racconta di come la prima guerra mondiale sconvolga la vita di un tranquillo villaggio della Scozia...
E' affascinante l'idea che la tecnologia informatica potesse essere presente a quell'epoca. I piloti che guidano i loro biplani con le onde cerebrali è un'immagine alla Dick. O ci sono altre influenze...
Philip Dick è uno dei miei autori preferiti, ci ho persino scritto la tesi di laurea. Quindi pensavo sicuramente a lui, e ai romanzi di William Gibson, Neuromante e Monna Lisa cyberpunk e Luce virtuale. E anche al ciclo di Dune, dove i piloti delle astronavi hanno bisogno di drogarsi con il melange per poter fare il loro lavoro.
Parlando di influenze in senso più generale, de Il canto del tramonto ho già detto prima, mentre la guerra combattuta dai ragazzi deve tantissimo a Il gioco di Ender di Orson Scott Card.
Infine ci sono i fumetti, a partire dalla Lega dei Gentiluomini Straordinari di Alan Moore.
Sei stato nei posti che descrivi, in Inghilterra e in particolare in Cornovaglia?
La notte dei biplani ha richiesto un enorme lavoro di documentazione durato quasi tre anni, per cercare di rendere vero, o almeno verosimile, ogni dettaglio. Ho letto molti libri sulla Cornovaglia, la vita del tempo, e ovviamente sulla prima guerra mondiale e i biplani. Molti particolari del libro che possono sembrare inventati in realtà sono storici.
Poi l'anno scorso sono andato in Cornovaglia per vedere di persona i luoghi che fino a quel momento avevo solo immaginato... e come sempre ho scoperto che la realtà supera la fantasia. Ad esempio, sono sceso nelle miniere di stagno e mi sono accorto che fa freddo. Ma davvero molto freddo. E questo, nei libri, non c'era scritto.
Ma perché ambientarlo in Inghilterra (le ambientazioni e le descrizioni sono perfette), e perché i cattivi sono i tedeschi? (anche se potrebbe sembrare una domanda idiota...)
Io sono uno scrittore di libri per ragazzi, e lavoro con un gruppo di amici (ci facciamo chiamare "gli immergenti" e da poco abbiamo anche un sito Internet). Nei libri per ragazzi, si cerca sempre di trasmettere atmosfere molto evocative e di capire qual è l'ambientazione più adatta per ogni storia, senza preoccuparsi troppo se si tratti dell'Italia oppure no: anzi, ambientare un libro in un posto molto lontano è una scusa per viaggiare e andare a curiosare di persona.
Secondo me La notte dei biplani era un libro anglosassone, molto British, e questo è stato un aspetto su cui non ho mai avuto dubbi. Addirittura volevo che tutti i personaggi si dessero del voi invece che del lei, per rimarcare la distanza culturale.
Invece, sul fatto che i cattivi siano i tedeschi, ho qualche dubbio: non credo che in una guerra sia possibile fare una distinzione di questo tipo. Anzi, con la scusa che i protagonisti sono inglesi, forse emergono di più le violenze commesse dai loro compatrioti, rispetto al "nemico".
Quali sono le tue letture preferite (non solo romanzi ma in generale)?
Adoro leggere narrativa, e credo di essere abbastanza onnivoro, anche se la fantascienza per me avrà sempre uno speciale posto d'onore. Leggo saggistica per lavoro, per documentarmi o per cercare nuove idee: una volta un amico "immergente" mi ha detto: «da un noiosissimo trattato sulla storia degli asparagi può sempre nascere un buon romanzo». Credo che avesse ragione. Ah, e poi ci sono i fumetti! Italiani, americani, francesi, manga giapponesi, tutto quello su cui riesco a mettere le mani.
In questo momento sul mio comodino c'è uno straordinario fantasy francese, L'orda del vento di Alain Damasio, che consiglio. Poi l'ultimo numero del fumetto Atomic Robo, e ancora un saggio sui piloti della squadra Flying Tigers nella seconda guerra mondiale, e un volumetto sulla storia della gondola.
Uno dei protagonisti, la cameriera adolescente Mary, per arruolarsi si finge maschio e, nonostante alla visita militare venga beccata, gli ufficiali le tengono gioco e la fanno partire. E' successo mai anche nella realtà di quegli anni?
Mi sembrava che il travestimento fosse un espediente semplice e logico perché Mary potesse arruolarsi, e in effetti poi ho scoperto che viene usato anche in molti altri romanzi. Quando ho fatto leggere le prime bozze al mio amico Alberto Costantini, scrittore di fantascienza e professore di storia, lui mi ha detto: «guarda che quello che racconti è successo davvero».
