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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Luigi Rocca

La domanda

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Che sono morto, me l’hanno raccontato dopo. Io ricordo solo la luce accecante e il mormorio della folla che mi ha accolto all’uscita dal sepolcro. Nient’altro. Anche la sua voce, la voce che mi ha chiamato, proviene da un racconto, come quando ci svegliamo per un rumore che forse abbiamo solo sognato. Sono state le mie sorelle a ricordarmi tutta la mia storia: la malattia, la morte e poi la disperazione, la rassegnazione, il sepolcro… Fino alla nuvola di polvere che annunciava l’arrivo di quell’uomo. Non hanno taciuto nemmeno la loro rabbia contro di lui per non essere arrivato in tempo, per avermi lasciato morire e la muta risposta del suo sguardo, come se tempo o morte fossero due parole senza senso. Ho ascoltato tante volte questa storia che mi sembra anche di vederlo, lì davanti al sepolcro, circondato dalla folla che lo seguiva ovunque andasse, una mano puntata verso il cielo e il suo ordine gentile: “Alzati!” Ma non è un vero ricordo, perché in quelle ore il mio corpo era chiuso in una grotta e non poteva sapere cosa accadesse là fuori. Solo dopo qualche tempo, qualcuno mi ha detto che lui ha alzato una mano e pronunciato una parola (“Alzati!”) e io mi sono alzato.
Non posso dimenticare invece quello che è avvenuto dopo il mio risveglio: le smorfie dei bambini che mi inseguivano per sentire il mio odore, il disgusto dei legionari al mio passaggio... E le domande, poi, le domande ripetute da chiunque entrasse nella mia casa: “Cosa hai visto, Lazzaro, chi hai incontrato?”, e io che non sapevo cosa rispondere. Cosa avevo visto? Cosa si può vedere chiusi dentro un sepolcro? Com’è il regno dei beati, ed è vero che i dannati soffrono? In fondo sono le stesse domande che mi ponevo anch’io: era possibile che dei quattro giorni passati nell’aldilà non mi ricordassi proprio niente?
C’era una sola persona che potesse rispondere alle mie domande (non le mie sorelle, non i vicini di casa), ma quando finalmente l’ho raggiunta, era già troppo tardi. L’uomo che aveva alzato la mano e pronunciato la parola non era più e io sono rimasto a fissare quei pali di legno issati sulla cima di un colle dove stavano morendo tutte le risposte che cercavo.
Quando una terra si riempie di odio, non ci resta che fuggire. “E’ un impostore” diceva adesso la gente. “Vendeva le menzogne insieme al suo compagno.” E per salvarmi dalle loro false accuse mi sono trasformato davvero in un impostore: lontano dalla mia casa e dalle mie sorelle, ho imparato a trascinarmi come un lebbroso fino ai palazzi dei ricchi per mendicare gli avanzi dei loro banchetti. Di città in città, di mercato in mercato, di vergogna in vergogna…
Un giorno ero seduto sulla polvere di una piazza con la schiena appoggiata a un sicomoro. Avevo gli occhi coperti da una benda e, quando sentivo dei passi avvicinarsi, tendevo la mano sperando che ci appoggiassero un frutto o un quarto di pane. Sembrava una buona giornata, di quelle che ti permettono di sperare ancora. Improvvisamente a pochi passi da me ho sentito le parole di due uomini levarsi tra la folla. "Lazzaro, è vero quello che raccontano?" diceva il primo. "Certo, è tutto vero. Ero già chiuso nel mio sepolcro, ma l"uomo dei miracoli mi ha fatto uscire riportandomi in vita." "E cosa hai visto mentre eri nel regno dei morti?" "Cose meravigliose e terribili… A raccontarle mi sento ancora tremare tutto." A questo punto il primo uomo aveva urlato più forte per farsi udire da tutta la piazza: "Venite ad ascoltare la storia di Lazzaro, l’uomo che è morto e resuscitato. Basta una moneta, se volete fargli una domanda. Una sola moneta…"
Ho sentito la polvere sollevata dalla folla impastarmi la bocca e non ho resistito alla tentazione di spostare la benda per vedere chi stesse rubando la mia vita. Tante le persone che stavano accorrendo (donne con la brocca in testa, mercanti con gabbie di colombe, bambini con gli occhi spalancati), tutte per ascoltare le menzogne di quei due uomini. Poi una donna si era voltata verso di me. "Guardate un nuovo miracolo: il vostro racconto non è ancora cominciato e questo cieco ha già riacquistato la vista." Subito sono stato sommerso da un’ondata di risate e umiliazione. Un sasso, forse lanciato da un bambino, mi ha colpito la spalla e un cane è venuto ad abbaiarmi sempre più vicino. A salvarmi è stato l’arrivo di due legionari attirati dalla confusione, così ho potuto allontanarmi guidando con un bastone i miei passi incerti, come se fossi veramente diventato cieco.
Ecco la vita che quell’uomo ha voluto che vivessi, quando con una parola mi ha richiamato dall’altra sponda del fiume dove la sorte mi aveva portato, e ormai non mi interessa più ricordare quello che ho visto perché so che presto lo vedrò di nuovo, ma  nei poveri ripari in cui trascorro le mie notti c’è sempre una domanda che mi tiene sveglio: perché?



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