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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Emanuele Sigismondi

La nuvola

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Diario d'un miracolo mancato, o miracolo mancato d'un diario


Questo vuole essere il breve resoconto degli straordinari fatti che mi sono occorsi nei primi giorni del <s>lug</s> giugno di quest'anno -----

3 giugno
Stamattina mi sono recato, come ogni giorno, a lavoro. Gestisco una farmacia nella zona industriale, che fu di mio padre prima di me, e di mio nonno prima di lui. Troverete <s style="text-line-through: double">ben strano</s> quantomeno inusuale che il mio negozio, un negozietto con un'impiegata oltre a me, si trovi lì, tra uno scatolificio, un'officina meccanica e  una fabbrica di vernici<s style="text-line-through: double"> [DOMANI GUARDA COSA C'è METTI QUELLI VERI]</s>. In realtà così strano non è. Direi che la zona industriale è un po' come un bosco: uno lo guarda da fuori e gli occhi vedono solo alberi, scuri e maestosi; possono pure far caso di tanto in tanto a un cespuglio, un fungo, una pigna, ma l'immagine che poi si porta dietro è quella dei tronchi duri e delle volitive foglie: provate a far disegnare un bosco ad un bambino. Insomma, c'è un ricco sottobosco, come c'è, appunto, nel bosco [brutta, cambia], nelle zone industriali, non solo quei grossi bocchini fumanti che vedete in televisione. [sfronda un po' -> da riciclare]
Stamattina, quindi, mi alzo in ritardo di venti minuti perché non sento la prima sveglia. Decido di fare colazione al bar per risparmiare tempo, e in effetti recupero. Per una strana coincidenza vedo anche il simbolo del meteo dell'Emilia (sono di Medicina <s style="text-line-through: double">- ah, che risate, lettori, che risate)</s> [meno offensivo – meno incisi] nella televisione del bar: sole. Fatto sta che quando arrivo sul posto, la farmacia è già aperta; Mara, la mia aiutante, è sempre puntualissima. Confortato, vado a parcheggiare con calma nel posto all'ombra - così la macchina non si riscalda - e con altrettanta calma mi dirigo al negozio a piedi. Ma ecco che, appena sceso, la noto. Era ancora piccola, una pecorella [toglilo, c'è anche alla fine], ma mi sembrò strano proprio perché avevo visto le previsioni dieci minuti prima. Anche se non così strano.

4 giugno
Stamattina ha piovuto. Ma non in tutta Medicina: solo nella zona industriale. Come ieri, come sempre, sono andato a lavoro. Arrivato lì, c'era ancora la nuvola, sì, la nuvola, che ho visto ieri. Ah, una nuvola vi pare una cosuccia da nulla, eh? Aspettate di leggere il resto.
Era nello stesso punto, solo un po' più grossa, e un po' più scura.«<s>"</s>Sarà tutto questo inquinamento... Ma no, mica colora le nuvole?<s>"</s>»mi son detto. Sì, perché magari voi credete che nella zona industriale sia tutto un grigione, una nebbia fuligginosa che non vedi a un palmo dal naso, ma devo smentirvi: il cielo è terso come altrove, lì (per quanto lo permetta l'Emilia). Se non fosse per le brutture architettoniche, la zona industriale sarebbe un bel posto. E poi, in fondo, ci si abitua. C'è un fascino nascosto, nei tubi rossi scorticati, nelle ruspe polverose, nei cancelli arrugginiti, nei rumori seriali dei pistoni, che io ormai ho scovato: la disumanità, l'orrore che ci vedete voi, che denunciate nei vostri quadri, nei vostri film, nei vostri libri, è semplice non-familiarità [trova un sinonimo più bello]: vi piace la natura, dite, ma vi vedo più spesso andare dal meccanico che guardare il cielo. Ma io, che guardo sempre anche quello, sarò per voi il testimone, <s style="text-line-through: double">che dico, l'evangelista,</s> di questo prodigio. Oggi, insomma, quando sono uscito a fumare una sigaretta verso le 11, aveva già cominciato a piovigginare, e non l'avevo finita che ormai le gocce picchiavano forte. E la cosa strana era che non c'erano altre nuvole, e tutt'intorno splendeva il sole. Questo non era ancora ai miei occhi nulla più che una cosa strana, così rientrai senza più badarci e finii la giornata di lavoro alle 19:30 come ogni giorno. Quando uscii, avrei detto che avesse smesso di piovere da un bel po'.