E così ho scoperto l'esistenza della francese Hélène Dutrieu, di Marie Marvingt che si dice abbia compiuto addirittura missioni di bombardamento, della principessa russa Shakovskaya e di altre donne pilota di inizio secolo. Però ecco, non ho prove che si siano travestite da uomo per ottenere il brevetto.
Tu sei un ghostwriter che ha all'attivo una decina di libri non firmati, tutti pubblicati per grandi case editrici. Ci puoi svelare qualcosa riguardo questo oscuro mestiere (ovviamente non i nomi degli autori per cui scrivi)?
Dunque... un ghostwriter "per ragazzi" è un po' diverso da uno "per adulti". Tanto per dirne una, di solito non scrive per un altro autore, e invece mette il suo lavoro al servizio di un altro immaginario. Faccio un esempio: una casa editrice decide di pubblicare dei romanzi ambientati nell'universo di un cartone animato, o di un videogioco, e magari riutilizzarne anche i personaggi. A quel punto entra in gioco il ghostwriter, che deve inventare una o più storie utilizzando un mondo o dei protagonisti inventati da altre persone.
Cosa posso dire? È una professione che mi piace molto e spero di continuare a praticarla anche in futuro. Permette di lavorare insieme a grandi professionisti sia in Italia che sul mercato internazionale, richiede molto gioco di squadra e soprattutto è un'incredibile palestra per imparare l'artigianato della scrittura.
Prossimo romanzo?
Insieme ai miei colleghi immergenti e ad altri amici scrittori, da un po' di tempo stiamo lavorando a una serie di romanzi per ragazzi che avrà come protagonisti alcuni giovani e agguerriti giornalisti. La serie si chiamerà T.Y.P.O.S. e uscirà per Fanucci.
In più sto lavorando a un nuovo romanzo. È ancora presto per parlarne, ma cercherò di stravolgere un'altra epoca storica molto affascinante...
Non c'è una risposta unica, l'idea è nata da un insieme di suggestioni diverse. Potrei dire che, semplicemente, mi piacciono i biplani. Oppure che la narrativa di genere si è concentrata molto sulla seconda guerra mondiale, a cui sono dedicati migliaia di romanzi, mentre la Grande Guerra è stata lasciata un po' in secondo piano.
Credo di aver capito che il 1916 era l'anno giusto per la storia che avevo in mente quando ho letto un capolavoro della letteratura scozzese, Il canto del tramonto di Lewis Grassic Gibbon. Racconta di come la prima guerra mondiale sconvolga la vita di un tranquillo villaggio della Scozia...
E' affascinante l'idea che la tecnologia informatica potesse essere presente a quell'epoca. I piloti che guidano i loro biplani con le onde cerebrali è un'immagine alla Dick. O ci sono altre influenze...
Philip Dick è uno dei miei autori preferiti, ci ho persino scritto la tesi di laurea. Quindi pensavo sicuramente a lui, e ai romanzi di William Gibson, Neuromante e Monna Lisa cyberpunk e Luce virtuale. E anche al ciclo di Dune, dove i piloti delle astronavi hanno bisogno di drogarsi con il melange per poter fare il loro lavoro.
Parlando di influenze in senso più generale, de Il canto del tramonto ho già detto prima, mentre la guerra combattuta dai ragazzi deve tantissimo a Il gioco di Ender di Orson Scott Card.
Infine ci sono i fumetti, a partire dalla Lega dei Gentiluomini Straordinari di Alan Moore.
Sei stato nei posti che descrivi, in Inghilterra e in particolare in Cornovaglia?
La notte dei biplani ha richiesto un enorme lavoro di documentazione durato quasi tre anni, per cercare di rendere vero, o almeno verosimile, ogni dettaglio. Ho letto molti libri sulla Cornovaglia, la vita del tempo, e ovviamente sulla prima guerra mondiale e i biplani. Molti particolari del libro che possono sembrare inventati in realtà sono storici.
Poi l'anno scorso sono andato in Cornovaglia per vedere di persona i luoghi che fino a quel momento avevo solo immaginato... e come sempre ho scoperto che la realtà supera la fantasia. Ad esempio, sono sceso nelle miniere di stagno e mi sono accorto che fa freddo. Ma davvero molto freddo. E questo, nei libri, non c'era scritto.
Ma perché ambientarlo in Inghilterra (le ambientazioni e le descrizioni sono perfette), e perché i cattivi sono i tedeschi? (anche se potrebbe sembrare una domanda idiota...)
