DE FALSU CREDITU
Pino Sinalefe
Onan il barbaro
Edizione Gluck, Pag. 140 Euro 14,80
Il rigore iconoclasta di Pino Sinalefe già ampiamente palesato nella sua precedente antologia poetica Glande glande glande (sempre edizioni Gluck) qui si mostra nella sua terrificante veridicità. I crudeli fomeni che accompagnano questo grido di dolore (che in qualche modo fa coppia con la vera e propria richiesta di aiuto, ma risoluto incantesimo, che ci è venuta dalla compagna di Sinalefe, Amanda Frellioje, col zuo zibaldone Ris-canto) sono monumenti di dissacrante solitudine, 'giocati', se mi si passa il termine vagamente ossimorico, tra controforze altamente anfibologiche e acirologie complementari.
L'essenza del verso sta nella sua anoressica semplicità, a metà strada tra il poetare sciolto, l'eredità dell'esametro omerico, la sostanza frammentaria della classicità greco-latina e l'haiku arditamente deflagrante.
Il 'gesto' sessuale, nella poetica di Sinalefe, diventa subito meccanicismo, se non addirittura abitudinarietà quasi involontaria: Anno bisestile/ bisessuale ano/ ah no? Onan? bisettimanalmente mi masturbo.
Dunque Pino Sinalefe fa della sua condizione un totem di imperturbabilità (scherzando si potrebbe avvertire nell'espressione un sortilegio quasi freudiano), ma costruisce sulla sua ascesi onanista (da qui quel titolo che è una boutade, ma anche lucida testimonianza di una sacrilega e primitiva iattanza) richiami contemporanei ed azzeccati: Quel fuck/ non mi fax/ molto pene!
E vogliamo parlare del confronto con la Storia, col suo più che passato, col suo trapassar remoto che ingloba cinematografia e musica, perché di musicalità deve 'suonare il verso?: M'annoio con l'ok Corral/ ma pure la lisergia/ del Woodstocazzo!
Davvero esemplare poi, quella sorta di haiku bergmaniano che al regista avrebbe potuto sembrare irriverente e sconcio, ma che in Sinalefe assume l'importanza di una rivelazione sincera, quasi brutale della sua ossessione narcisistica e fallica: M'imfebbro di baroccheria/ ma mi balocco/ col settimo sigillo/ forse gingillo?
Era chiaro, già nelle dichiarazioni che lo stesso poeta aveva rilasciato dopo aver ritirato il premio 'Iagutta' come miglior antologia poetica del 2007 e alla presenza del ministro dei beni Culturali Bondi, che l'habitus da intendersi fosse (e riporto le sue parole testuali ) la 'concimazione di sé' da percepirsi come la testimonianza di un segno inequivocabile e tangibile della propria potenza infecondatrice. Qualcuno l'ha chiamata, giustamente, la semiotica del seme.
Chiudiamo con un altro richiamo all'ossessione ludica, ma rush intollerabile: Biscazzo/ che vuol dire, scazzarsi il dì e il mane?/ o dimane e di mani?
L'essenza del verso sta nella sua anoressica semplicità, a metà strada tra il poetare sciolto, l'eredità dell'esametro omerico, la sostanza frammentaria della classicità greco-latina e l'haiku arditamente deflagrante.
Il 'gesto' sessuale, nella poetica di Sinalefe, diventa subito meccanicismo, se non addirittura abitudinarietà quasi involontaria: Anno bisestile/ bisessuale ano/ ah no? Onan? bisettimanalmente mi masturbo.
Dunque Pino Sinalefe fa della sua condizione un totem di imperturbabilità (scherzando si potrebbe avvertire nell'espressione un sortilegio quasi freudiano), ma costruisce sulla sua ascesi onanista (da qui quel titolo che è una boutade, ma anche lucida testimonianza di una sacrilega e primitiva iattanza) richiami contemporanei ed azzeccati: Quel fuck/ non mi fax/ molto pene!
E vogliamo parlare del confronto con la Storia, col suo più che passato, col suo trapassar remoto che ingloba cinematografia e musica, perché di musicalità deve 'suonare il verso?: M'annoio con l'ok Corral/ ma pure la lisergia/ del Woodstocazzo!
Davvero esemplare poi, quella sorta di haiku bergmaniano che al regista avrebbe potuto sembrare irriverente e sconcio, ma che in Sinalefe assume l'importanza di una rivelazione sincera, quasi brutale della sua ossessione narcisistica e fallica: M'imfebbro di baroccheria/ ma mi balocco/ col settimo sigillo/ forse gingillo?
Era chiaro, già nelle dichiarazioni che lo stesso poeta aveva rilasciato dopo aver ritirato il premio 'Iagutta' come miglior antologia poetica del 2007 e alla presenza del ministro dei beni Culturali Bondi, che l'habitus da intendersi fosse (e riporto le sue parole testuali ) la 'concimazione di sé' da percepirsi come la testimonianza di un segno inequivocabile e tangibile della propria potenza infecondatrice. Qualcuno l'ha chiamata, giustamente, la semiotica del seme.
Chiudiamo con un altro richiamo all'ossessione ludica, ma rush intollerabile: Biscazzo/ che vuol dire, scazzarsi il dì e il mane?/ o dimane e di mani?
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