5 giugno
Al lavoro come ogni giorno. Oggi ero molto in ritardo così entrando non ho fatto caso se la nuvola ci fosse o meno. Non ci ho pensato nemmeno dopo, è stata una giornata piena di lavoro: i clienti sono arrivati come fossimo alla Farmacia Centrale. Dopo un po' ho scoperto che in uno spiazzo poco lontano c'era una festa delle scuole medie che era stata spostata lì all'ultimo momento per qualche motivo <s style="text-line-through: double">su cui bisticciavano due mamme e di cui non mi sono curato. Ma ringrazio Iddio che oggi ci sia arrivata questa iniezione di soldi -sì, le mamme amano così tanto i loro cuccioli che gli venderesti qualunque pomatina o cerottino premettendo un "ma se vuole essere proprio sicura che suo figlio..."- ringrazio Iddio perché siamo così poco visibili dalla strada principale che fa più affari il fiorista cento metri più giù – c'è il cimitero, certo, e i morti con le medicine ci fanno poco – poco quanto con i fiori [richiama C. per l'idea delle pompe funebri]</s>
Ma ringrazio Iddio che oggi abbiamo fatto un po' di affari, ce n'era proprio bisogno. Sarà stato lo stress da superlavoro ma poi mentre ripulivamo il negozio ho avuto da ridire con Mara e non ho più pensato alla nuvola fino a sera. Uscendo, me la trovai ancora lì, sopra la mia testa: per un minuto o un'ora, non saprei dirlo, mi sono sentito inghiottito in quell'abisso nero <s style="text-line-through: double">-no, che dico, più nero del nero-</s>, poi per fortuna Mara mi ha battuto sulla spalla perché voleva chiedermi scusa e mi sono ripreso. Ho chiarito con Mara e sono tornato a casa.

6 giugno

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7 giugno
"I change, but I cannot die" canta Shelley, e posso ben fargli il coro: anche oggi la nuvola era lì, ancora più scura, ancora più ruvida, ma decisa nella sua posizione. E, a mio parere, quei quattro giorni di fissità avevano superato la barriera dello strano, così decisi di parlarne a Mara - ma così, mettendola sul tavolo del più e del meno. Lei ha detto "ah, non ci avevo fatto caso" e ha troncato lì, nemmeno è uscita per vederla. Ma non posso biasimarla, ancora non era successo niente, e non tutti hanno il mio occhio. Ho cercato qualcosa su internet, in uno dei tanti momenti di buco, ma non sono riuscito a cavarne fuori nulla. Domani chiamerò Roberto, un mio amico geologo, per saperne di più.

8 giugno
Era, ovviamente, ancora lì. Così la prima cosa che ho fatto arrivato al lavoro è stata chiamare Roberto. Non mi ha risposto, e ho riprovato durante una pausa. Finalmente risponde, ma liquida il mistero con un semplice "ma sì, può capitare... non hai visto Fantozzi?" e poi passa a parlare di tutt'altro. Era un po' che non lo sentivo.
Oggi mi sono capitati molti clienti strambi: una vecchietta che cercava delle caramelle per il cane, un'altra anziana avvenente -------

<s style="text-line-through: double"> Oggi decido di iniziare a scrivere il diario per prendere nota di questi</s>


!!!
[SI CAPISCE CHE FIN QUI LI HAI SCRITTI DOPO, CORREGGI, NON  è VEROSIMILE]


9 giugno
è successo qualcosa di straordinario: la nuvola è cresciuta di almeno 1/4 rispetto alle dimensioni di ieri sera. Non ho mai visto nulla di simile. All'inizio non ho potuto guardarla bene perché in negozio c'era un bel daffare, ma alla prima occasione sono uscito e l'ho osservata, osservata con estrema attenzione: come qualche giorno fa, sono stato rapito dall'infausto succo del cumulo <s style="text-line-through: double">-ho visto che il nome proprio sarebbe questo-</s>, e l'ipnosi è durata fino a che una cliente non mi ha rivolto una domanda (ah, salvatrice!). Sono subito tornato in me, ma per tutto il resto della giornata ho avvertito uno strano malessere di causa sconosciuta, e se lascio un attimo la testa fantasticare capite anche voi quali collegamenti faccia. La nuvola non solo è strana, non solo è sinistra, dev'essere molto di più...