Io sono uno scrittore di libri per ragazzi, e lavoro con un gruppo di amici (ci facciamo chiamare "gli immergenti" e da poco abbiamo anche un sito Internet). Nei libri per ragazzi, si cerca sempre di trasmettere atmosfere molto evocative e di capire qual è l'ambientazione più adatta per ogni storia, senza preoccuparsi troppo se si tratti dell'Italia oppure no: anzi, ambientare un libro in un posto molto lontano è una scusa per viaggiare e andare a curiosare di persona.
Secondo me La notte dei biplani era un libro anglosassone, molto British, e questo è stato un aspetto su cui non ho mai avuto dubbi. Addirittura volevo che tutti i personaggi si dessero del voi invece che del lei, per rimarcare la distanza culturale.
Invece, sul fatto che i cattivi siano i tedeschi, ho qualche dubbio: non credo che in una guerra sia possibile fare una distinzione di questo tipo. Anzi, con la scusa che i protagonisti sono inglesi, forse emergono di più le violenze commesse dai loro compatrioti, rispetto al "nemico".
Quali sono le tue letture preferite (non solo romanzi ma in generale)?
Adoro leggere narrativa, e credo di essere abbastanza onnivoro, anche se la fantascienza per me avrà sempre uno speciale posto d'onore. Leggo saggistica per lavoro, per documentarmi o per cercare nuove idee: una volta un amico "immergente" mi ha detto: «da un noiosissimo trattato sulla storia degli asparagi può sempre nascere un buon romanzo». Credo che avesse ragione. Ah, e poi ci sono i fumetti! Italiani, americani, francesi, manga giapponesi, tutto quello su cui riesco a mettere le mani.
In questo momento sul mio comodino c'è uno straordinario fantasy francese, L'orda del vento di Alain Damasio, che consiglio. Poi l'ultimo numero del fumetto Atomic Robo, e ancora un saggio sui piloti della squadra Flying Tigers nella seconda guerra mondiale, e un volumetto sulla storia della gondola.
Uno dei protagonisti, la cameriera adolescente Mary, per arruolarsi si finge maschio e, nonostante alla visita militare venga beccata, gli ufficiali le tengono gioco e la fanno partire. E' successo mai anche nella realtà di quegli anni?
Mi sembrava che il travestimento fosse un espediente semplice e logico perché Mary potesse arruolarsi, e in effetti poi ho scoperto che viene usato anche in molti altri romanzi. Quando ho fatto leggere le prime bozze al mio amico Alberto Costantini, scrittore di fantascienza e professore di storia, lui mi ha detto: «guarda che quello che racconti è successo davvero».
E così ho scoperto l'esistenza della francese Hélène Dutrieu, di Marie Marvingt che si dice abbia compiuto addirittura missioni di bombardamento, della principessa russa Shakovskaya e di altre donne pilota di inizio secolo. Però ecco, non ho prove che si siano travestite da uomo per ottenere il brevetto.
Tu sei un ghostwriter che ha all'attivo una decina di libri non firmati, tutti pubblicati per grandi case editrici. Ci puoi svelare qualcosa riguardo questo oscuro mestiere (ovviamente non i nomi degli autori per cui scrivi)?
Dunque... un ghostwriter "per ragazzi" è un po' diverso da uno "per adulti". Tanto per dirne una, di solito non scrive per un altro autore, e invece mette il suo lavoro al servizio di un altro immaginario. Faccio un esempio: una casa editrice decide di pubblicare dei romanzi ambientati nell'universo di un cartone animato, o di un videogioco, e magari riutilizzarne anche i personaggi. A quel punto entra in gioco il ghostwriter, che deve inventare una o più storie utilizzando un mondo o dei protagonisti inventati da altre persone.
Cosa posso dire? È una professione che mi piace molto e spero di continuare a praticarla anche in futuro. Permette di lavorare insieme a grandi professionisti sia in Italia che sul mercato internazionale, richiede molto gioco di squadra e soprattutto è un'incredibile palestra per imparare l'artigianato della scrittura.
Prossimo romanzo?
Insieme ai miei colleghi immergenti e ad altri amici scrittori, da un po' di tempo stiamo lavorando a una serie di romanzi per ragazzi che avrà come protagonisti alcuni giovani e agguerriti giornalisti. La serie si chiamerà T.Y.P.O.S. e uscirà per Fanucci.
In più sto lavorando a un nuovo romanzo. È ancora presto per parlarne, ma cercherò di stravolgere un'altra epoca storica molto affascinante...
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