RECENSIONI
Giovanni Dozzini
La scelta
Nutrimenti, Pag. 250 Euro 17,00
Quando so che un romanzo è tratto da una storia vera provo felicità e tormento. Perché amo le storie vere, ma vengo pressata dalla necessità di sapere quanto di realmente vero ci sia. A questo proposito l’Autore dà chiare indicazioni nella nota finale. In generale, dice, se è vero che nessuna storia reale può davvero essere riportata fedelmente, questa in particolare ha presentato subito dei problemi.
Se già sugli aspetti principali della vicenda coloro che si erano impegnati in qualche sforzo di ricostruzione non riuscivano a trovarsi d’accordo, infatti, i dettagli, le interpretazioni, le dinamiche, le prospettive appaiono estremamente contraddittori.
Anche perché era passato del tempo prima che la storiografia ufficiale cominciasse a interessarsi all’episodio in questione. Da qui la scelta (una scelta anche questa) di rinunciare all’inchiesta di taglio giornalistico e sbrigliare la fantasia in una storia che, sia pure nel rispetto del contesto storico e della sostanza dei fatti, procede con la libertà concessa alle opere di narrativa. Alcuni personaggi ricalcano personaggi reali, come il parroco don Ottavio Posta che è stato nominato fra i Giusti di Israele per il suo contributo in favore degli ebrei perseguitati. Altri sono nati dalla fantasia dell’Autore.
La vicenda riguarda gli abitanti di un’Isola del Trasimeno, in prevalenza pescatori, che sembravano vivere in una nicchia tranquilla ai margini della Storia durante il periodo dell’occupazione tedesca, nel 1944. In realtà si troveranno al centro di una situazione difficilissima e pericolosa, combattuti fra la minaccia mortale costituita dagli oppressori, incattiviti dalla sconfitta imminente, e il senso di responsabilità nei confronti di un gruppo di ebrei fuggiaschi nascosti nel cuore dell’isola.
Non è il caso di anticipare nulla di una trama dalle alterne vicende, in cui non mancano episodi di crudeltà né atti di abnegazione.
Allora affrettò il passo, e dopo poche decine di metri cominciò a correre, sollevando la polvere dello serrato e inciampando più volte sui ciottoli. (…) Si fece strada tra le case, e le trovò tutte serrate, silenziose, come se fossero state appena visitate da uno spirito maligno, o da un demone. Il prete si fece il nome del padre, avanzando e tentando di scorgere qualche volto nelle cornici delle finestre (…) Non riusciva a sentire alcuna voce, né alcun rumore (…) giusto gli strilli di qualche gabbiano che attraversava il cielo lattiginoso. Percorse un luogo deserto e immobile, ma approssimandosi ala piazza cominciò ad avvertire il brusio dei pochi pescatori restati nel punto esatto (…)
“Che succede?”, chiese Don.
“I tedeschi”. Ed era chiaro. Era tutto.
Si tratta di un romanzo corale in cui è ben rappresentata la vita semplice dei pescatori, le loro fatiche quotidiane, gli amori dei giovani e i timori degli anziani, l’ingenua religiosità e il collaudato senso pratico. Senza dimenticare il punto di vista, sempre prezioso, dei bambini.
Quello che manca è forse una maggiore caratterizzazione dei personaggi minori, assiepati nell’affresco di popolo in cui non sempre si riesce ad associare a ogni nome un volto, una voce, un tic che lo faccia unico, sia pure nella sua piccolezza. Alcuni si lasciano vedere di più, altri quasi si confondono.
Per il resto non c’è che dire. Una bella scrittura, adatta alla storia, efficace, nella migliore tradizione del romanzo italiano.
di Giovanna Repetto
Se già sugli aspetti principali della vicenda coloro che si erano impegnati in qualche sforzo di ricostruzione non riuscivano a trovarsi d’accordo, infatti, i dettagli, le interpretazioni, le dinamiche, le prospettive appaiono estremamente contraddittori.
Anche perché era passato del tempo prima che la storiografia ufficiale cominciasse a interessarsi all’episodio in questione. Da qui la scelta (una scelta anche questa) di rinunciare all’inchiesta di taglio giornalistico e sbrigliare la fantasia in una storia che, sia pure nel rispetto del contesto storico e della sostanza dei fatti, procede con la libertà concessa alle opere di narrativa. Alcuni personaggi ricalcano personaggi reali, come il parroco don Ottavio Posta che è stato nominato fra i Giusti di Israele per il suo contributo in favore degli ebrei perseguitati. Altri sono nati dalla fantasia dell’Autore.
La vicenda riguarda gli abitanti di un’Isola del Trasimeno, in prevalenza pescatori, che sembravano vivere in una nicchia tranquilla ai margini della Storia durante il periodo dell’occupazione tedesca, nel 1944. In realtà si troveranno al centro di una situazione difficilissima e pericolosa, combattuti fra la minaccia mortale costituita dagli oppressori, incattiviti dalla sconfitta imminente, e il senso di responsabilità nei confronti di un gruppo di ebrei fuggiaschi nascosti nel cuore dell’isola.
Non è il caso di anticipare nulla di una trama dalle alterne vicende, in cui non mancano episodi di crudeltà né atti di abnegazione.
Allora affrettò il passo, e dopo poche decine di metri cominciò a correre, sollevando la polvere dello serrato e inciampando più volte sui ciottoli. (…) Si fece strada tra le case, e le trovò tutte serrate, silenziose, come se fossero state appena visitate da uno spirito maligno, o da un demone. Il prete si fece il nome del padre, avanzando e tentando di scorgere qualche volto nelle cornici delle finestre (…) Non riusciva a sentire alcuna voce, né alcun rumore (…) giusto gli strilli di qualche gabbiano che attraversava il cielo lattiginoso. Percorse un luogo deserto e immobile, ma approssimandosi ala piazza cominciò ad avvertire il brusio dei pochi pescatori restati nel punto esatto (…)
“Che succede?”, chiese Don.
“I tedeschi”. Ed era chiaro. Era tutto.
Si tratta di un romanzo corale in cui è ben rappresentata la vita semplice dei pescatori, le loro fatiche quotidiane, gli amori dei giovani e i timori degli anziani, l’ingenua religiosità e il collaudato senso pratico. Senza dimenticare il punto di vista, sempre prezioso, dei bambini.
Quello che manca è forse una maggiore caratterizzazione dei personaggi minori, assiepati nell’affresco di popolo in cui non sempre si riesce ad associare a ogni nome un volto, una voce, un tic che lo faccia unico, sia pure nella sua piccolezza. Alcuni si lasciano vedere di più, altri quasi si confondono.
Per il resto non c’è che dire. Una bella scrittura, adatta alla storia, efficace, nella migliore tradizione del romanzo italiano.
di Giovanna Repetto
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