Racconti
Mentre scrive.
Mi ero svegliato con quell'idea, però non avevo l'abbigliamento giusto.
Allora ero tornato a casa mia, mi ero fatto una doccia, mi ero messo una tuta. Mi ero pentito della doccia subito dopo essere uscito dal box. Non aveva senso, visto che da lì a poco avrei sudato. Due docce nello stesso giorno non era di mia abitudine. Ormai, però, quello che era fatto era fatto.
Scesi le scale con frenesia. Avevo voglia di correre.
8500
8500 caratteri. Spazi inclusi.
Osservo la pagina virtuale del portatile come uno scalatore scruterebbe la roccia, su, fino alla vetta, e penso non ce la farò mai...
Un amico mi aveva consigliato questo sito web, diceva pubblicano racconti brevi, avrei dovuto tentare, almeno la smettevo di arrovellarmi in attesa di una risposta sul mio romanzo.
La cosa migliore è scrivere, con regolarità e metodo. Certo, facile per lui.
Resto davanti allo schermo cercando di spremermi un'idea.
Toc Toc
Toc toc.
Chi è?
Vado: arranca arranca, vedi se puoi fare sto scalino. Spingi spingi colle braccia, sopra il capo. Cr cr, su il lucernario, fissa dai l' appoggio che tien su ...
Oh! l' Angelo Bianco.
Come va? gli dico.
Come va tu, mi dice lui, l' Angelo Bianco.
Be'... , gli dico. Be', così, gli dico.
L'astronave
Lo vidi da lontano, solo, in mezzo a quella specie di prato che ci avevano lasciato appena terminati i palazzi nuovi, in attesa di costruirne altri. Giocava con uno scatolone di cartone. A dire il vero più che giocare, continuava a entrarne e uscirne con l'aria sempre molto seria, come se stesse facendo delle prove. Lo aveva appoggiato di lato, con l'apertura che dava direttamente sul prato, per poterci entrare a quattro zampe. Pensai che stesse giocando a fare il cane dentro la cuccia e mi avvicinai con l'intenzione di dargli noia. Non c'era molto da fare, quel pomeriggio, sembrava quasi che il mondo intorno a noi fosse sparito.
Impronte di follia
Presi il treno al volo e, in una vita incessantemente in ritardo fin dalla nascita postmatura, non potevo fare altrimenti. Ero una trenista convinta, riuscivo a salire su un treno anche per un tratto di pochissimi chilometri. Non ero una pendolare né una appassionata di paesaggi e panorami, piuttosto era solo un'esigenza congenita di vedere immagini schizzare via in sequenza senza avere il tempo materiale di memorizzarle. Un modo devastante di allenare la mia mente a far tornare a galla ricordi persi, uno stillicidio a cui non potevo e non volevo sottrarmi, un sistema tutto mio di affrontare il passato per poter vivere il presente.
Fuoco vieni con me
Da Los Angeles a Tijuana, dalla California al Messico. 72 ore nella vita di un singolare personaggio, Vincent Muscaino, scrittore moderno in un mondo veloce. Istanti, fotogrammi, la fuga di un uomo in perenne conflitto con se stesso. Stati confusionali di una mente strordinariamente lucida. Trasgressione e riflessioni, indignazione e tentazioni. Incapace di arginare la portata devastante del proprio fallimento, la sua vita è segnata dalla depressione, dall'uso di alcol e di droghe. Apatico ed egoista, promiscuo e perseguitato dalla ricerca della celebrità, Vincent ha raggiunto il suo punto di rottura, mentre una misteriosa stazione radio rivela, dall'interno della sua auto, enormi verità.
La straordinaria mattinata di Michael Rocks
Marcus T Gudfood era un noioso impiegato di banca. Aveva lavorato tutta la vita e non aveva messo da parte un granché. Suo figlio Jack era brutto quanto sua madre e noioso quanto lui. Aveva seguito le sue ombre, nonostante avesse studiato matematica e non economia. Adesso lavorava in banca pure lui. Marcus, pochi giorni prima di andare in pensione, scoprì di avere un cancro al pancreas. Non c'era nulla da fare. Nel giro di un mese diventò giallo e perse quasi 20 kg.
'Due grammi in tre settimane' e 'Rue des Rosiers'
Quelle pillole viola,
intruglio d'erbe
naturali quanto la diossina,
in promozione da Monoprix,
sapevo che mentivano...
Anche loro.
Tra strategia d'attacco e di mantenimento,
assicuravano la vittoria sull'adipe
...le bastarde.
Manoscritto trovato a Tokio
Un mio amico, che ama molto viaggiare, si trovava a Tokio quando, mentre beveva sakè in un locale tipico, gli occhi gli caddero su un pezzo di carta caduto a terra, scritto a penna non in ideogrammi ma in caratteri, e in una lingua, occidentali. Mi disse che sentì che doveva trattarsi di qualcosa molto strano e me lo portò perché lo traducessi. Quanto ho avuto modo di leggere è davvero sconcertante. Realtà o uno scherzo, seppur geniale, del mio amico? Non posso far altro che farlo leggere anche a voi perché possiate giudicare:
Cuore freddo
A lei la birra non piaceva granché.
Me ne accorsi subito, le prime volte che andavamo al pub lei non beveva altro che weissbier. Quel denso intruglio mi ha sempre fatto schifo, mi ricorda il piscio conservato in frigo. A casa ne avevamo sempre delle vaschette piene. In quel caso si trattava del piscio di mio zio. Non ho mai indagato sul perché di quelle vaschette.
Lei aveva i capelli dello stesso colore. E questo però non mi faceva affatto schifo, anzi al contrario. Sicuramente sarà stato il profumo che portava. Sempre pulita, ordinata ma mai truccata troppo. E dire che le amiche con cui andava in giro facevano a gara a chi avesse il mascherone da troia più variopinto.
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