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Il Paradiso degli Orchi
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INTERVISTE

Mimmo Franzinelli

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Al di là di tutte le polemiche, non le sembra che l'inattendibilità dei 'Diari' sia evidente dal modo in cui sono stati scritti? Lei fa notare, nei brani che riporta, non solo le incongruenze, ma anche gli innumerevoli errori grammaticali. Ma le sembra possibile che uno statista come Mussolini potesse commettere svarioni simili?



Indubbiamente si tratta di un falso grossolano, che si spiega soltanto se ci si pone dalla prospettiva delle due signore di Vercelli – Rosetta e Mimì Panvini – che con l'aiuto di qualche nostalgico si posero al lavoro verso la metà degli anni Cinquanta per produrre "i diari di Mussolini", nel duplice intento di ricavarne vantaggi finanziari e di fornire un'immagine accattivante del duce. Disponiamo dei veri diari mussoliniani della grande guerra: il confronto con quelli editi da Bompiani non regge su alcun punto: lo stile, la profondità delle riflessioni, la precisione autobiografica... Al di là degli innumerevoli svarioni, manca in questi pseudo-diari qualsiasi annotazione significativa sui risvolti di politica interna e estera, se non nei limiti del commento scontato e di "buon senso" che chiunque avrebbe potuto scrivere cercando di porsi nei panni del dittatore e utilizzando le fonti disponibili a stampa (dai quotidiani d'epoca ai discorsi del dittatore alla memorialistica dei gerarchi).



"Libero" l'ha accusata di buttarla in caciara, anzi, in politica. Con la scusa dei 'Diari', veri o falsi, si vuole attaccare Berlusconi e il suo entourage. Lei fa bene a rispondere che la politica non c'entra nulla con la faccenda, ma per esempio, come spiegare l'atteggiamento della Mussolini che reputa i documenti assolutamente veri. Non le pare un atto di fedeltà al 'berlusconismo'?



In realtà è stato "Libero" che, irritato per essere stato smascherato (Autopsia di un falso è uscito nelle librerie mentre il quotidiano milanese spacciava a dispense il falso diario), l'ha buttata in politica, per evitare di rispondere ai punti da me sollevati: incongruità, falsi storici, errori di datazione, sbagli di persone ecc.

Quanto all'atteggiamento della famiglia Mussolini, vorrei anzitutto ricordare che quando queste stesse agende comparvero, negli anni settanta, figli e nipoti del duce ne contestarono l'autenticità. Oggi, con un clamoroso (e a mio avviso immotivato) ribaltamento di posizioni, hanno deciso per la veridicità.



Poi diciamocela... mi sta bene che si dica che l'ideologia nulla c'entra coi Diari di Mussolini, ma quando vedo Dell'Utri fare una presentazione a Casa Pound, beh qualcosa mi ronza in testa...



L'ideologia c'entra, e doppiamente: 1) per l'impasto buonista riverberato dalle due falsarie dai settimanali popolari degli anni Cinquanta che dipingevano un Mussolini buonuomo, borghese e perbenista; 2) per i commenti ammirati e a tratti addirittura entusiasti del senatore Marcello Dell'Utri nelle sue presentazioni pubbliche delle fatidiche agende: i curiosi digitino su "YouTube" le parole "Dell'Utri diari Mussolini" e potranno sincerarsi direttamente di ciò. Mi risulta peraltro che dopo la pubblicazione di Autopsia di un falso il sullodato senatore non abbia proseguito il tour promozional-mussoliniano, come pure ha metodicamente rifiutato un pubblico confronto con il sottoscritto sui diari da lui "scoperti"...



Ad un certo punto del libro lei parla anche dello sporco affare dei falsi 'Diari' di Hitler. Vi ho scorto delle differenze sostanziali, a cominciare dal fatto che in Germania, una volta rivelata la patacca, tutto si è fermato. In Italia 'sta storia delle agendine di Mussolini va avanti da più di cinquant'anni, e come confessa lei stesso, in futuro se ne parlerà ancora...



