I Classici
Divertirsi non è un problema: “La trappola colorata” di Luciano Folgore.
Luciano Folgore, nome d’arte di Omero Virgilio Cesare Francesco Vecchi (1888-1966), fu tra i principali collaboratori di Marinetti,
Un marxista per forza: ‘Le terre del Sacramento’ di Francesco Iovine.
Su Francesco Iovine è stata fatta, almeno stando a quanto si è letto e soprattutto si è scritto, una tassonomica precisazione sul suo operato, o meglio, su quanto lo scrittore stesso, nel corso della sua attività, ha prodotto.
Il lavoro distruttivo del fascismo: “L’uomo di Camporosso” di Guido Seborga.
Seborga è stato uno scrittore dimenticato, i suoi libri, che hanno avuto discreto successo a partire dalla fine degli anni quaranta, non sono stati mai più ripubblicati e su di lui ovviamente, è caduto il silenzio.
Resistenza, sempre Resistenza: “Il gallo rosso” di Giovanni Dusi.
Mi sarebbe piaciuto sapere cosa avrebbe potuto dire Claudio Pavone su questo libro che uscì nel 1973 per Marsilio.
L’Italia si fa: “Paura all’alba” di Arrigo Benedetti.
Prendiamo invece la sua attività letteraria che prima di Paura all’alba propose I misteri della città (1941), Le donne fantastiche (1942) e Una donna all’inferno (1945). Anche Paura all’alba uscì nel 1945 e tra le altre cose, nella copertina principale, riportava un disegno di Renato Guttuso.
Un’omosessualità più lucida: “Ragazzo di Trastevere” di Giuseppe Patroni Griffi.
Mica è facile parlare di Patroni Griffi. Innumerevoli sono le prestazioni a cui ha dedicato la sua vita letteraria e non solo: narratore, autore di testi teatrali, regista di teatro e di cinema.
C’è o non c’è ‘l’omosessualità’?: ‘L’onda dell’incrociatore’ di Pier Antonio Quarantotti Gambini.
Quarantotti Gambini fu senza dubbio ricordato come esponente, tra i principali, di quella che un tempo fu chiamata, senza peraltro che si possa contestare, la letteratura triestina del novecento.
Un classico poliziesco poco poliziesco: “L’assassinio nel vicolo della luna” di Jarro.
In tempi di calura, riscopriamo anche classici che per vari motivi non hanno superato il corso del tempo. Mi chiedo: perché De Angelis sì (scegliamo un nome più conosciuto) e Jarro no?
Un ‘carbonaro’ decisamente avventuroso: “Braccio di ferro” di Luigi Natoli.
La domanda che mi faccio potrebbe anche non avere un preciso significato e potrebbe essere addirittura valutata come inutile: in Italia quanto la letteratura popolare influenzò l’opinione pubblica o invece fu solo un’aggiunta al procedere sistematico della vita sociale e politica del paese?
Iniziò come romanziere: “Costazzurra” di Mario Gromo.
Costazzura non è, come invece si è cercato d’intendere da più parti, un romanzo generazionale. A me sembra che ci sia poco di generazionale in un contesto che, tenuto conto anche della nostra contemporaneità,
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