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INTERVISTE

Michael Chorost

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Partiamo dalla tua infanzia. I tuoi problemi di udito.



Mia madre prese la rosolia quando era incinta di me, per questo sono nato con una carenza di udito. Mi hanno messo gli apparecchi acustici a tre anni e mezzo e ho imparato a parlare inglese abbastanza bene da poter frequentare una normale scuola di bambini udenti. In un giorno, all'età di 36 anni, ho perso il residuo del mio udito e due mesi mi sono fatto mettere il primo impianto cocleare



Nel tuo libro "Rebuilt" sei riuscito a equilibrare la tragedia della sordità con la poesia di una nuova scoperta del mondo attraverso l'impianto cocleare. È davvero un'ottima lettura. Ti ha aiutato in qualche modo la scrittura?



Il giorno che sono diventato sordo, mi sono seduto alla mia tastiera e ho iniziato a scrivere. Ho scritto il libro nel periodo in cui mi sottoponevo all'operazione per l'impianto e imparavo a usarlo. Sì, il libro mi ha decisamente aiutato a vedere questo processo da un punto di vista narrativo. Come una storia di crescita e apprendimento.



Sei sempre stato così esperto di scienza e tecnologia?



Ho sempre un rapporto ambivalente con la tecnologia e la scienza. Da un lato, ho sempre amato i computer. Sono stati uno dei primi bambini ad avere un Apple II. Dall'altro però sono sempre stato consapevole che Internet può essere utilizzato per evitare rapporti umani. Questa ambivalenza è messa ben in evidenza in entrambi i miei libri. In Rebuilt, parlo di come gli incontri on line possano avere l'effetto di ridurre le persone a oggetti, e di come gli impianti cocleari possano alla fine distruggere la comunità dei sordomuti. In WORLD WIDE MIND, sottolineo l'importanza della riscoperta della comunicazione a quattr'occhi in un mondo pieno di tecnologia.



Una delle parti migliori del libro è quando decidi di affrontare appunto la comunità die sordomuti. La loro iniziale ostilità nei confronti l'impianto cocleare a prescindere. Perché hai scelto di agire in quel modo diretto?



La frase comunità dei sordo muti è estremamente datata, per decenni in inglese non è stata più usata. Mi sembra più corretto chiamarla la comunità del linguaggio dei gesti.

Su di loro ho scritto in Rebuilt perché volevo esprimere la mia testimonianza in merito alla mancanza di socialità vissuta nella mia vita. L'ho vista come un esempio potenziale di un tipo di comunità compatta che nella vita americana spesso manca. Tuttavia, solo per scrivere WORLD WIDE MIND sono andato a passare un anno effettivo di vita con loro. Non ho mai imparato il linguaggio dei gesti da bambino. Né crescendo. Per questo ho provato a impararne degli stralci quando ho frequentato un anno alla Gallaudet University, che è un'università per i sordo muti. Essi mi hanno accolto benissimo e in maniera amichevole. La loro diffusa ostilità verso l'impianto cocleare è una cosa del passato. Ci sono perfino alcuni studenti in quella università che ce l'hanno. Tuttavia, è l'impatto a lungo termine dell'impianto che sta agendo sulla mentalità della comunità. Quando un bambino viene impiantato può crescere imparando una lingua parlata in maniera pressoché normale. Ciò significa che i genitori non lo manderanno in una scuola apposita per sordo muti, che rappresenta il fondamento della comunità. Ciò vuol dire ancora che la comunità del linguaggio dei segni è a rischio estinzione di qui a pochi decenni.



Consiglieresti un impianto cocleare a una giovane coppia di genitori con un figlio nato sordo?



Sì, assolutamente. Ogni bambino merita di avere l'opportunità di sentire e di essere pienamente un membro della società del linguaggio parlato. Non sentire limita fortemente l'abilità di un bambino di essere educato a esprimere il suo potenziale e di inseguire i suoi sogni.



Il tuo nuovo libro parla del web. Ci dici qualcosa? Sembri essere molto attratto dalle potenzialità della rete. Come pensi possano cambiare le nostre vite o come stiano attualmente cambiando sotto la sua influenza?



WORLD WIDE MIND è fondamentalmente sull'idea di usare la tecnologia per ottenere maggiore riservatezza e una migliore comunicazione. La gente spesso parla della possibilità che si possa stabilire un legame diretto fra i due emisferi del cervello, ma fino adesso nessuno ha esplorato davvero cosa questo significa. Ed è ciò che cerco di fare nel libro. Parlo delle tecnologie emergenti che stanno iniziando a rendere possibile la deduzione di ciò che un cervello pensa e sente analizzando la sua attività neuronale. Una effettiva versione commerciale di una tecnologia simile è piuttosto lontana ancora, semmai verrà resa disponibile, e tuttavia mi sentivo fortemente attratto dall'idea e volevo indagarla. Descrivo scenari riguardo il suo funzionamento e ciò che può provocare. Un punto che metto in risalto nel libro è che non esiste una cosa come la comunicazione perfetta, né sarà mai possibile sapere davvero cosa significa essere un'altra persona. Come ogni altra nuova tecnologia, ci offre semplicemente una gamma di possibilità. Parlo di come possa modificare le nozioni di individualità, intimità e privacy. Ma metto anche in evidenza l'importanza della comunicazione a quattr'occhi e tattile. La tecnologia potrà fare da supplemento, ma non potrà mai rimpiazzare quelle cose.



Ti consideri davvero un cyborg? Pensi che la gente non dovrebbe temere nulla da questa fusione fra l'uomo e la macchina?



No, non più. Dopo aver scritto il mio primo libro ho deciso che la parola "cyborg" fosse davvero qualcosa di vuoto; non vuol dire in effetti molto. La tecnologia ci ripara, ci permette di fare nuove cose, e ci fornisce nuove modalità per ridiventare (o essere) umani, ma in sé non cambia la nostra essenza. Quello che cambia la nostra essenza è la nostra volontà: le nostre decisioni e scelte di provare nuove cose e farle in maniera diversa. E nessuno dovrebbe avere paura di questo.



Grazie del tuo tempo Michael.





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