In Germania non è consentito "scherzare" con presunti diari hitleriani: Archivio di Stato e Polizia scientifica hanno disposto in tempi rapidi perizie che hanno accertato inequivocabilmente la montatura del materiale accreditato dal settimanale "Stern". Da noi, invece, l'Archivio centrale dello Stato e la Polizia scientifica si sono tenuti fuori dalla vicenda, dimenticando che Mussolini è stato per oltre un ventennio capo del governo e pertanto i diari a lui attribuiti rivestono un significativo rilievo e i cittadini si attendono una forma di controllo dalle istituzioni preposte alla conservazione degli autografi dell'ex dittatore e alla verifica della loro autenticità. Noto, di sfuggita, che pure la Guardia di Finanza si è disinteressata a una questione che probabilmente cela risvolti poco edificanti in tema di esportazione di capitali, visto che l'acquisto si è effettuato in Svizzera e che la società proprietaria opera nell'ombra e ha sede in estremo Oriente... A voler essere maliziosi, si potrebbe pensare che la collocazione politica governativa di chi ha lanciato l'operazione abbia giocato un qualche ruolo nell'inerzia generalizzata degli organi statali. In Germania, invece, le cose andarono ben diversamente...



Anni fa Mario Pirani scrisse un libriccino sul 'fascino' del nazismo. Mentre Luzzatto s'interessò al 'corpo' di Mussolini in un bellissimo saggio Einaudi. Ma non è che alla base di tutto questo interesse per i falsi 'Diari' ci sia, sotto sotto, qualcosa di diverso dai pruriti di qualche nostalgico di regime?



Credo che attraverso la proiezione di un determinato Mussolini, diverso e alternativo al personaggio storico, si rimetta in gioco l'identità stessa degli italiani, governati e governanti. Un diario, in sostanza, nato per parlare all'Italia degli anni Cinquanta (quando venne pazientemente costruito) e di recente riciclato per parlare al Paese di oggi.

Sul piano culturale, sono sconcertato dall'atteggiamento dell'editor di Bompiani, Elisabetta Sgarbi, fautrice dell'operazione con motivazioni meramente di mercato, con modalità che denotano scarso rispetto per i diritti dei lettori, cui viene elargito un falso... con la formula ipocrita dei "diari veri o presunti"... Evidentemente l'editoria (o almeno una certa editoria) gode di uno status privilegiato, poiché se un imprenditore di un qualsiasi altro settore immettesse sul mercato prodotti adulterati (dicharando ingredienti "veri o presunti"), verrebbe perseguito dal Nucleo antisofisticazione...



Lei afferma nel libro che l'operazione dei 'Diari' è volta essenzialmente a mostrare un Duce più umano e anche un po' vittima. 'Libero' le contesta l'assunto dicendo invece che i documenti mostrano Mussolini coerente con le scelte fatte. Ma se mettiamo da parte questo motivo cosa resta dell'intera operazione?



Dell'intera operazione, a mio giudizio, resta il senso di un colossale bluff, che negli anni a venire fornirà oggetto di analisi e di riflessioni sul rapporto cultura-ideologia, sullo stato dell'editoria, su una fase politica tormentata e confusa...



Ma secondo lei come mai uno storico come De Felice, negli ultimi anni della sua esistenza, si stava convincendo che i Diari potessero almeno essere una ri-scrittura del Duce?



In realtà Renzo De Felice fu vigile nel demistificare gli apocrifi mussoliniani composti dalle signore Panvini; poi, in un'occasione (come ricostruisco nel mio libro), è caduto nel tranello giornalistico del parere richiesto a tamburo battente su documenti che non aveva potuto analizzare nella loro compiutezza né con il tempo necessario.

La tesi della ri-scrittura del diario 1939 durante la Repubblica sociale con finalità auto-difensive in vista del processo del dopoguerra è stata elaborata dallo storico statunitense Brian Sullivan, al quale lo scorso inverno ho inviato in visione preventiva alcuni riscontri di Autopsia di un falso: ebbene, ha riconosciuto di essersi sbagliato e ha escluso che Mussolini possa avere scritto quell'impasto di ovvietà e di errori che oggi ha inopinatamente trovato dignità di stampa.





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