Racconti
Allo Zoo di Berlino
Dopo due anni di lavoro continuato finalmente stavamo per partire per una breve vacanza. Che ci era stata regalata per fortuna, noi non ci avevamo pensato a fermarci, neanche per un paio di giorni, andare da qualche parte, vedere qualcosa. Ma come cazzo avevamo fatto?
Atterrammo a Berlino, e subito entrammo nel fiume calmo della città, subito ci prendemmo la nostra quotidianità, come se dovessimo viverci per sempre.
Ci dimenticammo di tutto, tenemmo solo a ricordarci che era la nostra vacanza, i nostri giorni di assoluta libertà, e così dovevamo essere e sentirci.
La valigia di cartone
Un accumulo di parole affastellate in frasi secche, da ciclostile, nella lettera stropicciata, eppure familiare nella grafia, abituale nelle richieste. Sulla carta irrompono le luci dei lampioni preserali, la finestra spalancata nella stanza. Seduto sul letto stringe la lettera fra le dita mentre fissa a tratti le mani, distese sulle gambe, e il pendolo piccolo, contraffatto disposto con meticolosa precisione al centro del comò, decide così se andare o lasciarsi scivolare le parole. Dopo aver comprato i biglietti, dopo aver sistemato la valigia, dopo essersi vestito di tutto punto.
Los Angeles skyline
Il giovane messicano stava piazzando dosi già da un'ora prima del tramonto quando Tommy Marcano lo beccò. Era un ragazzo sui ventidue anni magrissimo, con una peluria grigia al posto dei veri baffi e le braccia ricoperte da tatuaggi religiosi. Prima di uscire in strada quella sera, aveva promesso a Mary Jane che sarebbe stata l'ultima volta. Ora aveva un lavoro onesto, e mai e poi mai avrebbe permesso che il piccolo Juan crescesse come suo padre. L'ultima volta. Lo aveva giurato. Solo per liberarsi di tutta la roba che c'era in casa, e poter chiudere per sempre con tutto quanto.
Sottofondo
Il signor Ettore Prosperi si trovava a metà strada dal cimitero del Santo Spirito. Grattandosi distrattamente la testa liscia e canuta si accorse - per l'ennesima volta nella sua lunga vita - di essersi dimenticato la cravatta. Era una cosa che accadeva spesso. Nonostante il volto contrito, l'abito scuro e la voglia di essere triste, più triste che mai, il fatto dell'assenza della cravatta destava sempre un certo sbigottimento tra gli altri invitati nei vari funerali a cui aveva preso parte. Come se di sole forme si vivesse, e di sole forme si continuasse a vivere anche dopo che un altro avvenimento - più grande e misterioso - entrava nelle nostre vite.
Underdogs n.25
"... questi erano i vantaggi di essere desiderata da un vecchio...partire per un tour guidato della propria morfologia e farsene spiegare l'utilità da una persona per la quale era semplicemente la materia prima..." citazione da Le correzioni di J. Franzen, libro in cui peraltro è delineata la figura di una comparsa, una certa MelissaP.; a volte le combinazioni, talaltra le occasioni, hai visto mai che alcuni sperano di apparire originali contando sull'ignoranza altrui?
La fumatrice
Quella ragazzina vestita di verde, seduta sullo sgabello più alto, le gambe dondolanti che non toccano neanche il poggia piedi, ha i capelli veramente biondi e accende una sigaretta dietro l'altra; con grande naturalezza e con una certa distrazione, usa la brace della sigaretta morente per accenderne una intatta; sta bevendo una spremuta d'arancia sotto la luce obliqua del tardo pomeriggio di luglio, che filtra nella sala attraverso i vetri all'inglese,
Addosso a me
Ieri.
Un martedì inutile, tiepido e senza vento. Un giorno fottuto di aspettative che sempre piovono come grandine sui mandorli in fiore. La mia mente lontana dal raccogliere i danni che poi avrei bruciato al vento. Ero ancora lì a credere che c'è un tempo per tutto. Niente di più falso. Il tempo non esiste. Poi arriva mercoledì.
Oggi.
Giornata infame. Di quelle si dice ispirino gli artisti. Cosa c'è da ispirare poi.
In volo
Sono seduto da alcuni minuti vicino al finestrino pressurizzato del volo AZ-628 Roma-Chicago. Gli ultimi ritardatari si affannano a piazzare borse di pelle, notebook e ventiquattr'ore nelle cappelliere. Anche sotto i sedili si accumulano oggetti che il personale di volo cerca di sistemare in qualche modo. Si chiudono gli sportelli. Mi guardo attorno finché incrocio uno stewart. Faccio un cenno, si avvicina. Chiedo se posso cambiare di posto e sedermi dalla parte del corridoio.
Cammino lungo il marciapiede
Cammino lungo il marciapiede. Guardando per terra noto casualmente una carta da gioco: l'asso di cuori. La osservo un attimo, valutandola. C'è il disegno di due fenicotteri rosa con i colli intrecciati a formare la sagoma di un cuore. Riprendo a camminare lungo il marciapiede; di fianco a me, sulla mia sinistra, c'è una lunga fila di auto parcheggiate. Sento i lamenti di una donna.
Appoggiata a una Punto Abarth, c'è una coppia.
Ombre
Nell'ombra sul muro il mio profilo si è staccato dal mio corpo, lo guardo dal letto con un occhio chiuso per puntarne i movimenti, ogni piccolo cambiamento. Per convenzione sono io che manovro l'immagine, ma l'ombra sono certo che si muova, che si gonfi nel respiro; di me non posso dire lo stesso. Ora sta cercando di arrampicarsi sulla porta e ha poggiato un piede sul davanzale, forse vuole uscire. Mi ricordo che le lenzuola sono indurite e fresche perché ieri ho lasciato la finestra aperta.
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