RECENSIONI
Hans Fallada
Ognuno muore solo
Sellerio, Clara Coisson, Pag. 740 Euro 16.00
E’ l‘ennesima ristampa di quello che è considerato il capolavoro di Fallada. I nostri editori hanno sempre trattato bene lo scrittore tedesco, a cominciare anche dall’ultima versione che ne ha fatto Einaudi con una copertina, mi si passi l’appunto, veramente entusiasmante.
Ognuno muore solo è basato su una storia vera, rielaborazione letteraria dell’inchiesta della Gestapo che portò alla decapitazione di due coniugi berlinesi di mezza età. Nel 1946 arrivò a Fallada una serie di documenti del Terzo Reich che indicavano come responsabili dell’invio di cartoline compromettenti due tranquilli signori. In pochi mesi lo scrittore realizzò un romanzo (quasi perfetto anche se cambiò alcune caratteristiche biografiche dei due responsabili e di altri personaggi del romanzo) ma non ebbe il tempo di verificare tutti i suoi sforzi perché la morte lo prese alla fine del ’46.
Primo Levi (forse esagerando un po’) lo considerava il libro più importante mai scritto sulla resistenza al nazismo. Certo però che accadimenti del genere e anche più consistenti accaddero nel pieno del comando del Terzo Reich. A cominciare dal tentativo di colpo di Stato di von Stauffenberg del luglio del ’43 o ancora i colti volantini scritti nel ’42-43 dai dissidenti della Rosa Bianca.
Al confronto la scrittura di cartoline dei due coniugi berlinesi sembrerebbe, viste anche il linguaggio sgrammaticato, ben misera cosa. Ma Fallada approfittò dell’evento per imbastire un discorso ben preciso sulle dinamiche e i meccanismi del nazismo e soprattutto sulla sua ferocia.
Ci sarebbe da dire anche sul fatto che lo stesso Fallada, raccontando la tragedia e la fine dei due protagonisti, abbia in realtà posto l’accento sulla sconfitta del regime e sulla sua prossima caduta, perché la struttura al comando, durante tutta la rappresentazione letteraria, perde anche pezzi della propria composizione.
E’ un libro da ponderare (700 pagine, soprattutto in questi tempi di magra, non sono poche), da riconsiderare, da leggere con attenzione e magari facendo nostro l’appunto che Geoff Wilkes, fece nella postfazione: laddove in Eichmann in Jerusalem (1963) Hannah Arendt disseziona e analizza la ‘banalità del male’, Ognuno muore solo di Hans Fallada comprende e celebra la banalità del bene.
di Alfredo Ronci
Ognuno muore solo è basato su una storia vera, rielaborazione letteraria dell’inchiesta della Gestapo che portò alla decapitazione di due coniugi berlinesi di mezza età. Nel 1946 arrivò a Fallada una serie di documenti del Terzo Reich che indicavano come responsabili dell’invio di cartoline compromettenti due tranquilli signori. In pochi mesi lo scrittore realizzò un romanzo (quasi perfetto anche se cambiò alcune caratteristiche biografiche dei due responsabili e di altri personaggi del romanzo) ma non ebbe il tempo di verificare tutti i suoi sforzi perché la morte lo prese alla fine del ’46.
Primo Levi (forse esagerando un po’) lo considerava il libro più importante mai scritto sulla resistenza al nazismo. Certo però che accadimenti del genere e anche più consistenti accaddero nel pieno del comando del Terzo Reich. A cominciare dal tentativo di colpo di Stato di von Stauffenberg del luglio del ’43 o ancora i colti volantini scritti nel ’42-43 dai dissidenti della Rosa Bianca.
Al confronto la scrittura di cartoline dei due coniugi berlinesi sembrerebbe, viste anche il linguaggio sgrammaticato, ben misera cosa. Ma Fallada approfittò dell’evento per imbastire un discorso ben preciso sulle dinamiche e i meccanismi del nazismo e soprattutto sulla sua ferocia.
Ci sarebbe da dire anche sul fatto che lo stesso Fallada, raccontando la tragedia e la fine dei due protagonisti, abbia in realtà posto l’accento sulla sconfitta del regime e sulla sua prossima caduta, perché la struttura al comando, durante tutta la rappresentazione letteraria, perde anche pezzi della propria composizione.
E’ un libro da ponderare (700 pagine, soprattutto in questi tempi di magra, non sono poche), da riconsiderare, da leggere con attenzione e magari facendo nostro l’appunto che Geoff Wilkes, fece nella postfazione: laddove in Eichmann in Jerusalem (1963) Hannah Arendt disseziona e analizza la ‘banalità del male’, Ognuno muore solo di Hans Fallada comprende e celebra la banalità del bene.
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