10 giugno
Sempre lì. Oggi mentre andavo a lavoro in macchina ho sentito alla radio della scomparsa in circostanze non chiarite di un vecchio contadino mentre lavorava i campi, in provincia di Grosseto. Così ho pensato che uno di -------

11 giugno
Oggi non sono andato al lavoro. Non mi sono ancora ripreso dallo shock di ieri. Sento da stamattina la febbre che sale, anche se il termometro segna sempre 37. Sembra una scala Shepard. Non riesco a togliermi il nero dalla testa. La polizia non mi ha creduto, così nel pomeriggio ho chiamato una televisione locale. L'appuntamento è fissato per domattina. Sono costretto a interrompere la scrittura per i tremori. Spero di riuscire ad addormentarmi in fretta. [troppo breve]

12 giugno
La televisione non è venuta, ha rimandato a domani, "tanto, per come l'ha messa lei, la nuvola non se ne va". Fortunatamente l'ho saputo stamattina mentre ancora guidavo verso la farmacia, così ho evitato quella visione orribile. Mi sono deciso anche a rispondere a Mara, che mi chiama da ieri: ovviamente mi ha insultato, crede che io sia pazzo oppure che voglia prendermi dei giorni per spassarmela. Non capisce, nessuno di voi capisce, ma domani vedrete. [c.s.]

13 giugno
Stamattina mi sono alzato un'ora prima, per preparare tutto. <s style="text-line-through: double">Già ieri sera ho preparato il discorso per la televisione, una cosa di 10 minuti, non ci ho messo molto. Forse non è abbastanza, quando se ne accorgerà anche la troupe, allora forse mi daranno tutto lo spazio che merito. Forse mi daranno tutto il palinsesto della giornata.  Stamattina, comunque, ho tagliato la barba - erano giorni che non lo facevo, mi sono lavato accuratamente e vestito per bene.</s> Sono insolitamente di buon umore. Ho preso la macchina fotografica professionale che mi ha prestato Francesco <s style="text-line-through: double">colgo l'occasione per ringraziarlo</s> taccuino, matite, penne <s style="text-line-through: double">e quant'altro</s>, per fare un reportage accurato. Scrivo mentre sono a fare colazione al bar, <s style="text-line-through: double">ora fumo una sigaretta e vado.</s> Ora smetto di scrivere, l'emozione è dirompente. Scriverò di nuovo stasera.

Niente.
La nuvola ancora c'era, ovviamente, ma si era rischiarata. Aveva perso tutto il suo lugubre fascino, era una pecorella innocente. I tre tizi della televisione sono arrivati con un'ora e mezza di ritardo. Sono arrivati con un furgone scassato, all'inizio ne è sceso uno, mi ha fatto parlare per un po', poi mi ha interrotto a metà discorso: «ma ce la faccia vedere questa nuvola». Ho cercato di difendermi come potevo, ma il fantasma della mia ridicolaggine era proprio lì, sopra la mia testa. Quando l'intervistatore ha capito, ha chiamato gli altri due, due energumeni, un uomo e una donna, e hanno cominciato tutti e tre a sbeffeggiarmi. Io ho sopportato tutto stoicamente, tenendo lo sguardo fisso a terra, finché quelli non hanno capito che non attaccava e se ne sono andati. Poco dopo è uscita Mara, si è presa cura di me e mi ha portato nel retrobottega. Dopo un po' sono uscito e sono tornato a casa, senza dire più niente.
Ora non so come andare avanti. Ogni parola che scrivo è una pugnalata; mi ero solo illuso.
Ho un disperato bisogno di un finale. Ma non ho più[?] niente da dire. Dovevano intendere questo quando dicevano che non so scrivere.

[trova un altro finale]



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